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Sopravvissuta ai nazisti, mi sono commossa col Papa

Redazione Andrea Cova
Pubblicato il 11-03-2019

Molte persone di Assisi, religiosi e non, si mossero per aiutare i tanti ebrei nascosti in città: Monsignor Giuseppe Placido Nicolini, Padre Aldo Brunacci, Padre Rufino Nicacci, Gino Bartali che faceva la staffetta per consegnare i documenti falsi stampati dai tipografi assisani Luigi e Trento Brizi, riconosciuti Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme.


Tra il '43 e il '44 insieme alla sua famiglia ha vissuto ad Assisi da clandestina. Anche lei come altri ebrei è sfuggita alle persecuzioni nazifasciste grazie all'aiuto della chiesa? Si è dovuta travestire anche lei da suora?

Io e la mia famiglia siamo arrivati ad Assisi da clandestini per nasconderci dalle persecuzioni antiebraiche. Non mi sono dovuta travestire da suora, ma il ruolo della chiesa è stato comunque fondamentale. La mattina dopo che siamo giunti ad Assisi abbiamo incontrato in piazza un amico ebreo padovano come noi, che ci ha informati sull’opera di aiuto agli ebrei di Assisi organizzato dal vescovo. Dopo esserci rivolti personalmente a lui, ci ha indicato la persona che ci avrebbe fornito i documenti falsi e ci ha anche aiutato a trovare un appartamento in via Borgo Aretino, dove abbiamo vissuto per ben sessant’anni.


Da anni lei vive a Roma. Che rapporto ha mantenuto con la città di Assisi e cosa rappresentano per lei le figure di Francesco e Chiara?

Anche se dal punto di vista religioso per me non rappresentano nulla, umanamente parlando sono delle persone sante, che avevano una comprensione per gli altri e un senso di aiuto verso il prossimo, senza mai chiedere niente in cambio. Ho mantenuto un rapporto strettissimo con la città di Assisi per questo vi torno tutte le estati. Fino al 1997, anno del terremoto, ho continuato a tornare nella mia casa d’infanzia a Borgo Aretino. Il terremoto, purtroppo, ha rovinato la casa, e non potendo provvedere ai lavori di ristrutturazione, da allora, nei mesi di luglio e agosto, soggiorno in un albergo nella stessa via.


Ci parli del suo incontro con papa Francesco: com’è stato? Cosa ha provato?

L’emozione è stata tale che non mi ricordo nemmeno cosa ci siamo detti. È stato un incontro notevole. Quando lui è entrato in sala sono stata presentata dal vescovo e lui ha detto due parole molto carine, ma poi è dovuto andare alla conferenza, ed è andato a sedersi. Una volta finita la conferenza è venuto spontaneamente da me, attraversando tutta la sala. Non me lo aspettavo assolutamente. Ha voluto avere un po’ di ragguagli sulla storia, con un forte senso di fraternità. La mia impressione è stata eccellente.


In un periodo d’intolleranza religiosa e razziale, come quello in cui viviamo: che messaggio vuole lanciare ai giovani?

E che messaggio vuole lanciare ai giovani! Oggi che ognuno fa quello che vuole! Siamo tutti esseri umani, e siamo tutti uguali, ebrei, cattolici e musulmani, dovremmo cercare di andare d’accordo e di capire ognuno la posizione dell’altro. La gente non sa niente, la cosa da augurarsi è che ci sia una reciproca conoscenza di tutte le religioni e non solo di quelle monoteiste, è che da questa conoscenza si sviluppi un senso di fraternità che ora, purtroppo, manca ancora.

Fausto Belia

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