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Ascoltiamo il grido d' aiuto Intervista a padre Ivano Nasini

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Lei ha affrontato questa nuova attività per vocazione o per obbedienza?

«Il vescovo di Siena, sua Ecc. Mons. Antonio Buoncristiani, rivolse l'invito alla fraternità di cui faccio parte, di assumere la cappellania del carcere suddetto. Accettammo d'accordo con i nostri superiori ed io fui designato perché in quel momento ero quello che aveva meno impegni, quindi il mio nuovo apostolato risulta per “obbedienza” e non per “vocazione”»

Quale fu la prima impressione che provò nell'ingresso della Casa di Reclusione?

«Brutta. Davvero brutta. Il carcere è buio, cupo, lugubre, squallido. Così lo vidi al primo impatto e così lo vedo ancora»

Quanti sono i detenuti della Casa di Reclusione?

«Sono più di quattrocento, tutti uomini, in maggioranza giovani, di cui un 40% stranieri. Poi ci sono circa 150 guardie carcerarie»

Quei detenuti sono rassegnati o disperati?

«Il detenuto è un uomo in gabbia che non ha mai pace e spesso è disperato. Questo è dimostrato anche dall'alto numero di suicidi che si registrano ogni anno e dalla grande quantità di psicofarmaci che vengono consumati»

Dopo un anno di esperienza cosa pensa del carcere di San Gimignano?

«Un anno di esperienza è poco per esprimere giudizi. Comunque, parlando in generale, non propriamente del carcere di San Gimignano, si può certamente affermare che il carcere in Italia, con qualche eccezione, ha ancora una struttura marcatamente repressiva e quindi non compie la funzione essenziale che gli assegna la legge, che è quella di rieducare e reinserire i detenuti nella vita sociale»

carcerati sono contenti di incontrare qualcuno con cui possano parlare?

«Sì, non c'è dubbio. Nel mio caso, sanno che non posso far nulla per risolvere i loro problemi. Però si sfogano e questo sfogo per loro è un momento importante. Hanno bisogno che qualcuno li ascolti»

Qual è l'attività che lei svolge in carcere?

«Dal punto di vista strettamente religioso, celebro la messa il sabato e la domenica, faccio qualche corso di catechesi a detenuti che vogliono fare la Prima Comunione o la Cresima, ogni tanto confesso qualcuno. A parte questo, ogni giorno incontro e parlo coi detenuti che ne hanno fatto richiesta, faccio loro qualche piccolo favore, e così poco a poco stabiliamo delle relazioni amichevoli che a volte diventano anche molto strette»

Sono molti i detenuti che manifestano un interesse religioso?

«Sì, sono abbastanza numerosi. Da quel poco che ho potuto vedere fi no ad ora, i carcerati in generale non erano praticanti quando vivevano fuori, ma poi in carcere hanno avuto una specie di crisi che li ha ravvicinati a Dio. Tuttavia la maggioranza di loro preferiscono vivere una religione a livello strettamente personale, al di fuori delle istituzioni ecclesiastiche»

È facile portare un po' di pace ai detenuti?«Sì, sono abbastanza numerosi. Da quel poco che ho potuto vedere fi no ad ora, i carcerati in generale non erano praticanti quando vivevano fuori, ma poi in carcere hanno avuto una specie di crisi che li ha ravvicinati a Dio. Tuttavia la maggioranza di loro preferisce vivere una religione a livello strettamente personale, al di fuori delle istituzioni ecclesiastiche»

Ma come trascorrono la giornata i carcerati?

«In genere passano molte ore in cella, spesso anche 20 ore. Ogni giorno hanno 4 ore in cui passeggiano in cortile o vanno al campo sportivo. C'è chi ammazza il tempo leggendo; c'è chi lo trascorre davanti alla Tv. I pochi che lavorano in cucina, in lavanderia, o in altre occupazioni godono di maggiore libertà e guadagnano qualcosa. Tutti, o quasi tutti, vorrebbero lavorare, ma le possibilità di lavoro sono molto scarse. L'ozio obbligato credo che sia il problema più scottante del nostro carcere e anche di altri di cui ho notizia»

Ma insomma cos'è per lei il carcere?

«Credo si possa dire che il carcere riproduce la nostra società, rimarcandone gli aspetti negativi, nel senso che anche in carcere ci sono ricchi e poveri, ammalati e sani, privilegiati e discriminati; nel carcere c'è violenza, razzismo, corruzione. Ma ci sono anche tante persone in gamba. Quindi il carcere non è un altro pianeta, ma un pezzetto della nostra società, che bisogna cercare di migliorare»

In che modo è presente la Chiesa Cattolica, oltre al lavoro dei Cappellani?

«Grazie a Dio, la Chiesa Cattolica ha in mano quasi tutte le attività non istituzionali. Sono molto attivi i gruppi di volontari di vario genere, la Caritas, coloro che organizzano l'accoglienza ai detenuti in permesso, le cooperative per dare aiuto ai detenuti o trovar loro un lavoro, le varie comunità per tossicodipendenti e tante altre. So anche che in varie carceri lavorano le suore»

La sua esperienza di un anno accanto ai detenuti è positiva o negativa?«Molto positiva sotto ogni punto di vista, cioè sacerdotale e personale».(Ugolino Vagnuzzi)

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