Recuperiamo borghi e casali, la nostra identità culturale
Il piano di Franceschini a favore di centri spopolati ed edifici rurali
«Ciò che prima poteva essere solo un obbligo, recuperare beni che rischiamo di perdere per sempre, oggi diventa una grande risorsa economica». Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha partecipato sabato 20 marzo al XXV convegno nazionale dei delegati e volontari del Fai presieduto da Andrea Carandini. E in quell' occasione ha annunciato le sue proposte inserite nel Recovery Plan e che riguardano proprio il tema affrontato nel convegno: l' ambiente italiano come frutto dell' intervento dell' uomo nel contesto della natura. In quell' occasione, Franceschini ha indicato due cifre molto precise: un miliardo di euro per il recupero e il riuso di tanti borghi spopolati o addirittura abbandonati nelle aree interne, soprattutto sulla dorsale appenninica. E poi 650 milioni di euro per il restauro dell' immenso patrimonio costituito dall' edilizia rurale: casali, depositi agricoli, rustici molto spesso abbandonati, prossimi alla distruzione. Un piano complessivo per ridare vita a quella parte d' Italia lontana sia dai grandi centri che dalle coste marine, la più soggetta all' abbandono da parte delle nuove generazioni che non trovano più occasioni di lavoro e prospettive di una futura vita.
Spiega Franceschini: «Il Covid ci ha costretto a cambiare stili di vita e a compiere scelte nuove. Quando l' emergenza finirà, probabilmente torneremo alle vecchie abitudini. Ma è possibile che conserveremo anche numerosi aspetti della nostra "nuova" quotidianità. Penso alla possibilità di lavorare dove si vuole, anche lontani dalle città e in zone dove si può felicemente vivere in contatto con la natura e il paesaggio». Di qui l' idea di proporre un contributo al restauro dell' edilizia rurale anche in mano privata (ovviamente a patto che si sia proprietari di quel bene entro la fine del 2020 per evitare acquisti dell' ultimo momento, ovvero speculazioni, dopo il varo del progetto). Un sostegno che passerebbe, nelle intenzioni di Franceschini, attraverso le amministrazioni comunali e che vedrebbe un accordo tra il dicastero della Cultura e quello delle Politiche agricole retto dal ministro Stefano Patuanelli. Si tratta di quelle costruzioni che tutti noi vediamo viaggiando in autostrada o su un treno. Tracce di una civiltà agricola che spesso hanno perso il tetto o una parete, o sono vicine al crollo. Dice ancora Franceschini: «È un tesoro che rischia di scomparire per sempre nel giro di pochi anni se non si interviene ora. Non dovrebbero esserci vincoli d' uso: potrebbero restare manufatti destinati all' agricoltura oppure trasformarsi in abitazioni, in uffici, agriturismi, ristoranti, in sedi di aziende. Naturalmente sarà indispensabile assicurare la banda larga, in questo caso».
L' intervento punterebbe anche alla salvaguardia e al ripristino della qualità paesaggistica del territorio e, parallelamente, al rafforzamento delle economie rurali locali sempre più deboli, favorendo anche modelli di turismo sostenibile nelle aree interne e nei piccoli centri. Aggiunge Franceschini: «È ovvio che un meccanismo del genere aiuterebbe a salvaguardare il recupero di lavori e mestieri tradizionali legati al mondo agricolo, cioè il nostro patrimonio culturale immateriale importante quanto quello materiale». Lo stesso discorso, in parallelo, riguarda il progetto borghi. Secondo il Censis (ricerca del 2017) i borghi italiani abbandonati, inclusi gli alpeggi, sono 6.000. Da tempo associazioni come «Italia nostra», in molti documenti, chiedono per un simile patrimonio «rigenerazione, tutela, messa in sicurezza, infrastrutture, sviluppo». Ora arriva il miliardo di euro inserito da Franceschini nelle proposte per il Recovery Plan.
Chiarisce il ministro: «Come per il patrimonio rurale, anche per i borghi i finanziamenti passeranno per le amministrazioni comunali. Però con l' obiettivo di sostenere il recupero anche dei beni privati: per riattivare un borgo non basta restaurare il municipio o la chiesa ma è indispensabile rendere fruibili le abitazioni private». E aggiunge un suo personale desiderio: «Mi piacerebbe identificare due o tre borghi particolarmente strategici, magari vicini a un aeroporto, da restaurare, digitalizzare e mettere a disposizione di qualche grande azienda internazionale che voglia scommettere su una localizzazione completamente nuova nel cuore del nostro Paese. Sarebbe uno straordinario esempio-pilota destinato, ne sono sicuro, ad avere fortuna e a ripetersi. E penso infatti, come paragone, ai tanti hotel diffusi realizzati proprio in borghi disabitati da tempo, restituiti a nuova vita e apprezzati da una clientela internazionale». La filiera delineata da Franceschini si inserisce in un' altra prospettiva che nell' era pre-Covid stava diventando una necessità: lo sviluppo del turismo sostenibile e alternato per alleggerire la pressione sul «triangolo» affollato da milioni di visitatori (Venezia-Firenze-Roma). Ora l' emergenza sanitaria ha cancellato tutto, lo sappiamo: e alla ripresa anche il turismo cambierà volto. Ma una nuova offerta, lontana dal mordi-e-fuggi, attirerà prevedibilmente un pubblico ormai disabituato alle resse. (Corriere della Sera)
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