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DALLA SIRIA A FROSINONE: LA FORZA DELL'ACCOGLIENZA

Mario Scelzo
Pubblicato il 29-04-2018

La forza dei Corridoi Umanitari è quella di garantire ai profughi un percorso di accoglienza

Sul Sole24Ore dello scorso 27 Marzo leggiamo: “Sono arrivati questa mattina da Beirut all’aeroporto di Fiumicino 43 profughi siriani grazie ai corridoi umanitari promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese. Domani ne arriveranno altri 47. Si tratta di nuclei familiari provenienti da Aleppo, Homs, Raqqa e Edlib; oltre un terzo sono bambini. Si tratta del secondo gruppo (il primo gruppo di trenta è arrivato a fine gennaio) del contingente di 1.000 previsto dal secondo protocollo firmato lo scorso novembre tra Sant'Egidio, Chiese Evangeliche d'Italia e il governo italiano.”

 

La forza dei Corridoi Umanitari è quella di non “fermarsi” all’arrivo in Italia, ma di garantire ai profughi un percorso di accoglienza ed integrazione in diverse realtà del territorio italiano, ed una famiglia di 4 persone è stata accolta a Frosinone, grazie ad una collaborazione tra la Caritas Diocesana (che ha messo a disposizione un appartamento nel centro storico), la Comunità di Sant’Egidio, ma anche attraverso il supporto attivo degli Scout e degli studenti e professori del Liceo Severi.

 

Pochi giorni fa ho avuto l’occasione di incontrare la famiglia siriana accolta nel capoluogo ciociaro, per vedere da vicino come funziona il meccanismo di integrazione di prossimità sul territorio. Al mio arrivo a Frosinone, in una splendida giornata di sole, ho trovato ad accogliermi Alice Popoli, nella doppia veste di referente diocesana del progetto e di volontaria (come chi scrive) della Comunità Sant’Egidio, ed Anour, mediatore culturale e per l’occasione interprete dall’arabo all’italiano. Il capofamiglia, che chiameremo Omar, ci raggiunge sottocasa ed insieme a lui prendiamo l’ascensore. Un primo piacevole incontro, sale con noi una vicina di casa che, a gesti, cerca di far capire ad Omar che ha visto i suoi figli che andavano a scuola e che è contenta che si stiano integrando nel quartiere.

 

Arrivato a casa, mi vedo davanti una tavola riccamente imbandita, ma soprattutto, ci metto davvero poco a capirlo, mi trovo ad incontrare una bella famiglia unita, nonostante le sofferenze della guerra.

Il padre ad Homs (città che prima della guerra era un felice mix tra antico splendore ed infrastrutture moderne) era meccanico in officina e la mamma casalinga, intenta a tenere a bada i due splendidi bambini, uno di 9 ed uno di 3 anni, intenti come tutti i bambini del mondo a giocare, anche se poco dopo preferiscono farsi coccolare da Alisha, un misto tra Alice ed il nome arabo Aisha. (Va specificato che la “casalinga” è colei che ha mandato avanti il focolare in un contesto di guerra, con la famiglia costretta a scappare da una città all’altra della Siria per poter sopravvivere sotto le bombe, per poi rifugiarsi in Libano in una cantina fredda e piena di infiltrazioni d’acqua).  



In breve, ci sediamo a tavola, e come per magia sparisce ogni distanza. Tra una portata e l’altra si parla dei primi giorni di scuola dei bambini, del desiderio (che immaginiamo presto verrà esaudito) della moglie di lanciare una moneta nella Fontana di Trevi, si parla anche di calcio (Omar, suo malgrado, è tifoso del Barcellona ed ha scelto la settimana sbagliata per parlarne con me, tifoso romanista….).

 

Confesso che ho faticato a…tornare giornalista ed a sottoporre ad Omar alcune domande relative alla situazione siriana, si capiva che per lui era una sofferenza ritornare su argomenti delicati e complessi nel bel mezzo di un momento conviviale, tanto che concordiamo di parlare del dramma siriano solo a fine pasto.

 

Mentre noi adulti parlavamo, il piccolo di casa scorazzava, prendeva un pallone, si sporcava la faccia con il cioccolato, insomma quello che secondo alcuni è un “futuro terrorista”, un “invasore islamico”, si comportava esattamente come i nostri figli e nipoti, intenti a catturare l’attenzione degli zii, dei nonni e dei genitori. Il figlio più grande intanto si divertiva ad imparare nuove parole in italiano, zuccaro, caffè, mela, mele, ed entusiasta ci mostrava di saper contare da 1 a 10 nella nostra lingua.

 

Cos’è la guerra? Omar mi ha raccontato che quando è morto suo padre non è potuto tornare ad Homs per dargli l’ultimo saluto, e sempre il padre non ha mai visto il secondo nipote, nato quando il nucleo familiare era già in un campo profughi in Libano. Per quanto abbia più volte manifestato la sua gratitudine per quanto sta ricevendo, il suo volto diventava triste quando parlava della Siria, (Siria è il mio cuore! Ha affermato), e sarebbe ben felice un giorno di poter rivedere la sua terra, oggi martoriata.


Il male esiste, è forte, ma ancor più forte è l’opera del bene, specie se condiviso. In tanti, volontari, parrocchiani, professori, vicini, si stanno adoperando per dare una mano e per garantire alla famiglia siriana un futuro migliore. “Cominciate col fare il necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”, si legge in uno dei più famosi aforismi di San Francesco, ed è esattamente quello che accade a chi si adopera con passione per costruire un mondo migliore.


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