Regola bollata
[73a] Onorio, vescovo, servo dei servi di Dio, ai diletti figli, frate Francesco e agli altri frati dell’Ordine dei frati minori, salute e apostolica benedizione.
La Sede apostolica suole accondiscendere ai pii voti e accordare benevolo favore agli onesti desideri dei richiedenti. Pertanto, diletti figli nel Signore, noi, accogliendo le vostre pie suppliche, vi confermiamo con l’autorità apostolica la Regola del vostro Ordine, approvata dal nostro predecessore papa Innocenzo di buona memoria e trascritta in questa lettera, e l’avvaloriamo con il patrocinio del presente scritto. La Regola è questa:
Nel nome del Signore! Incomincia la vita dei frati minori
[75] La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.
[76] Frate Francesco promette obbedienza e riverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
Di coloro che vogliono intraprendere questa vita e come devono essere ricevuti
[77] Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concessa licenza di ammettere i frati. I ministri, poi, diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fermamente sino alla fine; e non hanno mogli o, qualora le abbiano, esse siano già entrate in monastero o abbiano dato loro il permesso con l’autorizzazione del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di continenza; e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che «vadano e vendano tutte le loro cose e procurino di darle ai poveri». Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà.
[78] E si guardino i frati e i loro ministri dall’essere solleciti delle loro cose temporali, affinché di esse facciano liberamente tutto ciò che il Signore avrà loro ispirato. Se tuttavia fosse loro chiesto un consiglio, i ministri abbiano la facoltà di mandarli da persone timorate di Dio, perché con il loro consiglio i loro beni vengano distribuiti ai poveri.
[79] Poi concedano loro i panni della prova, cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e le brache e il capperone fino al cingolo, a meno che qualche volta agli stessi ministri non sembri diversamente secondo Dio.
[80] Terminato poi l’anno della prova, siano ricevuti all’obbedienza, promettendo di osservare sempre questa vita e Regola. E in nessun modo sarà loro lecito di uscire da questa Religione, in conformità al comando del signor papa; poiché, secondo il santo Vangelo, «nessuno che mette la mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
[81] E coloro che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un’altra senza cappuccio, coloro che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. E tutti i frati si vestano di abiti vili e possano rappezzarli con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. Li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti morbidi e colorati e usare cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso.
Del divino ufficio e del digiuno, e come i frati debbano andare per il mondo
[82] I chierici dicano il divino ufficio secondo il rito della santa Chiesa romana, eccetto il salterio, e perciò potranno avere i breviari.
[83] I laici, invece, dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore, sette; per il vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti.
[84] E digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima, invece, che a partire dall’Epifania dura ininterrottamente per quaranta giorni e che il Signore consacrò con il suo santo digiuno, coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l’altra, fino alla Risurrezione del Signore, la digiunino. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Ma in momenti di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.
[85] Consiglio, poi, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo, che quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità.
[86] In qualunque casa entreranno, dicano prima di tutto: Pace a questa casa; e, secondo il santo Vangelo, sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro messi davanti.
Che i frati non ricevano denari
[87] Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia, direttamente o per interposta persona. Tuttavia, per le necessità degli infermi e per vestire gli altri frati, i ministri e i custodi, ed essi soltanto, per mezzo di amici spirituali si prendano sollecita cura secondo i luoghi e i tempi e i paesi freddi, così come sembrerà convenire alla necessità, salvo sempre il principio, come è stato detto, che non ricevano denari o pecunia.
Del modo di lavorare
[88] Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, così che, allontanato l’ozio nemico dell’anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale devono servire tutte le altre cose temporali. Come ricompensa del lavoro ricevano le cose necessarie al corpo, per sé e per i loro fratelli, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente, come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.
Che i frati di niente si approprino, e del chiedere l'elemosina e dei frati infermi
[90] I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcun’altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà e umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia, e non si devono vergognare, perché il Signore per noi si è fatto povero in questo mondo. Questa è la sublimità di quell’altissima povertà, che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatti poveri di cose e vi ha innalzati con le virtù. Questa sia la vostra parte di eredità, che conduce nella terra dei viventi. E aderendo totalmente a questa povertà, fratelli amatissimi, non vogliate possedere niente altro in perpetuo sotto il cielo, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.
[91] E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino tra loro familiari l’uno con l’altro. E ciascuno manifesti all’altro con sicurezza le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?
[92] E se qualcuno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire così come vorrebbero essere serviti essi stessi.
Della penitenza da imporre ai frati che peccano
[93] Se alcuni tra i frati, per istigazione del nemico, avranno peccato mortalmente, per quei peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri provinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi quanto prima potranno, senza indugio.
[94] I ministri poi, se sono sacerdoti, loro stessi impongano con misericordia ad essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdoti dell’Ordine, così come sembrerà loro più opportuno, secondo Dio.
[95] E devono guardarsi dall’adirarsi e turbarsi per il peccato di qualcuno, perché l'ira e il turbamento impediscono la carità in sé e negli altri.
Della elezione del ministro generale di questa fraternità e del capitolo di Pentecoste
[96] Tutti i frati siano tenuti ad avere sempre uno dei frati di questa Religione come ministro generale e servo di tutta la fraternità e siano tenuti fermamente ad obbedirgli. Alla sua morte, l’elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel capitolo di Pentecoste, nel quale i ministri provinciali siano tenuti sempre a radunarsi insieme, dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e questo, una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, così come dal predetto ministro sarà ordinato.
[97] E se talora alla totalità dei ministri provinciali e dei custodi apparisse chiaro che detto ministro non fosse idoneo al servizio e alla comune utilità dei frati, i predetti frati, ai quali è demandata l’elezione, siano tenuti, nel nome del Signore, ad eleggersi un altro come custode. Dopo il capitolo di Pentecoste, i singoli ministri e custodi, se vorranno e lo crederanno opportuno, possano nello stesso anno, nelle loro custodie, convocare una volta i loro frati a capitolo.
Dei predicatori
[98] I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo, qualora dallo stesso vescovo sia stato loro proibito. E nessuno dei frati osi assolutamente predicare al popolo, se prima non sia stato esaminato e approvato dal ministro generale di questa fraternità e dal medesimo non gli sia stato concesso l’ufficio della predicazione.
[99] Ammonisco inoltre ed esorto gli stessi frati che, nella predicazione che fanno, le loro parole siano esaminate e caste, a utilità e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso, poiché brevi discorsi fece il Signore sulla terra.
Dell'ammonizione e della correzione dei frati
[100] I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro fratelli e li correggano con umiltà e carità, non comandando ad essi niente che sia contro la loro anima e la nostra Regola.
[101] I frati poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la propria volontà. Perciò comando loro fermamente di obbedire ai loro ministri in tutte quelle cose che hanno promesso al Signore di osservare e non sono contrarie all’anima e alla nostra Regola.
[102] E dovunque ci sono dei frati che si rendano conto e riconoscano di non poter osservare la Regola secondo lo Spirito, debbano e possano ricorrere ai loro ministri. I ministri, poi, li accolgano con carità e benevolenza e usino nei loro confronti tanta familiarità, che quelli possano parlare con loro e fare come i padroni con i loro servi; infatti, così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati.
[103] Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia, cura e preoccupazione di questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione.
[104] E quelli che non sanno leggere, non si preoccupino di imparare; ma facciano attenzione che sopra ogni cosa devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nell’infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci accusano, poiché dice il Signore: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano; beati quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. E chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo».
Che i frati non entrino nei monasteri delle monache
[105] Comando fermamente a tutti i frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con donne, e di non entrare nei monasteri delle monache, eccetto quelli ai quali dalla Sede apostolica è stata concessa una licenza speciale.
[106] Né si facciano padrini di uomini o di donne, affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati o riguardo ai frati.
Di coloro che vanno tra i saraceni e tra gli altri infedeli
[107] Tutti quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i saraceni e tra gli altri infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali. I ministri poi non concedano a nessuno il permesso di andarvi, se non a quelli che vedranno idonei ad essere mandati.
[108] Inoltre ingiungo per obbedienza ai ministri che chiedano al signor papa uno dei cardinali della santa Chiesa romana, il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità,
[109] affinché, sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà e l’umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso.
[109a] Pertanto a nessuno, in alcun modo, sia lecito di invalidare questo scritto della nostra conferma o di opporsi ad esso con audacia temeraria. Se poi qualcuno presumerà di tentarlo, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.
Dal Laterano, il 29 novembre [1223], anno ottavo del nostro pontificato.