Il diavolo nell arte medievaleUn esorcismo per via estetica
L'arte reca con sé una fenomenologia
di percezioni del demoniaco.
In uno degli affreschi più originariamente
determinanti dell'arte
figurativa occidentale, nella ventesima
scena della Vita di San Francesco,
dipinta da Giotto nella Basilica
superiore di Assisi, è stata scoperta
dalla storica Chiara Frugoni – autrice
di numerosi studi sul Patrono
d'Italia e sul movimento francescano
– il profilo del diavolo, con due
corna scure, emergente dalle nuvole
sospese fra la scena della morte di
san Francesco, in basso, e la scena
dell'assunzione della sua anima in
cielo.
Da otto secoli questa figura si staglia,
misteriosamente, tra l'alto e il basso
di un'opera interamente dedicata
– un monumento catechetico – alla
vita di un Santo così radicalmente
legato alla figura di Gesù Cristo da
essere considerato, già in vita, un
Alter Christus. L'arte ri-vela – dunque
vela e indica – ripete, reitera quel
percorso di conoscenza tra le vette
della realtà trascendente e l'abisso
del male, il mondo degli inferi, materia
trattata dalla Chiesa con magistrale
strumentazione catechetica
attraverso i cicli degli affreschi commissionati
da geni dell'arte come
Giotto. Padre Enzo Fortunato, direttore
della Sala Stampa del Sacro
Convento di Assisi, ha osservato acutamente:
«Questa scoperta può farci
comprendere a livello catechetico l'importanza
di oggettivare il male per non
accoglierlo nella propria vita».
Ecco, la cifra della questione: oggettivare
il male. L'arte figurativa
medievale oggettiva il male, al fine
di indicare all'uomo la Verità del
Bene. Nei primi secoli cristiani, fino
al IX secolo circa, il diavolo ha fattezze
umanoidi, un suo profilo che
manifesta una bruttezza esasperata
ed esasperante: un essere piccolo e
deforme, un vecchio inquietante,
una creatura con gli artigli ai piedi.
C'è l'idea che il diavolo sia un
essere de-formato, una non-persona.
Non un astratto “male” non meglio
identificato e identificabile. A partire
dall'XI secolo, Satana diventa un
mostro, e inizia il ciclo teratologico
di serpenti, gatti, caproni e pipistrelli.
Il capro è il capro espiatorio del
Levitico (Lv 16), mandato nel deserto
al demonio Azazel.
Il carattere grottesco e quasi infantilmente
burlesco – secondo il criterio
spirituale per il quale deridere il
diavolo che tenta sia uno dei metodi
per sottrargli l'imperio del suo giudizio
sulla vita umana – predomina.
Gli esempi sono molti: il Giudizio
Universale di Giotto nella Cappella
Scrovegni a Padova è un esempio
fra i tanti. Il Satàn è il giudice che
cerca di appropriarsi della veste giudicante
di Dio, imponendo ad ogni
accadimento umano il termine del
tribunale della scissione interna all'anima.
Il diavolo è il separatore,
colui che, pretendendo di giudicare,
prima deve dividere e far crollare,
come dice il Vangelo, l'impero interiore
dell'uomo, strappandogli
l'unità, infine egemonizzare la vita
e gli accadimenti storici prodotti dagli
esseri umani.
Raffigurare questa bestialità con effetti
spirituali portava costantemente
a derubricare la figura umana nel
suo splendore di creatura voluta e
amata da Dio, per riavvitare la spirale
iconografica attorno al deforme
e al mostruoso. Così da rendere straniero
e, dunque, estraneo al mondo
il “nemico della natura umana”, per
dirla con sant'Ignazio di Loyola.
Una sorta di esorcismo per via
estetica. È il tema del grande libro
del geniale filosofo Enrico Castelli,
“Il demoniaco nell'arte” (1952),
in cui le allegorie del trittico del
fiammingo Hieronymus Bosch, Le
tentazioni di Sant'Antonio, costituiscono
il paradigma di una rappresentazione
della realtà del diavolo
come presenza storica, celata tra le
pieghe del quotidiano.
Qui il diavolo
non è il male astratto, ma la
non-persona di cui ragionava Joseph
Ratzinger negli anni ‘70, in un
celebre saggio – “Liquidazione del
diavolo?” –, in polemica con quella
teologia progressista che vedeva il
diavolo come un principio astratto
e impersonale. Non è così, tant'è
vero che le sue corna di capro si
sono intraviste in un affresco della
vita francescana di ben di otto
secoli fa.
Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.
Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA