La penitenza
Secondo quanto narrato dalla Leggenda dei tre compagni, i primi compagni di San Francesco si definivano “penitenti d'Assisi” (L3C 37). Oggi è comunemente accettato che San Francesco e i primi seguaci del movimento da lui creato si consideravano parte della tradizione penitenziale della Chiesa. I penitenti erano principalmente una corrente laica risalente al IV-V secolo che però – è importante ricordarlo – non era regolata
da nessuna struttura giuridica o amministrativa prestabilita. Si trattava piuttosto di una definizione che poteva essere applicata a varie tipologie di movimenti spirituali i cui membri erano spinti a vivere il cristianesimo
intensamente. Fu proprio questa corrente religiosa ad attrarre inizialmente San Francesco e a fornire al suo neonato movimento un esempio cui identificarsi durante gli anni formativi.
Francesco, però, capì ben presto che la comunità in crescita necessitava di maggiore struttura e ordine di quanto lui potesse dare con l'esempio e la testimonianza personale.
Come afferma Chiara Frugoni, quello “era un periodo di pratica, prova ed errore. Francesco provava numerose ‘regole', nessuna delle quali è arrivata fino a noi. Egli sperimentava diversi stili di vita con i suoi compagni prima di trasformarli in principi normativi”. È probabile che alcuni elementi di queste regole iniziali siano presenti nei primi scritti del Santo, in particolare nella Esortazione ai fratelli e sorelle della penitenza, il documento che costituisce il prologo della regola del Terz'Ordine Regolare e dell'Ordine Francescano Secolare.
Nell'esortazione Francesco evidenzia cinque elementi che rappresentavano a suo giudizio i cardini della penitenza: l'amore per Dio, l'amore per il prossimo, l'avversione per il peccato, il ricevimento dell'Eucaristia e la conduzione di un'esistenza che produca i degni frutti della penitenza. Se dovessimo aggiungere a questo elenco quello che Francesco scrive nel suo Testamento circa l'importanza della
pietà nella sua esperienza di conversione, avremmo un buon punto di partenza per la comprensione della spiritualità francescana: una vita basata sull'amore per nostro Signore, nutrita dal sacramento del Corpo e del
Sangue di Gesù Cristo, che conduce l'uomo a disprezzare il peccato e a vivere come se tutto ciò sia determinante.
L'istigatore di questa vita è Dio che ci tocca con pietà e compassione, e ci stimola a porgere il nostro aiuto agli altri, in particolare i poveri e gli emarginati, con la stessa pietà e compassione. Partendo da questo concetto, si può affermare che una vita di penitenza è essenzialmente una vita di conversione in fieri, una vita che ci stimola a riconoscere che l'esperienza cristiana e francescana è un viaggio continuo della fede per il quale è necessario avere uno spirito aperto e docile. Dobbiamo essere disposti ad accettare il fatto di non avere tutte le risposte e di cambiare ed evolverci mentre veniamo formati nella santità.
La Regola dell'Ordine Francescano Secolare siesprime così a tal riguardo: Quali “fratelli e sorelle della penitenza”, in virtù della loro vocazione, sospinti dalla dinamica del Vangelo, conformino il loro modo di pensare e di agire a quello di Cristo mediante un radicale mutamento interiore che lo stesso Vangelo designa con il nome di “conversione”, la quale, per la umana fragilità, deve essere attuata ogni giorno. In questo cammino di rinnovamento il sacramento della Riconciliazione è segno privilegiato della misericordia del Padre e sorgente di grazia.(art.7)
L'accoglienza francescana della penitenza – che comprende i carismi fondamentali di povertà, minorità, contemplazione e conversione continua – incoraggi tutti noi a diventare sempre più “simili a Cristo”, stimolandoci a crescere nella mite accettazione dell'importanza della crescita individuale basata sulla volontà di essere formati e trasformati per grazia divina.
di Michael J. Higgins
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