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Vita mistica in San Paolo

Augusto Drago
Pubblicato il 30-11--0001



Chi ha poca dimestichezza con i dinamismi della vita spirituale, può giungere a pensare, secondo uno stereotipo culturale, che il mistico non sia un persona di azione. Proprio per questo, non pochi, pensano di Paolo che sia stato solo un uomo di azione: sempre in viaggio ad annunciare il mistero e il Vangelo di Cristo, fortemente attivo sulla scena dell'edificazione delle varie comunità ecclesiali, sempre preso e coinvolto dai vari problemi, spesso anche dottrinali, che in esse venivano suscitati, dal carattere forte e tenace che spesso gli procurava dei “guai”.
Insomma il “vecchio” fariseo che era in lui ogni tanto veniva fuori e lo portava ad esprimersi in termini alquanto sostenuti. Chi dovesse conoscere Paolo solo in questi termini, non ha nemmeno sfi orato con un dito né i suoi scritti, né tanto meno conosciuto la spiritualità che in essi l'apostolo esprime proprio in rapporto alla sua vita. In questa breve pagina, vorremmo sfatare questa visione, assolutamente fuorviante, di Paolo. Fra tutti gli autori del Nuovo Testamento, l'Apostolo è colui che ci ha parlato di più della sua vita spirituale e dell'esperienza mistica che essa comporta. Pensiamo solo ad alcune formule che Paolo utilizza:
• La vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20);
• Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me (Gal 2,20);
• per me vivere è Cristo (Fil 1,21);
• per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana (1Cor 15,10);
• completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa (Col 1,24).
In queste semplici proposizioni c'è una grande ricchezza di vita spirituale e mistica. L'apostolo parla in termini di esperienza, infatti utilizza la prima persona: parla di sé e della sua vita interiore, parla di ciò che vive. Egli ha vissuto ciò che scrive e lo fa con accenti così personali che bisogna riconoscere il lui una vita eccezionale dal punto di vista dell'esperienza cristiana che, per sua natura, è mistica.
L'unione a Cristo crocifi sso e risorto per Paolo non è una semplice espressione buttata lì, giusto per dire qualcosa di bello o di originale: al contrario, ne parla in termini appassionati che solo un amore vissuto può esprimere. Per l'apostolo il nucleo centrale della sua predicazione è la Croce. Nella prima lettera ai Corinti ne parla in termini di sapienza, come luogo in cui Dio rivela il suo agire di salvezza (1Cor 1,18 e seg).
Nella stessa lettera, parlando della sua missione, afferma: venendo in mezzo a voi io ritenni di non sapere altro che Cristo e Cristo crocifi sso, e i suoi discorsi si basarono non sulla sapienza umana o sulla sublimità di parole, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza (1Cor 2, 2-5). La Pasqua non è più una semplice festa: essa è una persona, Gesù Cristo (1Cor 5,7), nella cui morte, per mezzo del battesimo, si sente immerso, e come Cristo è risorto dai morti per la gloria del Padre, così ora camminiamo in novità di vita: compiantati a Lui nella sua morte per esserlo anche nella la sua resurrezione (Rom 6, 4-5).
Paolo dunque prima di agire, predicare, fondare Comunità ecclesiali, vive in profondità il mistero di Cristo la cui conoscenza diventa amore appassionato: Cristo è il suo spazio vitale dentro il quale e con il quale costruisce una storia nuova: quella della salvezza. L'agire è conseguenza dell'essere. Quale insegnamento ci dona Paolo? Semplicemente e sconvolgentemente questo: nessuno può avere la pretesa di fare alcunché per Cristo o per la Chiesa, senza aver prima vissuto la propria vita in Cristo e per Cristo.

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