Autocurriculum, sotto la lente la vita e l'arte di Emilio Isgrò
Se è vero che si nasce e che si muore, allora è vero che io sono nato e non sono ancora morto”, con questa semplice frase, che troviamo nelle prime pagine del libro, possiamo subito comprendere il pensiero, lo spirito e la tenacia che si nascondono dietro Autocurriculum, e che permettono all’opera di distanziarsi da quella che, a prima vista, potrebbe sembrare un’autobiografia.
Non è nemmeno un libro di memorie, Isgrò non vuole ancorarsi al passato ma, nonostante abbia superato la soglia degli 80 anni, mostrarci la forza che lo spinge a vivere questo presente in una costante proiezione verso il futuro.
Isgrò inscena un linguaggio assolutamente atemporale, dove il passato altro non è che un bagaglio (un bagaglio enorme) di esperienze utili in vista delle infinite possibilità che può riservagli il domani.
Il numero degli incontri dell’autore con vari esponenti dell’ intellighenzia italiana è impressionante, e copre un arco di tempo superiore ai 50 anni; dai primi passi mossi nella sua terra natale, la Sicilia, con l’interesse verso la poesia, la letteratura e il teatro; fino ai 7 anni vissuti a Venezia (dal 1960 al 1967) come giornalista presso il Gazzettino. Gio Ponti, Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Ezra Pound, Peggy Guggenheim e poi Fontana, Eco, Montale, Manzoni sono solo alcuni degli “attori” che, anche per un breve periodo, hanno avuto una parte nella vita dell’autore.
La storia prosegue come se nel suo deterministico conseguirsi di rapporti di causa-effetto l’autore si stupisse ogni volta, passo dopo passo, di come un certo evento sia potuto capitare, come se tanti incontri fossero frutto di tante coincidenze, il filo logico di una intera vita vissuto con lo stupore di un bambino, che da poeta adolescenziale si ritrova giornalista e infine artista visivo: le cancellature saranno la rivoluzione che Emilio Isgrò introdurrà nel panorama artistico.
“Sospettavo da tempo che tutti gli aggiustamenti operati sulla parola dalle neoavanguardie letterarie non riscattassero la parola poetica dal rischio di naufragare per sempre dal mare della comunicazione visiva”. Cancellare non è vietare, censurare o distruggere ma un tentativo salvifico, di proteggere la parola. La parola può quindi legarsi all’atto e permettere la creazione, unica destinazione positiva dell’uomo e del mondo.
Nonostante le numerose critiche dovute alle cancellature, alla difficoltà nel farsi accettare dal mondo dell’arte e poi il peso, negli anni successivi, dell’etichetta di artista visivo che difficilmente riuscirà a scrollarsi di dosso; nel suo libro Isgrò non lascia spazio a malumori o a pensieri negativi, ogni esperienza, incontro, intervista porta con sé un certo grado di affetto e di malinconia nel momento del ricordo.
Le parole più dolci sono quelle dedicate all’incontro più importante della sua vita, con Scilla Velati, sua moglie: “… la mia migliore amica e alleata, e solo da lei ho avuto le sicurezza che nessuno mi aveva dato”.
Autocurriculum – Emilio Isgrò; Edizioni Sellerio Palermo 2017; pp. 222
Marco Martellini
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