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Padre Fortunato: Il coraggio di Benedetto XVI

Enzo Fortunato Ansa - PRESS OFFICE/ OSSERVATORE ROMANO
Pubblicato il 09-02-2022

Chiede ancora perdono per gli abusi

Benedetto XVI con una lettera chiede ancora perdono per gli abusi accaduti nell'Arcidiocesi di Monaco e Frisinga. Il Papa emerito esprime profonda compassione per ogni singolo caso ed è esplicito nella sua presa di posizione: «In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l'affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade».

Ratzinger ricorda il momento nel quale Cristo sul Monte degli Ulivi comprese ciò che di terribile avrebbe dovuto vivere. «Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato».

Benedetto e la Chiesa tutta chiedono perdono per non aver vegliato e per aver permesso che il dolore di quegli abusi, troppe volte, passasse inosservato. Esistono alcune colpe che sono «grandissime». Limpidissimo quindi. Già in una via Crucis del 25 marzo 2005 parlò di «sporcizia nella Chiesa» e di una Chiesa che «ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti».

Affermazioni che di fatto crearono sconcerto e stupore. E aprirono la strada ad una profonda e dolorosa verifica interna alla chiesa. Senza se e senza ma. È impossibile ripercorrere le volte in cui Benedetto XVI si è scagliato contro il «male spirituale» che arriva a contagiare anche la Chiesa. Ricordo un suo discorso ai vescovi irlandesi del 2006: senza nessuna reticenza definì gli abusi sessuali «crimini abnormi».

Nel 2010 parlò di «sacerdoti che hanno sfigurato il loro ministero». Nel 2011 sottolineò «dell'inadeguatezza dei messaggeri» del Vangelo. E si potrebbe, di anno in anno, ripercorrere le denunce del Papa emerito. Dobbiamo ringraziare il cielo che Benedetto abbia potuto, in quest' ultima lettera, rispondere e argomentare in modo completo e immediato testimoniando attraverso gli atti, la sua assoluta estraneità.

Dai documenti si evince che non sta proteggendo o coprendo nessuno, tanto meno il suo operato. La lettera dell'8 febbraio non è insomma che l'ultimo atto di una lunga battaglia che ha combattuto e sta combattendo con tutte le sue esigue forze e con una serenità ammirevole. Anche in questa circostanza Ratzinger e Francesco camminano insieme e indicano con chiarezza, in un mare in tempesta, la rotta della barca di Pietro. (La Stampa)

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