Varianti e ripensamenti di Simone Martini
Nel 1958, l'Istituto centrale del restauro
(Roma), fondato e diretto da Cesare
Brandi, si trovò nella necessitante incombenza
di dover rimuovere dalle pareti
della Cappella di San Martino nella
Basilica Inferiore di San Francesco in
Assisi una delle scene più vulgate delle
“Storie di san Martino”, magnifi camente
illustrate da Simone Martini.
Lo “strappo” riguardava appunto il notissimo
episodio del “Dono del mantello”,
che nella tradizione agiografi ca rappresenta
il fatto eponimo, sul quale insiste,
nell'immaginario collettivo, la classica
iconografi a del Santo vescovo di Tours.
L'affresco suddetto risultava infatti gravemente
insidiato da plurime effl orescenze
di salnitro, per cui fu necessario
procedere al delicato distacco della
pellicola pittorica, poi riportata su adeguato
supporto e ricollocata, a restauro
ultimato, nella sede originaria.
Tra una fase e l'altra dell'intervento,
a seguito di alcuni sondaggi sull'arriccio,
il restauratore Aldo Angelini ebbe
modo di riportare a galla la soggiacente
sinopia o disegno preparatorio, che il
Brandi stesso defi nì subito come “il più
bel disegno di tutto il Trecento”.
In effetti, il disegno risulta oltremodo
elaborato rispetto alla funzione pratica
normalmente svolta da una semplice
sinopia. Dentro il reticolo tracciato dalla
“battitura dei fi li”, necessario per l'impaginazione
di tutta la scena, sorprende,
ad esempio, l'uso sperimentale dell'ombreggiatura
per enfatizzare il miglior
appiombo delle quinte architettoniche
poste sul fondale sempre passibili
di ulteriori varianti. Sorprende anche la
grassa linea di contorno, da cui viene
enucleata, per voluto contrasto, la linea
energetica del cavallo dall'elegante passo
da parata.
Se volessimo poi mettere a speculare
confronto questa rara sinopia (conservata
attualmente nel Museo – Tesoro
della Basilica assisana) si potrebbero
evidenziare almeno tre vistosi varianti
o, per meglio dire, tre vistosi “ripensamenti”,
che ci danno modo di seguire,
passo passo, il laborioso processo inventivo
e la peculiare tecnica operativa di
Simone Martini e della sua “bottega”.
E che questa bottega fosse variamente
industre, lo dimostrano il mirabile
complesso delle vetrate su cartoni del
Maestro, l'alta zoccolatura marmorea
che corre lungo tutto il perimetro della
cappella, la bellissima chiave di volta e
la serie dei capitelli dipinti con i colori
tipici delle miniature gotiche d'alta classe
(oro, azzurro e rosso).
PRIMO RIPENSAMENTO
Il primo “ripensamento” martiniano riguarda
proprio la quinta architettonica
evocante la “Porta di Amiens”. In un
primo momento, tale Porta urbica, che
nella tradizione geografi ca era destinata
a rappresentare il luogo deputato
del “Dono del mantello”, Simone Martini
l'aveva impostata a destra della scena,
come si può arguire dalla meticolosa ombreggiatura
dell'intradosso pur avendo
cura di tracciare sul lato sinistro le linee
per un'altra porta, quasi per una possibile
alternativa. Così com'era previsto
nel disegno preparatorio, il Santo sembrava
pertanto in procinto di entrare
nella Porta di Amiens. Nell'affresco ultimato,
invece, essendo stata spostata a
sinistra la suddetta porta, il Santo sembra
piuttosto in procinto di uscirne.
SECONDO RIPENSAMENTO
Un tale cambiamento di senso vettoriale,
in un affresco in corso d'opera, non
era certo manovra di poco conto che si
potesse ottenere, come qualche volta
accadeva, con il semplice ribaltamento
dei cartoni. E la riprova è data proprio,
in questo caso, dalla testa del Santo con
la sua tipica zazzera a caschetto, dipinta
in un primo tempo a destra, sul quadrante
alto della scena, quasi rasente
la cornice, poi volutamente cancellata
sotto il manto dell'azzurrite e ultimamente
riemersa a seguito degli antichi
e recenti restauri.
TERZO RIPENSAMENTO
Altra vistosa variante è ravvisabile nella
gestualità del mendicante che sta per
ricevere dal Santo la metà del mantello
militare tagliato con la spada.
Nella sinopia, il povero afferra con
ambo le mani le cocche del mantello
che sta per essere scisso. In tal modo il
disegno preparatorio meglio descriveva
la presa realistica.
Nell'affresco ultimato, invece, il povero
regge solo con la mano destra il mantello,
mentre la mano sinistra è ripiegata
sul collo in maniera patetica. In questo
modo, se aumenta l'effetto stilistico, diminuisce
di molto l'effi cacia gestuale.
Ma anche questo fa parte della sonante
parlata del cosiddetto “gotico cortese”.
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