approfondimenti

La ballata dell'impiccato

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001



Nel transetto sinistro della Basilica inferiore di San Francesco in Assisi, Pietro Lorenzetti e la sua alacre scuola, hanno dato vita all'epico racconto delle Storie della passione di Cristo. “Nonostante la sensibilità per la bellezza del colore così caratteristica dei pittori senesi, nemmeno le altre opere di Pietro Lorenzetti reggono al paragone del fulgore cromatico profuso nel transetto sinistro: un colore squillante, fulgido, splendente come negli smalti traslucidi degli orafi senesi suoi contemporanei.
Stando nella Basilica inferiore si ha così l'impressione di trovarsi all'interno di uno scrigno prezioso”. (L. Bellosi) Guardando però attentamente dentro questo mirabile scrigno, scopriamo all'improvviso un'inquietante perla nera. Ci riferiamo all'immagine davvero impressionante del suicidio di Giuda Iscariota, che il pittore senese ha dipinto seguendo il dettato del Vangelo di Matteo: “Ed egli [Giuda] gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò ed andò ad impiccarsi” (Mt 27,5); ed ancor più il dettato degli Atti degli Apostoli: “Giuda [...] fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.
Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè campo di sangue” (Atti 1,16-19).
Pietro Lorenzetti, con grande effetto teatrale, ha campito la storia della tragica fine del “Traditor pessimus” dentro un arco ombroso, dove la figura dell'Impiccato, con il collo spezzato nella stretta del capestro, pende da una trave aggettante sul muro, mentre dal ventre aperto fuoriescono tutte le viscere. La nostra manicula indica qui, senz'altra possibilità di riscontro in tutto il manto pittorico della duplice Basilica francescana, l'esito del più efferato realismo pittorico. Questa terribile immagine si pone sulla scia delle immagini infamanti con cui venivano bollati a fuoco i cosiddetti “traditori della patria”; specie quelli che, trovandosi in contumacia, e non potendo essere impiccati da vivi, venivano dipinti impiccati in immagine alle porte della città a comune ludibrio e in segno di perpetua “damnatio memorie”.
Esempi di siffatto realismo si ritroveranno, più tardi, solo nei famosi taccuini di Antonio Pisano, detto il “Pisanello” († ca. 1450), conservati al British Museum di Londra e dove, in una sola pagina, sono riprodotti in presa diretta ben sei uomini impiccati, che danzano al vento proprio come nella famosa Ballata di Francois Villon (secolo XV), il maggior poeta lirico del medioevo francese.

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