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Don Pino Puglisi, il sacerdote antimafia

Redazione Ansa
Pubblicato il 16-09-2022

Morire per i fratelli

“Lo avvistammo in una cabina telefonica mentre eravamo in macchina. Andammo a prendere l’arma. Toccava a me. Ero io quello che sparava. Spatuzza gli tolse il borsello, e gli disse: padre, questa è una rapina. Lui rispose: me l’aspettavo. Lo disse con un sorriso. Un sorriso che mi è rimasto impresso. C’era una specie di luce in quel sorriso”. Il racconto di quel momento così tragico è di Salvatore Grigoli, killer della mafia, autore di circa quaranta omicidi, divenuto, poi, un pentito.

Era il 15 settembre del 1993, a Palermo; il luogo dell’omicidio, il quartiere Brancaccio: quartiere difficile del capoluogo siciliano, in cui lo stesso Don Puglisi aveva operato, in maniera instancabile, dando tutto sé stesso, per salvare i giovani dalla malavita e dalla povertà. Qualche mese prima, il 9 maggio 1993, Papa Giovanni Paolo II, recandosi in visita ad Agrigento, aveva lanciato il grido della Chiesa contro la mafia, davanti a una valle dei Templi gremita dal popolo siciliano, stanco di vivere nella paura: “Mafia! Non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita. Popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte…Lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”.

Don Pino Puglisi era diventato per molti giovani un sacerdote-padre, visto che loro - i giovani figli dei mafiosi - un padre vero e proprio non lo avevano mai avuto. Ciò che dava fastidio di quell’ uomo con il colletto da prete, era il suo amore per i giovani: lavorava instancabilmente nel territorio, soprattutto fuori dalla sagrestia. Per fare questo don Puglisi non si risparmia e non esclude alcun mezzo, dalla predica in chiesa con toni accesi e inequivocabili, alle manifestazioni in piazza, alle marce antimafia. Sono segni inconfutabili del suo animo contro la malavita, contro le organizzazioni che cercano di ostacolare la vita buona del Vangelo.

Don Pino Puglisi è stato beatificato con decreto concesso da Papa Benedetto XVI il 28 giugno 2012 per il martirio “in odium fidei”; la cerimonia si è tenuta presso il Foro italico di Palermo il 25 maggio 2013. Questo il ricordo di Papa Francesco in occasione della cerimonia di beatificazione: “Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto”.

Sulla sua figura, tanti libri sono stati scritti. Fra i tanti, andrebbe ricordata un’opera teatrale - a firma del poeta Mario Luzi - che ha titolo “Il fiore del dolore”, messa in scena al Teatro Biondo nel 2003 e poi ripresa dal Teatro Bellini nel febbraio 2013. Versi nei quali Luzi mette in simmetria tre personaggi “scomodi” al male: fra questi il francescano San Massimiliano Kolbe: “Guardiamo nel panorama umano che prodigiosa simmetria:/ dove è più nero l’abominio sorgere l’astro più radioso/ il genio e la energia della testimonianza/ prorompere dal più reietto stato dell’umanità perseguitata:/ tutto questo abbiamo visto nell’epoca dei mostri:/ i Kolbe, i don Milani, ed ecco il nostro padre Giuseppe/ morto ammazzato nella sua irresistibile passione”. E, nel prologo iniziale, che riecheggia versi di preghiera, troviamo la voce “fuori campo” di Don Pino rivolgersi così a Dio: “Cos’è una vita/ una vita nella vita/ La mia ha preso senso dal non essere più/ dall’essermi stata tolta…/ Signore, la mia vita in te,/ presso di te è misteriosamente/ tua e mia”.

Poco prima di essere ucciso, padre Puglisi incontrò Luciano Violante, che in quel periodo era presidente della Commissione antimafia, e lo invitò ad andare a trovarlo a Brancaccio. Violante gli chiese: ma lei che cosa fa, in quel quartiere? E Puglisi rispose solo: “Insegno ai ragazzi a chiedere per favore”. Una frase che dice tutto; un insegnamento da ricordare, soprattutto oggi.

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