La ballata dell'impiccato
Nel transetto sinistro della Basilica inferiore di San Francesco in Assisi, Pietro Lorenzetti e la sua alacre scuola, hanno dato vita all'epico racconto delle Storie della passione di Cristo. “Nonostante la sensibilità per la bellezza del colore così caratteristica dei pittori senesi, nemmeno le
altre opere di Pietro Lorenzetti reggono al paragone del fulgore cromatico profuso nel transetto sinistro: un colore squillante, fulgido, splendente come negli smalti traslucidi degli orafi senesi suoi
contemporanei.
Stando nella Basilica inferiore si ha così l'impressione di trovarsi all'interno di
uno scrigno prezioso”. (L. Bellosi)
Guardando però attentamente dentro questo
mirabile scrigno, scopriamo all'improvviso
un'inquietante perla nera. Ci riferiamo
all'immagine davvero impressionante del
suicidio di Giuda Iscariota, che il pittore
senese ha dipinto seguendo il dettato del
Vangelo di Matteo: “Ed egli [Giuda] gettate
le monete d'argento nel tempio, si allontanò ed andò ad impiccarsi” (Mt 27,5); ed ancor più il dettato degli Atti degli Apostoli: “Giuda [...] fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.
Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme,
che quel terreno è stato chiamato nella
loro lingua Akeldamà, cioè campo di sangue”
(Atti 1,16-19).
Pietro Lorenzetti, con grande effetto teatrale, ha campito la storia della tragica fine del “Traditor pessimus” dentro un arco ombroso, dove la figura dell'Impiccato, con
il collo spezzato nella stretta del capestro,
pende da una trave aggettante sul muro,
mentre dal ventre aperto fuoriescono tutte
le viscere. La nostra manicula indica qui,
senz'altra possibilità di riscontro
in tutto il manto pittorico della duplice Basilica francescana, l'esito
del più efferato realismo pittorico. Questa terribile
immagine si pone sulla
scia delle immagini infamanti
con cui venivano
bollati a fuoco i cosiddetti
“traditori della patria”; specie
quelli che, trovandosi
in contumacia, e non potendo
essere impiccati da
vivi, venivano dipinti impiccati
in immagine alle
porte della città a comune
ludibrio e in segno di perpetua
“damnatio memorie”.
Esempi di siffatto realismo
si ritroveranno, più tardi,
solo nei famosi taccuini
di Antonio Pisano, detto
il “Pisanello” († ca. 1450), conservati al
British Museum di Londra e dove, in una
sola pagina, sono riprodotti in presa diretta
ben sei uomini impiccati, che danzano al
vento proprio come nella famosa Ballata
di Francois Villon (secolo XV), il maggior
poeta lirico del medioevo francese.
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