Erri De Luca: Natura è dove la presenza umana si dirada
Intervista esclusiva allo scrittore su Covid, natura e Papa Francesco
Intervista allo scrittore Erri de Luca che ci ha parlato del suo rapporto con la natura, di come la pandemia ha cambiato le vite di tutti noi, dei gesti di Papa Francesco e di cosa significhi per lui la morte.
In tempo di pandemia l'uomo ha riscoperto l'importanza della natura. Possiamo considerarla una nota ottimistica di questo annus horribilis?
Ha scoperto la sua vulnerabilità, con un poco più di consapevolezza di esserne causa a danno della vita del pianeta. I limiti, le restrizioni, le mortificazioni economiche hanno costretto a revisioni. Le persone si sono allontanate in parte dai grandi centri, cercando più aria, più spazio. Hanno cominciato a camminare di più, andare in bicicletta per spostamenti quotidiani, non solo per ginnastica. L'estate scorsa è stata preferita la montagna, come spazio più largo e frequentabile rispetto al mare degli stabilimenti. Si cambia per necessità non per virtù.
Da camminatore, qual'è il suo rapporto con la natura? Cosa condivide con lei?
Nel mio vocabolario natura è dove la presenza umana si dirada fino a essere insignificante. La montagna mi permette questa occasione. Altrimenti chiamo ambiente il resto delle terre emerse. Ambiente dal latino ambire è ciò che circonda la presenza umana e che è stato occupato da parte nostra fino alla misura dell’assedio. In montagna trovo il giusto rapporto tra l'immenso e la mia minima taglia di passante non invitato e non garantito. Geografia è una parola di origine greca che significa scrittura della terra. Le montagne sono il suo carattere maiuscolo. Sono un confine dove la superficie smette e inizia direttamente l’universo. Lassù non raggiungo una vicinanza, invece ottengo la migliore distanza dal punto di partenza.
Ritornando al tema della pandemia, qual'è la cosa che più le tocca da vicino? Che persone saremo dopo questo accadimento?
Mi ha stupito la risposta civica degli italiani, la loro adesione e adozione delle misure di contenimento. Me lo sono spiegato con il fatto che per la prima volta ci siamo trovati di fronte a un potere esecutivo che invece di privilegiare i conti dell’economia ha scelto di dare precedenza alla salute dei cittadini. Dalla ribalta sono spariti gli economisti e sono saliti i medici. Il governo si è adeguato a esserne portavoce. Siamo fin da adesso cittadini migliori di prima, in seguito a una disciplina sconosciuta prima.
Le ultime due encicliche di Papa Francesco si sono "occupate" di temi prettamente francescani: cura dell'ambiente con la Laudato Sì e fratellanza umana con la Fratelli Tutti. Quale tema secondo lei dovrebbe "trattare" una ipotetica prossima enciclica?
Un aggiornamento della stessa: quella scrittura ė chiamata a essere profezia e come tale non un pronostico, ma il pungolo a compiersi nella società. Come ogni profezia è scomoda e indifferente al maggioritario andazzo. Francesco forza i limiti del tempo e del solo ambito spirituale. Non può scacciare i mercanti dal tempio, ma li può alla lunga convertire.
Il viaggio di Francesco in Iraq, da molti sconsigliato, è la "parola contraria"?
È la parola fraterna, il risalire della corrente fino a Abramo. Una delle ragioni della mia preferenza per la lettura del Pentateuco è che lì quella notizia irrompente del monoteismo è integra, non si è ancora suddivisa in versanti, varianti, contrapposizioni. Francesco ha fatto un viaggio a ritroso nell’origine comune, e un viaggio in una geografia futura, dove il nome sacro della divinità non servirà a dividere, ma a condividere.
Qual'è la sua personale idea della morte? Ha paura?
Non sono credente, non credo che ci ritroveremo in luminosi tempi supplementari. Ho già avuto una esistenza lunga e fortunata, non posso proprio immaginarmi a brontolare o a rabbrividire per la fine. Infine non mi prenoto presso i posteri, non voglio ingombrarli con un ricordo. Desidero sparire per intero.
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