Giornata mondiale malato: mani che ogni giorno curano ferite
san Giovanni Paolo II istituiva la Giornata Mondiale del Malato
Trent'anni fa san Giovanni Paolo II istituiva la Giornata Mondiale del Malato da celebrarsi l’11 febbraio di ogni anno, memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes, per sensibilizzare i cattolici, le molteplici istituzioni sanitarie e la stessa società civile, “alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi e di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza”.
Volendo fare un bilancio di questi trenta anni possiamo constatare che sotto il profilo dell’assistenza socio-sanitaria il nostro Servizio Sanitario Nazionale ha affrontato notevoli problemi e l’aspettativa di vita nel nostro Paese è tra le più alte del mondo, ma dobbiamo ancora vincere la sfida più grande che il nostro sistema abbia mai affrontato: la pandemia. Abbiamo imparato che la migliore assistenza ai malati può essere garantita solo lavorando tutti insieme e a partire da una consapevolezza individuale e collettiva di quanto valga un essere umano.
Misurarsi con la sofferenza in un orizzonte di senso non è facile se non nell’abbandono e nelle fiducia in Dio sorgente della vita. L’accettazione dello stato di salute e della fragilità umana può rappresentare la vera via di guarigione che, anche se non è fisica, è capace di liberare la malattia dalla sua angoscia.
Il tema scelto per la trentesima Giornata Mondiale del Malato è Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36). La parola misericordia nel suo significato etimologico (miserere-cor) rappresenta il sentire la sofferenza dell’altro nel cuore. La misericordia non è mai intima, perché è un sentimento che nasce dal cuore e dal quale scaturiscono azioni di soccorso, gesti di tenerezza e di consolazione. Il Santo Padre, citando Emmanuel Lévinas, ricorda che quando una persona sperimenta nella propria carne fragilità e sofferenza a causa della malattia, anche il suo cuore si appesantisce, la paura cresce, gli interrogativi si moltiplicano, la domanda di senso per tutto quello che succede si fa più urgente.
Da qui la necessità di avere accanto testimoni dell’amore di Dio che sappiano sentire le sofferenze dell’altro. Il pensiero va immediatamente a tutti i malati di Covid che in questi due anni hanno vissuto la malattia in solitudine nelle terapie intensive e a quanti li hanno curati con dedizione, ma soprattutto con amore.
La Giornata Mondiale del Malato in questi anni ha rappresentato un momento importante della Chiesa, che ha saputo mettere insieme tanto gli operatori pastorali che quelli professionali e i volontari che operano negli ospedali, nelle case di cura, nelle residenze per persone con disabilità e per anziani: sono le tante locande del Samaritano presenti nel nostro Paese come baluardo in difesa della vita e della dignità della persona.
Accanto a chi soffre, indipendentemente dal proprio ruolo, si è strumento di un amore più grande, si è strumento della compassione di Cristo. Papa Francesco a tale proposito – rivolgendosi agli operatori sanitari – ricorda che toccare la carne di Cristo sofferente trasforma la professione in una missione.
Quelle mani che ogni giorno, accanto al malato, curano le ferite, consolano, lavano, imboccano e sorreggono, siano ogni giorno le mani misericordiose del Padre.
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