I pontefici contro la guerra
Da Papa Leone XIII a Papa Francesco
Insensata guerra, inutile guerra: passano i secoli, ma gli aggettivi posti vicino a quella parola, “guerra”, sono sempre gli stessi perché - in fondo - è la guerra stessa ad essere sempre uguale. Possono cambiare gli strumenti di morte, ma il risultato è sempre quello: morte insensata. Nel corso della storia gli uomini hanno troppe volte agito contro l’umanità, troppe volte non hanno pensato di appartenere ad un'unica famiglia umana. E a ricordarlo ai governanti e al mondo intero, ci sono stati - sempre - i pontefici, rappresentanti della Chiesa e del suo Vangelo di Pace. Ultimo, Papa Francesco, che all'Angelus di ieri ha ribadito forte: “La guerra! Più volte abbiamo pregato che non venisse invocata questa strage. E non smettiamo di parlare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente".
Nel corso della storia della Chiesa, dell’umanità i pontefici si sono fatti portatori sempre del Messaggio di Pace di Cristo fra gli uomini. Cerchiamo di fare, allora, un piccolo viaggio nella storia per ricordare le parole, i gesti che ci hanno lasciato in eredità: parole che hanno segnato la storia universale e che hanno avuto come oggetto la distruzione che la guerra reca con sé.
Cominciamo con Leone XIII, rimasto famoso come il pontefice della “questione sociale”, il papa dell’enciclica “Rerum Novarum”. Ma, oltre a questo fondamentale documento della Chiesa, c’è ne uno troppo volte dimenticato, a firma di papa Pecci: è la lettera apostolica “Principibus populisque universis”, del 1894, nella quale furono rappresentate forti perplessità sul semplice possesso delle armi, prima ancora del loro uso. “Abbiamo davanti agli occhi le condizioni dell’Europa. Già da molti anni si vive una pace più apparente che reale. Colte da sospetti reciproci, quasi tutte le nazioni si affannano nella gara febbrile agli armamenti. I giovani sono spinti alla vita militare: nel fiore degli anni e delle forze, sono costretti ad abbandonare la coltura dei campi, lo studio, il lavoro per prendere le armi. Le finanze degli Stati sono esauste per gli enormi dispendi. Questo stato di pace armata è divenuto intollerabile”.
Benedetto XV, nell’enciclica “Ad Beatissimi Apostolorum Principis”, del 1914, rilevò come l’Europa in guerra offrisse lo spettacolo più tetro e luttuoso nella storia dei tempi. La Prima Guerra Mondiale era da poco scoppiata e il pontefice sente la necessità di far ascoltare la sua voce: “Il tremendo fantasma della guerra domina dappertutto, e non v’è quasi altro pensiero che occupi ora le menti. Nazioni grandi e fiorentissime sono là sui campi di battaglia. Qual meraviglia perciò, se ben fornite, come sono, di quegli orribili mezzi che il progresso dell’arte militare ha inventati, si azzuffano in gigantesche carneficine? Nessun limite alle rovine, nessuno alle stragi: ogni giorno la terra ridonda di nuovo sangue e si ricopre di morti e feriti. E chi direbbe che tali genti, l’una contro l’altra armata, discendano da uno stesso progenitore, che sian tutte della stessa natura, e parti tutte d’una medesima società umana?”.
Il pontificato di Pio XI nacque sotto il delicato momento storico della cosiddetta “crisi” tra le due guerre mondiali. Nell’enciclica “Ubi Arcano Dei”, del 1922, Pio XI dichiarò che la pace, sottoscritta tra i belligeranti dell’ultima guerra, fosse stata scritta soltanto nei trattati, ma non ricevuta nei cuori degli uomini. E la storia gli darà ragione: nel 1939 scoppierà, infatti, il secondo conflitto mondiale.
Seconda Guerra Mondiale e Pio XII: la voce della Chiesa, oltre che nell’enciclica “Summi Pontificatus” del 1939, si dipanò in tutto il mondo grazie - soprattutto - ai radiomessaggi che il pontefice dedicò al tema della guerra e della pace. Radiomessaggi con i quali il Papa parlò al mondo, ai governanti. 24 agosto 1939, un giovedì: Pio XII parla alle sette della sera dal Palazzo pontificio di Castel Gandolfo, tramite Radio Vaticana. Il cuore del suo radiomessaggio, indirizzato al mondo intero, divenne una delle frasi simbolo del suo pontificato: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onorevole successo”. Non fu ascoltato. Ancora una volta la guerra era entrata nel mondo.
Molti anni dopo, un altro pontefice fece della pace uno dei temi fondamentali del suo pontificato. Stiamo parlando di Giovanni XXIII. E’ l’epoca della Guerra Fredda tra USA E URSS: il mondo viveva sull’orlo del terzo conflitto mondiale. Nel 1963, viene pubblicata l’enciclica “Pacem in Terris”. Nell'enciclica, il pontefice si rivolge a “tutti gli uomini di buona volontà”, credenti e non credenti, perché la Chiesa deve guardare ad un mondo senza confini e senza "blocchi", e non appartiene né all'Occidente né all'Oriente. “Cerchino, tutte le nazioni, tutte le comunità politiche, il dialogo, il negoziato”. E, il negoziato fu trovato tra i due capi di stato John Fitzgerald Kennedy e Nikita Kruscev: il terzo conflitto mondiale fu scongiurato.
Fra gli ultimi pontefici, non possiamo dimenticare Giovanni Paolo II. Il 2 agosto 1990 le truppe irachene, guidate da Saddam Hussein, attraversano il confine e rapidamente occupano il Kuwait, un piccolo Paese con ricche riserve petrolifere. Dopo l’invasione, l’emiro del Kuwait chiede l’intervento degli Stati Uniti. Il 29 novembre il Consiglio di sicurezza dell'Onu approva la risoluzione numero 678, con cui autorizza, a partire dal 15 gennaio 1991, l'uso di tutti i mezzi necessari per costringere l’Iraq a ritirare le proprie truppe dal Kuwait. Scaduto l’ultimatum, una coalizione guidata dagli Stati Uniti avvia le operazioni militari. È la notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1991.
Si apre la più imponente operazione militare internazionale dalla Seconda Guerra Mondiale. Giorni prima dell’intervento della coalizione guidata dagli Stati Uniti, Papa Giovanni Paolo II lancia numerosi appelli per la pace nel Golfo Persico. Il 12 gennaio del 1991, nel discorso rivolto ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, afferma che “la pace è ancora possibile”: “L’ora è più che mai quella del dialogo, del negoziato, della preminenza della legge internazionale”. Il 15 gennaio scrive due messaggi indirizzati ai presidenti di Iraq e Stati Uniti.
Parole e gesti per la pace che - come si è compreso - si ripetono nel corso della storia universale e la fratellanza fra gli uomini rimane l’unica via possibile per una pace duratura. Bisogna sognarla perché “la pace è un sogno e può diventare realtà, ma per costruirla bisogna essere capaci di sognare”. Parola di Nelson Mandela.
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