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Dio parla anche attraverso le fiction

Maria Elefante Ansa
Pubblicato il 31-01-2022

Don Ivan Licinio, vicerettore del santuario di Pompei

Dio è capace di parlare (anche) attraverso gesti, sguardi, parole e silenzi di Terence Hill, Raoul Bova, Elena Sofia Ricci, Michele La Ginestra e dei protagonisti delle fiction più laiche seguite da grappoli di fan su canali pubblici e privati o su piattaforme come Sky e Netflix. Don Ivan Licinio, 38anni, vicerettore del santuario di Pompei (Napoli), ne è certo. Per rendere contemporaneo il Signore ad adolescenti e ragazzi utilizza il linguaggio delle serie tv più popolari che lui stesso guarda e commenta insieme con la sua comunità, fatta soprattutto di giovanissimi.

Il successo, sulla Rai, di Don Matteo e di Che Dio ci aiuti, o su Tv 2000 del Canonico, dice quanto queste narrazioni rispondano alla domanda di pienezza e d'infinito che, anche inconsciamente, abita il cuore dell'uomo, ricordandoci che per i cristiani (come quelle produzioni televisive hanno il coraggio di far vedere) tutto nasce dalla Parola e dal Tabernacolo. Don Ivan scioglie i ricordi: Prima di noi, i nostri genitori guardavano don Camillo parlare con il Crocifisso.

Ora succede che le serie tv diano risposte on demand agli interrogativi di sempre, anche in materia di fede, che spesso restano inascoltati o inespressi nella vita reale. Attraverso la figura di don Matteo, per esempio, si è riusciti nel corso degli anni a raccontare un prete saldamente radicato all'interno di una comunità. Con una narrazione mai forzata, segnata da grande rispetto e da intelligente prudenza, è emerso il dialogo intimo che ogni persona intrattiene con Dio, frutto di una fede alimentata da radici profonde. Senza banalizzazioni o mal celata vergogna, queste fiction hanno avuto e hanno il merito di affrontare tematiche legate all'annuncio cristiano in un'epoca di cambiamenti sociali di portata storica, pur non perdendo di vista il loro obiettivo primario che rimane quello di rilassare e divertire.

È uno spazio di speranza in mezzo a tante narrazioni incentrate su disprezzo, odio, violenza, rassegnazione all'ingiustizia. Parole che parlano al cuore e alla testa. Che sono diventate libro. Se anche la fede è tra le Stranger Things è il titolo del recente saggio di don Ivan Licinio, edito da Effatà, arricchito da citazioni bibliche e da riflessioni tratte dalla Christus vivit, la lettera ai giovani di papa Francesco. Il volume vuol essere un dialogo con le nuove generazioni sui temi significativi della fede partendo dalla vita "raccontata" nelle serie tv. Oggi il pubblico è sovraccarico di proposte, non risponde se non ne trova di allettanti e curate, che vanno in profondità e che hanno un pizzico di vita vera vissuta all'interno, spiega Gabriella Segarelli, direttrice editoriale di Effatà. Don Ivan ha scelto sei serie molto note: La casa de Papel è abbinata alla domanda sulla propria identità; Lost e The walking dead, in coppia, servono a ragionare sul senso della vita; Dark, invece, stimola una meditazione sul tempo e su come usarlo bene; Stranger Things porta dritti all'amicizia; How I met your mother è stata scelta per affrontare la sfera dell'amore.

Ed è proprio la percezione dello spettatore che si riconosce nella situazione filmata a rendere la fiction non più uno strumento di intrattenimento ma uno spazio capace di stimolare la possibilità di riflettere e di confrontarsi su temi che non si erano ancora presi in considerazione o che, magari, si imparano ad affrontare da nuovi punti di vista, spiega don Ivan.... (Famiglia Cristiana settimana del 30 gennaio)

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