Frate cappellano del Gemelli: Come francescani confortano malati
Fra Loreto e gli altri frati minori portano consolazione tra i malati di coronavirus
«Ricordo di un marito che ha pianto sulla bara della moglie e non riuscivamo a fermarlo, era più che giusto che fosse così, e le sue lacrime arrivano proprio dentro». E’ uno dei flash che vengono alla mente a Fra’ Loreto Fioravanti, Guardiano della Fraternità dei Cappellani dei Frati Minori del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Fra’ Loreto racconta a cuore aperto a Vatican News un anno di covid vissuto nell’ospedale con gli altri frati. «Avevamo paura, continua Fra' Loreto, unico tra i frati del Gemelli ad essere anche stato contagiato e ricoverato nel reparto Covid dell’ospedale, ma nello smarrimento, nell’isolamento, la voce di Papa Francesco da Santa Marta, arrivava ogni giorno a dare forza, ad accarezzare, a benedire».
IL RITORNO IN OSPEDALE
Prendendo tutte le precauzioni poi, insieme agli altri frati, dopo i primi tempi drammatici, hanno ricominciato di nuovo a girare nei reparti, a portare vicinanza ai malati. «Concretamente abbiamo prima mandato dei messaggi sui vassoi per far sentire ai malati la nostra vicinanza quando ci era impedito, poi quando l’ospedale dal giorno di Pasqua dell’anno scorso, il 12 aprile, ci ha consentito di rientrare nei reparti, attraverso l’aiuto del personale, siamo riusciti a portare i sacramenti ad alcuni di loro».
“SONO STATO L’UNICO FRATE CONTAGIATO"
Altre volte, prosegue il Papa, «abbiamo fatto la preghiera con il microfono al centro del reparto perché ogni stanza era isolata e chiedevamo a chi voleva ricevere la comunione di suonare il campanello. Abbiamo pregato insieme portando anche il dono dell’indulgenza plenaria che il Papa ha concesso l’anno scorso: un regalo della Chiesa per far sentire a tutti la misericordia di Dio Padre. Io tra l’altro sono stato anche contagiato, l’unico dei frati, e ho vissuto anche l’altro aspetto, quello di essere malato e ricoverato nel reparto, ho visto delle cose delle quali ci si rende conto solo quando si è ammalati».
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“TRA TUTTI NOI C’E’ STANCHEZZA“
Ora, continua il frate cappellano del Gemelli, «da parte degli operatori sanitari e in tutti noi c’è un po’ di stanchezza, dopo un periodo di grande pressione, ma credo che anche grazie alla forza della Parola di Dio, del Papa e della testimonianza che tanti uomini e donne riescono a dare, di tanti medici che hanno scelto questa vocazione per amore, credo che oltre alla stanchezza ci sia il coraggio per andare avanti e il sapere che possiamo aiutarci come fratelli l’un l'altro».
IL VETRO CHE SPAVENTAVA TUTTI
Tra i momenti più difficili vissuti dai frati dell’ospedale romano, c’è stata la benedizione delle bare. «Sì questo è stato drammatico perché pregare fuori dalla porta, come è stato all’inizio o davanti ad un vetro dove si intravedeva quello che succedeva all’interno del reparto, è stato difficile. Era come un muro di separazione che spaventava tutti, ma sapevamo che la preghiera poteva unirci».
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IL MOMENTO CHE FRA LORETO NON DIMENTICHERA’
Tra i momenti più drammatici, rammenta Fra’ Loreto, «ricordo quelli in cui noi frati accompagnavamo i parenti dei malati, che dal momento del ricovero non avevano più avuto contatti con loro, non li avevano più visti, e che purtroppo li hanno potuti “salutare” solo alla camera ardente: quello è stato un momento che mai dimenticherò nella mia vita. Bisognava cercare di ricostruire quello strappo che la malattia aveva creato».
IL “TELEFONO AMICO”
«Ricordo - conclude il frate - di un marito che ha pianto sulla bara della moglie e non riuscivamo a fermarlo, era più che giusto che fosse così, e le sue lacrime arrivano proprio dentro. Lui continuava a chiedersi come potesse essere successo, come la moglie da sola avesse dovuto vivere quella situazione…Avevamo attivato anche un telefono cellulare, come una specie di “telefono amico” per sostenere e alcune volte dare un aiuto per le piccole necessità tra i pazienti ed i parenti, facendo un po’ da ponte in quelle situazioni difficili».
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