Vita prima - di Tommaso da Celano
La canonizzazione del beato Francesco
[527] Il gloriosissimo padre Francesco, dunque, nel ventesimo anno della sua conversione, concluse degnamente quella vita che aveva così felicemente cominciato, e affidò beatamente la sua anima al cielo dove, coronato di gloria e di onore e assiso in mezzo alle pietre splendide come fuoco, intercede davanti al trono di Dio, trattando con amorosa premura la causa di coloro che ha lasciato quaggiù. E davvero come potrebbe restare senza risposta la preghiera di lui, nelle cui stimmate sacre è raffigurato Quegli che, uguale al Padre, siede alla destra della divina Maestà, ed è splendore della sua gloria e figura della sostanza di Dio, dopo aver espiati i nostri peccati? Non sarà esaudito colui che, conformandosi alla morte di Cristo Gesù nella condivisione della sua passione, porta le sacre ferite delle mani, dei piedi e del costato?
E veramente egli già allieta di nuovo gaudio il mondo intero e offre a tutti i mezzi della vera salvezza. Irradia la terra con la luce fulgidissima dei miracoli e illumina tutto l’orbe con il fulgore di una vera stella. Piangeva il mondo quando fu privato della sua presenza e gli pareva d’essere precipitato in un abisso di tenebre al suo tramonto. Ma ora, al sorgere di questa luce nuova, investito da raggi più fulgenti, come nel meriggio, sente che tutta la tenebra si è dileguata. Il suo pianto – ne sia benedetto Iddio! – è cessato, perché ogni giorno dovunque, per suo merito, si arricchisce copiosamente, tra nuovi motivi di gioia, del tesoro di sante virtù. Dai quattro punti cardinali stanno arrivando coloro che, beneficati dal suo patrocinio, possono testimoniare la verità di questa affermazione.
[528] Proprio per questo Francesco, singolare amatore delle realtà celesti, finché visse quaggiù non volle mai possedere nulla di proprio, per poter possedere totalmente e più gioiosamente il sommo Bene; ed ora è divenuto partecipe del tutto, lui che non volle attaccarsi ad alcuna parte e commutò il tempo con l’eternità. Ovunque e a tutti viene in aiuto, tutti dovunque assiste e, da vero amante dell’unità, ignora i danni della parzialità.
Quando viveva ancora tra i peccatori, percorreva predicando il mondo intero; ora che regna tra gli angeli in cielo, vola più rapidamente del pensiero, come araldo del sommo Re, a portare a tutti i popoli benefici salutari. Perciò l’umanità intera lo onora, lo venera, lo glorifica e lo loda, perché davvero tutti hanno parte al bene comune.
[529] Chi potrebbe narrare quanti e quali miracoli il Signore si è degnato di operare per mezzo suo in ogni parte del mondo? Quanti sono i fatti straordinari che Francesco compie, per esempio, nella sola Francia, dove il re, la regina e tutti gli altri magnati accorrono a baciare con riverenza il guanciale usato da Francesco nella sua infermità. Là anche i sapienti e i maggiori letterati del mondo, più numerosi in Parigi che altrove, venerano, ammirano e onorano con umiltà e devozione Francesco, un uomo illetterato, amico di una semplicità vera e di una piena schiettezza. E quanto si addice questo nome di «Francesco» a lui che ebbe un cuore franco e nobile più di ogni altro! Lo sanno bene, infatti, quelli che hanno sperimentato la sua magnanimità, quanto sia stato con tutti libero e generoso, sicuro e audace e con quale forza e fervore di animo abbia disprezzato tutti i beni della terra.
E che dire delle altre parti del mondo dove, in virtù dei suoi poveri indumenti, fuggono malattie e infermità, e uomini e donne in gran numero sono liberati dai loro malanni alla sola invocazione del suo nome?
[530] Anche alla sua tomba è un continuo fiorire di nuovi miracoli e con la preghiera insistente si ottengono meravigliosi benefici spirituali e corporali: i ciechi recuperano la vista, i sordi l’udito, i muti la favella, gli storpi riprendono a camminare, il gottoso ritorna agile, il lebbroso viene mondato, l’idropico perde il suo gonfiore e altri sofferenti di varie infermità riacquistano la salute desiderata. Così quel corpo morto risana i corpi vivi, come da vivo risuscitava le anime morte!
[531] Queste meraviglie giungono all’orecchio del romano pontefice, primo di tutti i vescovi, guida dei cristiani, padrone del mondo, pastore della Chiesa, unto del Signore e vicario di Cristo. Se ne rallegra ed esulta, ne gioisce e se ne allieta, perché vede la Chiesa di Dio rinnovarsi nel suo tempo mediante nuovi misteri, ma simili alle meraviglie antiche, e proprio per opera del figlio suo, che si era portato nel seno, riscaldato nel grembo, allattato con la sua parola, educato con il cibo della salvezza. Vengono a conoscerle anche gli altri custodi della Chiesa, pastori del gregge cristiano, difensori della fede, amici dello Sposo, suoi collaboratori, sostegni del mondo, i venerandi cardinali, e si congratulano con la Chiesa, ne godono con il papa, glorificano il Salvatore che, nella sua immensa sapienza, nella suprema e ineffabile grazia e nella sua infinita e inestimabile bontà, ha scelto proprio le cose stolte e vili secondo il mondo per attirare i grandi. Ascolta e applaude tutta la terra e l’intero regno della fede cattolica sovrabbonda di esultanza ed è pervaso di santa consolazione.
[532] Ma all’improvviso la situazione si aggrava, esplodono nuove perturbazioni nel mondo; ne viene turbata la serenità della pace e, riaccendendosi la fiaccola delle gelosie, anche la Chiesa è lacerata da lotte nel suo interno. I romani, popolazione sediziosa e altera, infuriano, secondo l’usanza, contro la gente confinante e osano pure profanare le cose sacre. Il magnanimo papa Gregorio si adopera con tutte le forze per soffocare il male crescente, reprimere la ferocia, mitigare la violenza e si sforza, come una torre ben salda, di proteggere la Chiesa di Cristo. Incombono molti pericoli, i disastri diventano più frequenti; anche nel resto del mondo i perversi insorgono superbamente contro Dio. Che fare? Il pontefice, ponderate saggiamente le circostanze presenti e le possibilità future, decide di abbandonare Roma ai rivoltosi, per liberare e difendere il mondo dai tumulti.
[533] Si reca dunque a Rieti, dove è accolto con il dovuto onore, quindi a Spoleto, sempre riverito e onorato da tutti.Qui si trattiene alcuni giorni e, pur vigilando sempre sugli interessi della Chiesa, si reca, in compagnia dei venerandi cardinali, a far visita amorevolmente alle ancelle di Cristo, sepolte per il mondo: la loro vita, l’altissima povertà e la gloriosa istituzione commuovono lui e gli altri fino alle lacrime, li provocano al disprezzo del mondo e li infiammano a una vita celibe.
O umiltà, amabile nutrice di ogni virtù! Il principe del mondo intero, successore del principe degli apostoli, visita le donne poverelle, si reca da quelle misere e umili carcerate. Un gesto di umiltà indubbiamente conforme al carattere cristiano, una ragionevole decisione, ma senza esempio precedente e mai vista nei molti secoli passati.
[534] Poi [papa Gregorio] si affretta a raggiungere Assisi, dove è custodito per lui il glorioso deposito, perché possa spazzare via la sofferenza del mondo e la tribolazione che lo opprime. Al suo arrivo tutta la zona è in giubilo, la città è piena di esultanza, una grande folla si manifesta gaudiosa, e quel giorno luminoso risplende di nuovi bagliori. Tutti vanno a incontrarlo con solenne corteo. Anche il pio gruppo dei poveri frati gli si fa incontro, e ciascuno canta inni all’unto del Signore.
Appena giunto, il vicario di Cristo subito si porta a salutare e a rendere omaggio riverente al sepolcro di san Francesco. Sospira, si batte il petto, piange e, in atto di intensa devozione, piega il venerando capo.
[535] Quindi dà apertura alla solenne discussione per la canonizzazione del santo, convocando a tale scopo spesse volte l’illustre consesso dei cardinali. Or ecco, da ogni parte accorrono molti che erano stati liberati dai loro mali per intercessione del santo di Dio e viene rivelato di qua e di là un numero grandissimo di miracoli. Sono discussi, verificati, ascoltati i testimoni e approvati. Intanto, per impegni di ufficio e per nuovi motivi sopraggiunti, il papa deve correre a Perugia, ma per far ritorno ad Assisi e continuare con maggiore e speciale benevolenza l’importantissima causa. Di nuovo a Perugia, finalmente il papa celebra nelle sue camere la sacra assemblea dei venerabili cardinali. Sono tutti d’accordo e unanimi; leggono i miracoli con intensa venerazione e lodano con grandissimi elogi la vita e la santità del beato padre.
[536] «La santità di questo uomo santissimo – essi affermano – non ha bisogno della verifica dei miracoli, noi stessi l’abbiamo vista con i nostri occhi, toccata con le nostre mani e vagliata alla luce della verità». Tutti tripudiano, gioiscono e piangono insieme, e quelle lacrime sono per loro pienezza di benedizione. E senza più indugio fissano il giorno benedetto nel quale riempiranno tutto il mondo di gaudio salutare.
[537] È spuntato quel giorno solenne «venerando in ogni tempo», che apporterà viva allegrezza non solo alla terra, ma anche alle sedi celesti. Vengono convocati vescovi, abati, prelati e si riuniscono giungendo dalle parti più lontane; è presente anche un re e grande moltitudine di conti e magnati. Tutti, al seguito del Signore del mondo, entrano con lui solennemente nella città di Assisi.
Arrivati nel luogo preparato per quella solenne celebrazione, i cardinali, i vescovi e gli abati si dispongono attorno al papa. Ivi accorre un folto stuolo di sacerdoti e di chierici, la sacra e gioiosa schiera dei religiosi e quella più vereconda delle religiose avvolte nel sacro velo. Accorre una folla immensa, una moltitudine quasi innumerevole di persone di ogni sesso; da ogni parte accorrono persone di ogni età, felici di essere presenti a così imponente raduno: il bimbo vicino all’uomo fatto, il servo vicino al padrone.
[538] Domina al centro il sommo pontefice, lo sposo della Chiesa di Cristo, attorniato da tanta varietà di figli, con la corona di gloria sul capo in segno di santità. Adorno delle infule papali e dei paramenti con le allacciature d’oro scintillanti di pietre preziose, ecco l’unto del Signore: appare nello splendore della sua gloria, rilucente di oro e ricoperto di gemme istoriate e attira gli sguardi di tutti. Lo circondano cardinali e vescovi, similmente ornati di splendidi monili e, nel candore niveo delle loro vesti, sembrano offrire quasi lo spettacolo delle bellezze celestiali e del gaudio degli eletti.
[539] Tutto il popolo attende la parola di gaudio, parola di letizia, parola nuova, piena di ogni dolcezza, parola di lode e di perenne benedizione. Parla per primo papa Gregorio, rivolto a tutta l’assemblea, e annuncia con voce vibrante e affettuosa commozione le meraviglie di Dio. Poi tesse con un nobilissimo discorso le lodi del padre Francesco, commovendosi fino alle lacrime mentre rievoca la purità della sua vita. Tema del suo discorso è il passo del Siracide: Come la stella del mattino tra le nubi e come splende la luna nel plenilunio, e come sole raggiante, così egli rifulse nel tempio di Dio.
Terminato quell’elogio, fedele e degno di ogni plauso, uno dei suddiaconi del pontefice, di nome Ottaviano, ad altissima voce dà lettura davanti a tutti dei miracoli del santo, e il cardinale diacono Ranieri, di vivace ingegno, insigne per pietà e costumi, ne fa il commento con sacra eloquenza tra le lacrime. Esulta il pastore della Chiesa e, traendo dal petto profondi sospiri e reiterando salutari singhiozzi, lascia libero corso alle lacrime; versano profluvi di lacrime anche gli altri prelati presenti, e per l’abbondanza del pianto si bagnano i sacri paramenti. Piange infine tutto il popolo, e diventa più impaziente in amorosa attesa.
[540] Ed ecco: le mani levate verso il cielo, il beato pontefice ad alta voce proclama: «A lode e gloria dell’onnipotente Iddio, Padre e Figlio e Spirito Santo, della beata vergine Maria, dei beati apostoli Pietro e Paolo e a onore della gloriosa Chiesa romana, mentre veneriamo sulla terra il beatissimo padre Francesco che il Signore ha glorificato nei cieli, dopo aver raccolto il parere dei nostri fratelli [i cardinali] e degli altri prelati, decretiamo che il suo nome sia iscritto nel Catalogo dei santi e se ne celebri la festa il giorno della sua morte».
[541] Appena terminato il solenne annuncio, i cardinali insieme con il papa intonano a voce spiegata il Te Deum. Si leva quindi in risposta il canto della numerosa folla in lode del Signore. La terra echeggia di voci immense, l’aria si riempie di inni di gioia, il suolo si bagna di lacrime. Si elevano cantici nuovi, e nella melodia dello spirito esultano tutti i servi di Dio. Si ode il dolce suono degli strumenti e con voci modulate si cantano inni spirituali. Esala un soavissimo profumo e la melodia rimbalza più festosa, suscitando emozioni in tutti. Il giorno è radioso, illuminato dai più splendidi colori. Ondeggiano verdeggianti rami d’ulivo misti a fresche chiome d’altri alberi; l’apparato di festa riverbera luminosità su tutti, e la benedizione di pace inonda di gioia tutti i cuori.
[542] Finalmente il beato papa Gregorio lascia il trono e attraverso gradini più umili discende nel santuario per offrire voti e sacrifici, e bacia con gioioso trasporto la tomba del santo e consacrato a Dio; innalza molteplici preghiere e celebra i sacri misteri. Lo circondano i frati, lodando, adorando e benedicendo l’onnipotente Iddio che ha fatto cose grandi sulla terra. Amplifica le lodi divine tutto il popolo che, in onore dell’altissima Trinità, canta il suo ringraziamento a san Francesco. Amen.
Queste cose avvennero in Assisi, nel secondo anno del pontificato di Gregorio IX, il 16 luglio.
I miracoli di San Francesco
[543] Invocando umilmente la grazia del Signor nostro Gesù Cristo, nell’intento di eccitare la doverosa devozione dei contemporanei e corroborare la fede dei posteri, prendiamo a narrare brevemente, ma secondo verità, i miracoli che, come abbiamo sopra ricordato, furono letti e annunziati al popolo, presente il signor papa Gregorio.
[544] PARALITICI GUARITI
Il giorno medesimo in cui il santo corpo del beatissimo padre Francesco, come un preziosissimo tesoro, fu sepolto cosparso di aromi celesti più che terrestri, venne portata sulla sua tomba una fanciulla, che già da un anno aveva il collo orribilmente piegato da una parte e il capo aderente alla spalla, così che non poteva guardare in alto se non di traverso. Le misero per qualche istante il capo sotto l’urna in cui riposava il corpo del santo, e immediatamente, per i meriti di lui, la fanciulla eresse il collo e il capo riprese la sua posizione normale, tanto che essa, colta da molto spavento per l’improvvisa trasformazione, cominciò a fuggire e a piangere. Sulla spalla si vedeva come una specie di incavo, dove aveva aderito il capo, dovuto alla lunga infermità.
[545] Nel territorio di Narni viveva un fanciullo con una tibia talmente deformata che non poteva camminare se non appoggiandosi su due stampelle. Era un mendicante oppresso da molti anni da una gravosa invalidità e non conosceva neppure suo padre e sua madre. Per i meriti del beatissimo padre nostro Francesco fu liberato dal suo male, così che poteva camminare liberamente, senza bastone, lodando e benedicendo Iddio e il suo santo.
[546] Un abitante di Foligno, di nome Niccolò, aveva la gamba sinistra rattrappita. Straziato dal dolore, aveva speso più di quanto potesse in medici, fino a indebitarsi, nella speranza di recuperare la primitiva salute. Ma poiché il loro aiuto non gli portava alcun giovamento ed era intensissimo il dolore che soffriva, al punto che con i suoi ripetuti urli nella notte impediva il sonno anche ai vicini, decise finalmente di votarsi a Dio e a san Francesco e si fece trasportare sulla sua tomba. Vi rimase una notte intera in preghiera. Ed ecco, gli si distese la gamba e poté tornare a casa senza stampelle, esultante di gaudio.
[547] Un altro fanciullo aveva una gamba contorta in maniera tale che il ginocchio aderiva al petto e il calcagno alla coscia. I genitori lo portarono al sepolcro del santo, mentre il padre tormentava con un cilicio la propria carne e la madre si impegnava in gravose penitenze per lui. Guarì così rapidamente e completamente, che poteva correre tutto sano e lieto per la piazza, rendendo grazie a Dio e al beato Francesco.
[548] Nella città di Fano c’era un rattrappito, che aveva le tibie ulcerate ripiegate all’indietro, aderenti ai femori e talmente maleodoranti che nessuno si sentiva disposto ad accoglierlo e tenerlo in ospedale. Per i meriti del beatissimo padre Francesco, di cui aveva implorato l’aiuto, poco dopo ebbe la gioia di vedersi guarito.
[549] Una bambina di Gubbio dalle mani rattrappite, già da un anno aveva perduto l’uso di tutte le membra. La balia, fiduciosa di ottenerne la guarigione, la portò alla tomba del beatissimo padre Francesco, recando con sé anche una figura di cera. Dopo otto giorni di attesa, la piccola inferma recuperò l’uso delle sue membra, così da essere ritenuta idonea alle faccende di prima.
[550] Un ragazzo di Montenero, incapace di camminare e di star seduto perché privo dalla cintola in giù di ogni forza e dell’uso delle membra, giaceva da più giorni davanti alla porta della chiesa in cui riposa il corpo del santo. Ma un giorno riuscì ad entrarvi e, toccato il sepolcro del beatissimo padre Francesco, ne uscì fuori sano e salvo. Raccontava questo ragazzo che, mentre se ne stava presso la tomba del glorioso santo, gli era apparso, proprio sopra il sepolcro, un giovane vestito da frate, con delle pere in mano, il quale offrendogli una pera lo aveva incoraggiato ad alzarsi. Ma egli, prendendo la pera, aveva risposto: «Come vedi, sono paralitico e non posso in nessun modo alzarmi». Intanto aveva mangiato la pera e incominciato a stendere la mano per prenderne una seconda che gli veniva offerta; ma, incoraggiato ancora una volta ad alzarsi, sentendosi appesantito dal male, non era riuscito a mettersi in piedi. Ma mentre stendeva la mano per prendere la pera che gli veniva offerta, il giovane gliel’aveva afferrata, lo aveva condotto fuori ed era sparito. Ed egli, vedendosi sano e guarito, aveva incominciato subito a gridare con tutta la voce, raccontando a tutti quello che gli era accaduto.
[551] Una donna di Coccorano, che era priva dell’uso di tutte le membra, a eccezione della lingua, venne trasportata su stuoie al sepolcro del glorioso padre. Dopo una breve sosta dinanzi alla tomba dell’uomo di Dio, si rialzò completamente guarita.
Anche un altro cittadino di Gubbio portò, dentro una cesta, un suo figlioletto davanti al sepolcro del santo. Era talmente deformato, che aveva le tibie del tutto atrofizzate e aderenti ai femori. Lo riebbe completamente guarito.
[552] C’era a Narni un uomo poverissimo, di nome Bartolomeo. Una volta si era addormentato per un certo tempo sotto l’ombra di un noce; al risveglio si trovò così rattrappito da non poter più camminare. Crescendo il male di giorno in giorno, una gamba e un piede si assottigliarono, si piegarono e si inaridirono in modo tale che egli non avvertiva più né tagli né ustioni. Ma una notte gli apparve in sogno il beato Francesco, vero amico dei poveri e padre di tutti i miseri, invitandolo a recarsi a un bagno, in cui, poiché commosso da tanta miseria, aveva deciso di guarirlo. Ma destatosi, non sapendo che cosa fare, raccontò per filo e per segno la visione al vescovo della città, il quale lo consigliò di affrettarsi a fare il bagno come gli era stato detto in sogno e lo benedisse. Così, aiutandosi con il suo bastone, incominciò a dirigersi come meglio poteva verso il luogo indicato. Mentre se ne andava, triste e sfinito per il troppo sforzo, udì una voce che gli diceva: «La pace del Signore sia con te! Io sono colui al quale hai fatto voto».
Si avvicinava al luogo del bagno, ma poiché era notte sbagliò strada; e udì di nuovo la voce che lo avvertiva dell’errore indicandogli la direzione giusta. Ed ecco, appena arrivò e si immerse nell’acqua, sentì una mano posarsi sul piede e un’altra sulla gamba estendendogliela dolcemente. Improvvisamente guarito, balzò fuori dall’acqua lodando e benedicendo l’onnipotenza del Creatore e il beato suo servo Francesco, che gli aveva elargito una grazia e un’energia così grande. Infatti erano sei anni che quell’uomo viveva in quello stato miserando, ed era molto anziano.
[553] CIECHI CHE RICUPERANO LA VISTA
Una donna di nome Sibilla, che da molti anni sopportava la sua cecità, venne un giorno condotta, cieca e triste, sulla tomba dell’uomo di Dio. Recuperata la vista, se ne tornò a casa con gioiosa esultanza.
Così anche un uomo di Spello recuperò la vista, da tempo perduta, davanti al sepolcro del santo.
Un’alttra donna a Camerino era completamente cieca all’occhio destro. I parenti le applicarono sull’occhio leso un panno toccato dal beato Francesco, e così, fatto un voto, resero grazie a Dio e al santo per la vista recuperata,
Un caso analogo capitò a una donna di Gubbio che, in seguito a un voto fatto, non finiva di rallegrarsi per avere riavuto la vista. Un uomo di Assisi cieco da cinque anni, che era stato in vita amico del beato Francesco e continuava a pregarlo ricordandogli nelle continue preghiere la passata amicizia, al solo contatto con il sepolcro di lui si ritrovò guarito.
Un certo Albertino di Narni aveva perduto completamente la vista e le palpebre gli scendevano fino agli zigomi. Appena fece voto al beato Francesco, riacquistò subito la vista; si preparò e andò a visitare il suo glorioso sepolcro.
[554] INDEMONIATI LIBERATI
Viveva a Foligno un uomo di nome Pietro. Postosi un giorno in cammino per visitare il santuario di San Michele arcangelo, non si sa se per adempiere un voto o per soddisfare una penitenza impostagli per i suoi peccati, arrivato a una fonte, stanco e assetato, prese a bere dell’acqua; e gli sembrò d’avere ingoiato demoni. E così, rimasto ossesso per tre anni, compiva cose orrende a vedersi e a ridire. Si portò alla tomba del santissimo padre, e mentre i demoni infuriavano contro di lui strapazzandolo crudelmente, al contatto del sepolcro, con un evidente e chiaro miracolo, ne fu con meraviglia liberato.
[555] Una volta il beato Francesco apparve a una donna di Narni che era furiosa e talmente fuori di sé che faceva e diceva cose orrende e sconvenienti, e le disse: «Fatti un segno di croce». Quella rispose di esserne impedita. Allora il santo stesso glielo tracciò sulla fronte, e mise in fuga la pazzia e ogni influsso demoniaco. Innumerevoli sono stati gli uomini e le donne che, tormentati in vari modi e con molteplici inganni dai demoni, furono liberati in virtù dei meriti insigni del glorioso padre. Ma siccome tali persone possono essere sovente vittime piuttosto di illusioni, ne abbiano fatto soltanto un rapido accenno, per passare al racconto di miracoli più importanti.
[556] MALATI STRAPPATI DALLA MORTE E GUARIGIONE DA GONFIORE, DA IDROPISIA, DA PARALISI E DA DIVERSE INFERMITÀ
Matteo, un bambino di Todi, da otto giorni giaceva in un letto più morto che vivo: bocca chiusa, occhi senza sguardo, la pelle del volto, delle mani e dei piedi annerita come un paiolo nero di fumo. Tutti disperavano della sua vita ma, in seguito al voto di sua madre, guarì con mirabile rapidità. Emetteva infatti sangue marcio dalla bocca attraverso cui sem- brava dovesse rovesciare anche gli intestini. Ma appena la madre genuflessa invocò supplichevole il nome di san Francesco, subito il bambino cominciò ad aprire gli occhi, a vederci e a succhiare il latte. Poco dopo, caduta quella pelle nera, la carne ritornò quella di prima ed egli recuperò la salute e le forze. Appena lo vide ristabilito, la madre lo interrogò: «Chi ti ha guarito, figlio mio?». Il fanciullo balbettando rispose: «Ciccu, Ciccu». Di nuovo lo interrogavano: «A chi devi questa grazia?». E il bimbo replicava: «Ciccu, Ciccu!» dimezzando in questo modo il nome del beato Francesco, poiché era ancora piccino e incapace di parlare bene.
[557] Un giovane, precipitando al suolo da grande altezza, perdette la favella e l’uso di tutte le membra. Per tre giorni non mangiò né bevve; e poiché non dava più segni di vita, tutti lo credevano morto. Sua madre non ricorse all’aiuto di nessun medico, ma ne implorò la guarigione dal beato Francesco. Fatto un voto, riebbe il figlio sano e incolume e subito cominciò a innalzare lodi all’onnipotente Salvatore.
[558] Mancino, un altro giovane, colpito da malattia mortale e ritenuto inguaribile da tutti, invocò così come poté il nome del beato Francesco, e guarì istantaneamente.
Gualtiero, un fanciullo di Arezzo, sempre febbricitante e tormentato da due ascessi, dichiarato inguaribile dai medici, per un voto fatto dai genitori al beato Francesco recuperò l’auspicata salute.
Un altro era quasi moribondo. Fece scolpire una figura di cera, ma non era ancora finito il lavoro quando venne liberato da ogni male.
Una donna, che da molti anni giaceva inferma nel suo letto senza potersi in alcun modo muovere, appena ebbe fatto un voto a Dio e al beato Francesco si rialzò guarita e in grado di attendere a tutte le sue occupazioni.
Nella città di Narni viveva una donna che da otto anni aveva una mano così inaridita che era del tutto inutilizzabile. Un giorno le apparve il beatissimo padre Francesco e, distendendole la mano, gliela rese atta al lavoro come l’altra.
Un giovane della stessa città, affetto da dieci anni da una gravissima malattia, era diventato talmente gonfio che ormai nessuna medicina poteva giovargli. La madre fece un voto al beato Francesco e subito riacquistò il bene della salute.
Vi era a Fano un idropico con le membra paurosamente gonfie, che meritò dal beato Francesco di essere perfettamente guarito da quella infermità.
Un abitante di Todi soffriva di gotta artritica talmente grave, che non poteva neppure sedersi né in alcun modo riposare. La veemenza della malattia lo gettava in preda a continui brividi, così da sembrare ridotto agli estremi. Chiamò medici, moltiplicò bagni e farmaci; ma nessun rimedio valse a sollevarlo dalle sofferenze. Un giorno però, alla presenza di un sacerdote, fece un voto a san Francesco implorandolo che gli restituisse la salute di prima. E così, dopo aver rivolto preghiere al santo, subito si vide riportato alla salute di un tempo.
[559] A Gubbio, una donna paralitica, invocato per tre volte il nome del beato Francesco, fu liberata dalla sua infermità.
Un certo Bontadoso, che soffriva alle mani e ai piedi strazianti dolori, non poteva muoversi né camminare, perdendo del tutto sonno e appetito. Venne un giorno da lui una donna e lo consigliò a votarsi al beato Francesco, se voleva essere subito liberato. Ma quell’uomo, preso dall’eccessivo dolore, rispondeva: «Non lo credo un santo». Ma alle insistenze della donna che gli suggeriva il voto, lo formulò così: «Mi voto a san Francesco e lo ritengo santo, se entro tre giorni mi libererà dalla mia malattia». E venne subito esaudito per i meriti del santo di Dio, recuperando la possibilità di camminare, l’appetito e il sonno, e rese gloria a Dio onnipotente.
[560] Un uomo era stato trafitto al capo da una freccia, la cui punta di ferro era penetrata nel cranio attraverso la cavità dell’occhio. Impossibile ogni aiuto medico. Allora con umile devozione si votò al santo di Dio, Francesco, con la speranza d’essere liberato per sua intercessione. Mentre riposava un po’ e dormiva, venne Francesco nel sonno e gli disse di farsi strappare quella punta di ferro dalla nuca. E così all’indomani, operando nella maniera indicata dal santo, si riuscì a liberarlo senza grande difficoltà.
[561] A Spello un uomo, di nome Imperatore da due anni era affetto da un’ernia così grave che gli intestini gli uscivano dal basso ventre. Nell’impossibilità di riportarli dentro e trattenerveli per molto tempo, era costretto a sostenerli con un cuscino. Ricorse ai medici per averne un aiuto, i quali gli chiesero una retribuzione che egli non poteva pagare, perché non aveva sufficiente denaro per il vitto di un solo giorno, e perdette ogni speranza sul loro aiuto. Finalmente ricorse all’aiuto divino, e incominciò a supplicare per strada, in casa e ovunque il beato Francesco. In brevissimo tempo, per grazia di Dio e per i meriti del beato Francesco, guarì completamente.
[562] Un frate del nostro Ordine, della Marca di Ancona, aveva una fistola nella regione iliaca o ai fianchi. Per la gravità del male non c’era più speranza che potesse essere curato a opera di medici. Allora egli domandò il permesso al ministro, sotto la cui obbedienza dimorava, di recarsi a visitare il luogo dove riposava il corpo del beatissimo padre, con la fiducia che, per i meriti di lui, avrebbe ottenuto la grazia della guarigione. Ma il ministro non gli permise di partire, temendo che lo strapazzo del viaggio, a causa della neve e delle piogge che vi erano in quella stagione, gli arrecasse un danno maggiore. Quel frate rimase alquanto turbato per quel diniego. Ma ecco che una notte gli apparve il padre Francesco, che gli disse: «Figliolo, non rattristarti oltre; togliti quell’indumento di pelle che indossi, butta via l’impiastro e le fasciature, osserva la tua Regola e sarai sanato!». Il frate, appena si levò al mattino, eseguì tutto questo e poté ringraziare Iddio per l’immediata guarigione ottenuta.
[563] LEBBROSI MONDATI
A San Severino, nella Marca di Ancona, abitava un giovane di nome Atto. Era talmente coperto da ulcere che, per giudizio dei medici, era ritenuto da tutti un vero lebbroso. Le membra erano tutte tumefatte e ingrossate e, a causa della dilatazione e del rigonfiamento delle vene, tutto gli appariva deformato. Camminare gli era impossibile, e il misero doveva starsene sempre inchiodato nel giaciglio del suo dolore, causando ai genitori afflizione e tristezza. Specialmente suo padre, straziato da quella diuturna eccessiva sofferenza, non sapeva più che cosa fare. Ma finalmente gli venne in mente di votarlo al beato Francesco, e fece al figlio questa proposta: «Figlio mio, vuoi fare un voto a san Francesco, che rifulge per molti miracoli, perché voglia liberarti dal tuo male?». Rispose: «Sì, babbo!». Il padre si fece subito portare un foglio di papiro, prese le misure dell’altezza e grossezza del figlio, e poi gli disse: «Alzati, fa’ voto al beato Francesco che, se guarirai, ogni anno e per tutta la tua vita, andrai pellegrino alla sua tomba, recandogli un cero alto come te». Il giovane obbedì alla richiesta paterna, si alzò come poté e a mani giunte incominciò a invocare la misericordia del beato Francesco. Presa la misura del papiro e, finita la preghiera, all’istante fu guarito dalla lebbra; si alzò e cominciò a camminare, dando lode a Dio e al beato Francesco.
[564] Nella città di Fano un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena con devozione venne offerto dai genitori al beato Francesco, fu liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquistò la completa salute.
[565] MUTI E SORDI SANATI
A Città della Pieve c’era un fanciullo, povero e mendicante, completamente sordo e muto fin dalla nascita; aveva la lingua tanto corta che, esaminata spesso da molti, era ritenuta addirittura mozza. Una sera si recò a casa di un concittadino di nome Marco e con gesti, come sogliono fare i muti, gli chiese ospitalità`; piegò il capo da una parte accostando la guancia alla mano, indicando chiaramente che avrebbe voluto dormire da lui.
Quell’uomo, felice di accoglierlo nella sua casa, volentieri lo prese con sé, perché lo sapeva abile al servizio; il fanciullo era di buon carattere e, benché sordo e muto dalla nascita, era in grado di comprendere gli ordini dai cenni. Una sera quell’uomo, alla presenza del fanciullo, disse alla moglie durante la cena: «Questo sì che sarebbe un grande miracolo, se il beato Francesco gli rendesse udito e favella!».
E aggiunse: «Faccio voto al Signore Iddio che se il beato Francesco compirà questo miracolo, io, per amor suo, avrò carissimo questo fanciullo e provvederò a mantenerlo per tutto il tempo della sua vita». Cosa meravigliosa! Appena finita quella preghiera, il fanciullo si mise subito a parlare, esclamando: «Viva san Francesco!», e con lo sguardo elevato al cielo, soggiunse: «Vedo san Francesco qui sopra, che è venuto a donarmi l’uso della parola!». Ma aggiunse ancora: «Che cosa dirò io ora alla gente?». E quell’uomo gli rispose: «Loderai Iddio e salverai molti uomini». Allora si alzò e si diede a correre pieno di letizia e di esultanza e a gridare a tutti quanto era accaduto. Accorsero in massa quelli che lo avevano visto prima quando non parlava e, pieni di ammirazione e di stupore, elevarono lodi al Signore e al beato Francesco. Intanto la sua lingua crebbe diventando atta a parlare, e il fanciullo cominciò ad articolare le parole speditamente, come se avesse avuto sempre l’uso della parola.
[566] Anche un altro fanciullo, di nome Villa, non poteva né parlare né camminare. Per lui la madre con grande devozione portò in voto un’immagine di cera sul sepolcro di san Francesco. Al suo ritorno a casa, trovò il figlioletto che camminava e parlava.
[567] Un uomo della diocesi di Perugia era privo di parola e costretto a tenere la bocca sempre spalancata e spaventosamente sbadigliava ansimante: aveva infatti la gola enormemente gonfiata. Giunto un giorno nel luogo dove riposa il santissimo corpo, nell’atto di salire i gradini per toccarne il sepolcro, vomitò molto sangue e, completamente liberato, cominciò a parlare e ad aprire e chiudere la bocca in maniera normale!
[568] Anche una donna soffriva di un fortissimo dolore alla gola, così che per l’arsura aveva la lingua inaridita e attaccata al palato. Non era in grado di parlare, né di bere, né di mangiare e, nonostante l’applicazione di impiastri e l’uso di medicine, non sentiva in essi nessuna attenuazione del male. Allora, poiché non poteva parlare, dall’intimo del suo cuore si votò a san Francesco. Immediatamente la carne si aprì e le uscì dalla gola un sasso rotondo, che mostrò a tutti, e fu liberata dal suo male.
[569] A Greccio un giovane aveva perduto l’udito, la memoria, la favella, e non poteva intendere né sentire nulla. I genitori, che avevano una grande fiducia in san Francesco, con devote suppliche gli votarono il figlio. Questi, sciolto il voto, per grazia del santo e gloriosissimo padre, recuperò subito l’uso di tutti i suoi sensi.
A lode, gloria e onore del Signor nostro Gesù Cristo, il cui regno e l’impero rimane stabile e imperituro nei secoli dei secoli. Amen.
FINE
Epilogo
[570] Abbiamo narrato qualcuno dei miracoli del beatissimo padre nostro Francesco, e molti ne abbiamo omessi. Lasciamo ad altri, che vorranno seguire i suoi passi, di meritarsi con la loro ricerca la grazia di nuove benedizioni.
Egli, che ha mirabilmente rinnovato il mondo con la parola e l’esempio, con la vita e la dottrina, si degni sempre di beneficare con nuove piogge di celesti carismi i cuori di coloro che amano il nome del Signore.
[571] E io, per amore del Crocifisso povero e delle sue sacre stimmate, che il beato padre Francesco portò nel suo corpo, prego tutti quelli che leggeranno, vedranno e udranno la mia narrazione, di ricordarsi presso Dio di me peccatore. Amen.
Benedizione, onore e ogni lode al solo sapiente Iddio, che tutto compie con sapienza in tutti e sempre a sua gloria. Amen. Amen. Amen!