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Rischi e libertà , quali confini

Franco Venturini Unsplash
Pubblicato il 09-09-2021

La tensione tra democrazia e sicurezza

La democrazia liberale, bombardata dai social network e dal ruolo cruciale del web nelle consultazioni elettorali, è ancora in grado di percepire e di non sottovalutare i rischi per la nostra sicurezza? Quanto è solida la democrazia dell' Occidente davanti agli attacchi cibernetici, alle guerre virtuali, alle nuove minacce tecnologiche che dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del confronto tra i blocchi si sono affiancati, senza sostituirli, al terrorismo, alle migrazioni incontrollate, alle guerre civili, alle non sempre prevedibili esplosioni di violenza? Il fatto stesso che questi interrogativi fondamentali esistano, e che le opinioni pubbliche delle democrazie liberali si orientino sempre più verso quella improvvida «fine della Storia» che Francis Fukuyama ritenne di poter proclamare davanti alle rovine del Muro, rendeva già da tempo necessaria oltre che utile alle citate opinioni pubbliche una riflessione sul rapporto tra democrazia e sicurezza, sulle sue origini, sulla sua evoluzione, sulle questioni che esso pone oggi e porrà domani. Angelo Panebianco, professore emerito di Scienza politica e ben conosciuto dai lettori del «Corriere» per i suoi editoriali, risponde ora a questa esigenza con la formula di un gruppo di studio con diverse specializzazioni costituitosi nel 2018 all' interno dell' Associazione il Mulino. Una impresa difficile ma riuscita, di grande interesse per chi vuole sapere e capire di più, a prescindere dalle opinioni personali, su un tema che non si è mai riusciti a infilare davvero sotto il tappeto. È lo stesso Panebianco, nel volume Democrazia e sicurezza.

Società occidentali e violenza collettiva da lui curato per il Mulino, a sottolineare come la coesistenza tra ragion di Stato e democrazia susciti tensioni legate alla paura e al bisogno di protezione. L' autore si sofferma sulla «giustificazione pubblica del regime democratico, fonte della sua legittimità e della pretesa di obbedienza e di lealtà dei cittadini», ma sottolinea anche, al di là dei diversi processi storici che hanno dato vita a diverse democrazie, l' esistenza di tensioni tra principio liberale e principio democratico, tra protezione dei diritti individuali e regola di maggioranza. La collisione tra i due fattori è sempre in agguato, malgrado il patto di scambio («obbligazione politica») tra protezione e obbedienza. Panebianco prende atto del «riflusso democratico» oggi in atto nel mondo, e non esclude che anche le democrazie liberali consolidate, come quelle occidentali, possano entrare in una fase di decadenza e di turbolenza. Le argomentazioni dell' autore meritano beninteso una più attenta e meno sintetica lettura, anche quando il discorso tratta di diritti umani in contrasto con interessi economici e poco mobilitanti nelle opinioni pubbliche. Ne risulta che processi burocratici e tecnocratici sono sicuramente all' opera anche quando è in gioco la sicurezza. Le eredità storiche nella nascita delle democrazie, nella formazione degli Stati nazionali e nei concetti di sicurezza sono poi al centro dello scritto di Massimo Mori, che affronta anche il difficile tema delle guerre giuste e quello della differenza, diventata labile, tra guerra offensiva e guerra difensiva. Dalla prospettiva giusnaturalistica dell' Ancien Régime a quella dello Stato nazionale moderno, Mori disegna passo passo una evoluzione per molti versi illuminante. Di alto livello sono anche i contributi che seguono e che affrontano aspetti diversi del tema scelto dal gruppo di lavoro.

Eugenia Baroncelli si occupa di sondaggi e di opinione pubblica, segnalando l' emergere di nuove paure, che dopo la crisi del 2008 e nella pandemia attuale diventano paure economico-finanziarie o paure sanitarie-occupazionali, emarginando almeno parzialmente le questioni di sicurezza nazionale. Fabrizio Coticchia si occupa del ruolo dei Parlamenti e dei rapporti tra Parlamenti e governo nella prospettiva dell' uso della forza, ricordando, a titolo di esempio valido per molte democrazie, quel voto della Camera dei Comuni che nel 2013, per la prima volta dai tempi dell' impero, bocciò l' ipotesi di un intervento britannico in Siria. Chiara Ruffa si dedica all' esame delle organizzazioni militari nelle democrazie e al tema centrale delle regole del mondo in divisa. Filippo Andreatta e Michele Chiaruzzi analizzano brillantemente come può cambiare il sistema internazionale nel quale le democrazie occidentali sono chiamate ad agire, quello bipolare della Guerra fredda, quello unipolare del dopo-Muro e quello multipolare imperfetto dei tempi nostri. Francesco Niccolò Moro affronta il tema scottante delle guerre civili, e qui sono numerosi i rimandi a situazioni a noi vicine e ben note, dalla Libia all' Ucraina, a quel che resta delle guerre balcaniche, con il leninista «Che fare?» che sempre si pone alle democrazie. Francesco Strazzari evoca l' impatto del terrorismo e della criminalità organizzata, Maurizio Ambrosini scrive di controllo dei confini con annesse complicazioni. Luca Lambertini studia il rapporto tra economia e sicurezza e Giampiero Giacomello esamina gli sviluppi dell' industria degli armamenti. Last but not least, Giulio Napolitano affronta le diverse strategie poste in essere da Europa e Usa per il controllo degli investimenti esteri diretti nel nuovo clima di competizione, e torna con sagacia sul tema del multipolarismo emergente. Questo volume, in definitiva, è un efficacissimo promemoria. Che guardando indietro, alla Storia, si proietta avanti e lancia qualche avvertimento. (Corriere della Sera)

 

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