A Taranto, la vita impossibile tra i veleni dell'Ilva
Al rione Tamburi la gente preferisce non sapere. Ha paura di controllare la salute. Una volta su due gli accertamenti medici identificano un tumore, una leucemia, un polipo maligno allo stomaco. In ogni famiglia c'è almeno un malato con un carcinoma. In altri casi, come quello di Francesco Fanelli, il cancro l'ha praticamente cancellata la famiglia: madre, padre, nonni, i due fratelli, la prima moglie, uno zio, una zia... Quando è stato il turno della primogenita,di appena 11 anni, ammalata di leucemia mieloide, è scoppiato in lacrime. In 24 ore ha deciso di vendere tutto e scappare via dal rione. «Ho preferito accollarmi un mutuo di 100mila euro alla mia età piuttosto che vedere morire tutti davanti ai miei occhi impotenti» dice Fanelli. Ha fondato un'associazione. Si chiama 9 luglio 1960. E' il giorno in cui ai Tamburi hanno iniziato a costruire l'Ilva. Lo chiamano l'"anno zero", «il giorno in cui giardini, frutteti, ruscelli e una fresca aria curativa hanno lasciato il posto a questa grande industria». E' il ricordo di Ettore Toscano, attore e poeta tarantino che della trasformazione dei rione Tamburi ha impressa la violenza inferta al territorio. Prima, i bambini che soffrivano di asma o piccoli problemi respiratori li mandavano ai Tamburi per respirare aria fresca. Ora da qui si scappa.
I VELENI NELL'ARIA E NELL'ACQUA - I veleni dell'Ilva si sono infiltrati in ogni casa, su ogni terreno, in ogni lembo d'acqua. «Già vent'anni fa prelevammo dei campioni di sedimento marino davanti agli scarichi dell'Ilva - racconta Fabio Matacchiera, attivista del Fondo Antidiossina Taranto Onlus -. Il responso clinico fu impietoso: si trattava di rifiuti tossico-nocivi». A distanza di 20 anni gli abbiamo chiesto di ripetere l'esperimento. Con un retino ha raschiato il fondale del mare ed è uscita un'acqua nera e densa come il petrolio, l'odore del mare cancellato da quello dell'olio. Un guanto di lattice usato per il travaso nei tester, si spacca a contatto la sostanza prelevata. I campioni sono poi stati inviati a un centro specializzato che si trova a Venezia. Quello che a noi sembrava petrolio in effetti era una miscela esplosiva di Pcb, idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti. «Tra questi spicca la massiccia presenza di benzo(a)pirene - precisa Matacchiera -. E' un contaminante categoria 1 presente nella quantità di oltre 92mila microgrammi per chilo di peso secco. Il contatto con questo inquinante , per dare un'idea, equivale a fumare circa duemila sigarette in un anno».
LEUCEMIE ACUTE NEI BAMBINI - E' probabile che le abbia respirate il piccolo Lorenzo. A 3 mesi di vita gli hanno trovato un tumore alla testa di 5 centimetri. «Era più grande il tumore che la sua testolina» - racconta commosso il padre Mauro Zaratta, anche lui costretto ad andare via da Taranto. «Qui abbiamo il doppio di incidenza di leucemie acute nei bambini rispetto al resto d'Italia - afferma il primario di Ematologia all'ospedale S. Annunziata di Taranto -. Come si fa a non rendersene conto? Provo sconforto perché sono dieci anni che denuncio l'aumento di queste malattie ma l'unica risposta che mi è stata data negli anni dalla politica e dalle autorità è che sono un medico terrorista. Ora dovrebbero sapere che il 40% di questi bambini affetti da leucemie acute non ce la fanno a sopravvivere. Muoiono dopo qualche mese. E spesso si tratta di bambini che non hanno nemmeno un anno di vita».(Corriere della Sera)
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