PAROLA POVERA: Ammansire
Alcune parole sono un vero crocevia: nel senso che è difficile parlare solo di
‘quella’ parola senza essere attratti, nel senso magnetico del termine, nel
campo di altre tre o quattro espressioni che con lei condividono qualcosa, che
sfiorano, toccano e forse, in qualche caso si sono magari sovrapposte o
anche solo in parte compenetrate con l’espressione da cui siamo partiti
credendo, forse ingenuamente, che si potesse andare dritti per la strada di
una origine chiara, netta e univoca.
La parola mansueto, della cui famiglia fa parte anche ammansire, è una di
queste. Perché se pronunciamo la parola ‘ammansire’, e magari citiamo il
celebre episodio di San Francesco e del lupo, ci viene in mente l’immagine di
una carezza? E perché la persona mansueta ci fa pensare a qualcuno che è
gentile e delicato? Il motivo sta nel fatto che i percorsi etimologici – che
comunque non esauriscono mai la storia di una parola – sono a volte tortuosi:
ve ne sono che, come certi sentieri nel bosco (gli Holzwege celebrati da
Martin Heidegger nel libro omonimo, composto di saggi solo apparentemente
distanti ma che in realtà si attraggono e si incrociano) sembrano non portare
da nessuna parte, si interrompono per poi riprendere un po’ più in là; e altri
che invece prendono una strada che non ci saremmo aspettati e ci portano al
cospetto di altre parole, di altri ambiti forse anche di altri mondi. Ma così
facendo illuminano quella parola di una luce che sembra (sembra soltanto)
nuova e però ce la fa cogliere in tutta la sua forza e la sua espressività.
Alle origini della parola mansueto e ammansire, impostasi tra il XIII e il XIV
secolo, c’è il latino mansuescere che contiene due parole: manus e suescere
e quindi significa abituare alla mano. C’è la mano dunque, e da qui il corto
circuito con la carezza, e poi la gentilezza, la delicatezza di un gesto (una
mano che si avvicina, che sfiora, che vuole entrare empaticamente in
contatto senza sopraffare). D’altra parte anche ‘delicato’ deriva da delicere
che ha alla base il verbo lacere: e quindi delicere, cioè dilettare, avvicinare a
qualcosa che piace, attrarre a sé (torna l’aspetto magnetico citato all’inizio),
significa proprio togliere (de) lo strappo (lacere), eliminare l’aspetto violento e
divisivo di una comunicazione o di una relazione. E la carezza, l’altra
immagine che ci viene in mente quando parliamo di ammansire, non solo è
portata con la mano, ma è rivolta a qualcuno che ci è caro, nel senso sia di
amato che di prezioso (prima che questo significato virasse decisamente solo
verso il campo del venale).
Ed ecco perché il manzo probabilmente si chiama così: è un animale
mansueto per definizione (il ‘pio bove’ di Carducci che, proprio perché mite,
era in grado di infondere al poeta un sentimento al tempo stesso ‘di vigore e
di pace’), non si scompone e si lascia guidare.
Se fosse solo questo però, dal termine mansueto e dal verbo derivato
ammansire trasparirebbe solo una dimensione passiva, subalterna,
sottomessa. In realtà, suggerisce qualcuno, la mano che emerge
dall’etimologia può essere una mano interiore, che indica la capacità e il
vigore (ecco Carducci) di chi riesce e vuole controllarsi. Chi lo fa non è detto
che sia sempre mansueto (e infatti il lupo non lo è) ma vuole esserlo e
diventarlo perché anche così si esprime la sua forza: in una relazione e una
vita nuova.