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Simone Cristicchi: In scena le mie esperienze

Elisabetta Reguitti simonecristicchi.it
Pubblicato il 22-04-2022

Opera teatrale per voce e orchestra

Come non sentirsi in colpa di essere artisti in questo tempo? Può davvero un “creativo” dello spettacolo essere d’aiuto? Lo abbiamo chiesto a Simone Cristicchi, cantautore, attore e scrittore, in una conversazione che corre lungo i binari delle parole “inferno” e “paradiso” e nulla accade per caso, all’indomani del suo debutto romano con Paradiso. Dalle tenebre alla luce. Cristicchi, a partire dalla cantica dantesca, scrive e interpreta Paradiso. Dalle tenebre alla luce, opera teatrale per voce e orchestra sinfonica, racconto di un viaggio interiore dall’oscurità alla luce, attraverso le voci potenti dei mistici di ogni tempo, i cui insegnamenti, come fiume sotterraneo, attraversano i secoli per arrivare con l’attualità del loro messaggio, fino a noi.

«Il compito dell’essere umano è dare alla luce se stesso, cercando dentro all’Inferno – che molto spesso è da lui edificato – barlumi di Paradiso: nel respiro leggero della poesia, nella magnificenza dell’arte, nelle scoperte della scienza, nel sapientissimo libro della Natura. Con il coautore Manfredi Rutelli, ho cercato di sviscerare il concetto di “paradiso” in tutte sue sfaccettature: dalla ricerca millenaria dell’Eden perduto – il mito universale più diffuso in tutte le culture del mondo – fino all’insuperato capolavoro dell’intera Commedia, il trentatreesimo canto, del quale ho musicato i primi versi: l’Inno alla Vergine Madre. La tensione verso il Paradiso è metafora dell’evoluzione umana, slancio vitale verso vette più alte, spesso inaccessibili: elevazione ed evoluzione».

Il viaggio di Dante dall’Inferno al Paradiso è un cammino iniziatico, dove la poesia diventa strumento di trasformazione da materia a puro spirito, e l’incontro con l’immagine di Dio è rivelazione di un messaggio universale, che attraversa il tempo e lo vince. Paradiso non è uno spettacolo su Dante e il suo affascinante iter nel terzo regno ultraterreno della sua Commedia. Non c’è l’imponente architettura, né gli incontri con i suoi personaggi. Eppure, proprio grazie ai versi memorabili e alle universali intuizioni del sommo poeta, Paradiso diventa un viaggio iniziatico nella parte più sottile e profonda dell’essere, un tentativo di riconnessione con la parte più autentica che ci abita, quella scintilla divina che ci permetta di trasumanar.

Un titolo più che mai metafora dell’attualità, salvo che la luce sembra molto lontana…
Ogni debutto è faticoso ma la partecipazione del pubblico a questo spettacolo è davvero straordinaria. È stato abbastanza difficile per me decidere se portare a termine questo progetto, perché eravamo appena usciti dal buio dell’isolamento di una pandemia che ha coinvolto il fisico e ora ci ritroviamo in una guerra: una malattia che attiene all’inferno interiore insito in ognuno di noi nell’eterna lotta fra il bene e il male. Il cammino verso il Paradiso è una metafora dell’evoluzione umana e un’esortazione a guardare in alto. Verso le stelle. Come suggerisce il Sommo Poeta che usa proprio le stelle come sigillo.

Cosa l’ha convinta?
La volontà e la convinzione di poter fare qualcosa per promuovere anche il bene. Non senza l’imbarazzo di chiedermi come in questo momento – mentre si sta manifestando l’inferno in terra – io potessi salire sul palcoscenico in teatro. Allora mi sono posto la domanda se un artista possa o meno svolgere un compito “superiore”. La risposta è stata “sì”.

Sì, intende anche come rispondere all’orrore con dei semi di bellezza?
Esattamente. I teatri sono come bombole di ossigeno dove ognuno di noi può fare i conti con la propria interiorità. L’arte è nutrimento dell’anima, della nostra anima. Personalmente vivo ciò che faccio come una missione; i miei spettacoli non sono mai consolatori ma in questo ultimo lavoro si esce con un senso di leggerezza e spero riflessioni che portano a ricercare il bene dentro di noi. Non è semplice intrattenimento.

Partendo dall’ultima cantica dantesca: inizia il suo viaggio interiore tra canzoni, monologhi e momenti di riflessione per parlare di spiritualità e del mistero della vita oltre la morte. Lei affronta la Divina Commedia attraverso il suo punto di vista.
In scena racconto le esperienze più intime e toccanti che ho vissuto. Ho scelto di mettermi a nudo e sono semplicemente me stesso. Senza alcuna maschera. Raccontando esperienze molto personali. Un percorso di crescita personale verso il pubblico con cui condivido senza filtri. Porto in scena la mia testimonianza. Con profondo rispetto aggiungo: san Francesco insegna e anche io nel mio piccolo vorrei morire contento.

A ridosso della pandemia è uscito con il libro “HappyNext: alla ricerca della felicità” il suo sembra un continuo cammino esistenziale che si esprime in creatività artistica.
Allora mi ero chiesto cosa potessi fare durante la quarantena, che ruolo potevo svolgere. Ho sfruttato il tempo di sospensione per creare. Ho usato quel tempo per metterlo a frutto oltre a fare compagnia alle persone.

Anche il teatro può essere di compagnia alle persone. Eppure è un settore che sembra non riuscire a ripartire.
Da oltre due anni è in grave sofferenza; è una fetta del mondo del lavoro che più ha risentito. Molte sale hanno chiuso per sempre. C’è ancora molta diffidenza e paura tra le persone a rientrare nell’ordine della normalità. Resta un mondo penalizzato e poco sostenuto. Il teatro ha una sua sacralità, si tratta di una liturgia che dura da millenni; non è solo puro spettacolo dal vivo. Un teatro che non riapre è una ferita che può rimarginarsi solo con la presenza del pubblico.

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