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Quando Halloween profumava di agrumi di Sicilia

Antonio Tarallo pixabay.com
Pubblicato il 31-10-2019

Le origini della Festa dei morti nella regione

"Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio. Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa".

Davvero spassoso, con la sua prosa sempre vivace e ricca, questo passo tratto da "Racconti quotidiani" del noto scrittore siciliano Andrea Camilleri (Mondadori, 2001). Ma questa variopinta descrizione che Camilleri fa, non riguarda certamente quella che per molti, ormai, oggi, è la festa di Halloween. Una festa che, ormai, è entrata in maniera prepotente nella società italiana, già da diverso tempo. Non vogliamo indagare sugli aspetti sociali, sull'impatto che questa ha avuto sulle nostre tradizioni. Non vogliamo indagare su quanto - seppur in un gioco fanciullesco - questa festa possa, in un certo modo, far passare magari messaggi non propriamente educativi. Preferiamo, piuttosto, soffermarci, su qualcosa che viene dimenticato: le nostri radici popolari.

Diciamoci la verità: in fondo, "la festa stelle e strisce" (anche se l'origine storica è da trovarsi nelle leggende celtiche d'Irlanda, ed era di ben altra natura) non è altro che un altro grande fenomeno del consumismo dilagante. Ne troviamo tante, di feste del genere, disseminate durante tutto l'arco dell'anno. Quindi, senza ipocrisia, possiamo ben dire che zucche, travestimenti e "altra occorrenza", si inseriscono in un contesto sociale in cui poco importa la riflessione del "perchè", piuttosto conta il "come": e il come, si sa, è di natura commerciale, non c'è dubbio. Il denaro (dono prezioso - sia chiaro, quando bene veicolato, quando serve al progresso dell'Uomo, per intenderci) diventa l'unico dio pagano da festeggiare, questo è il nocciolo della questione.

Ma ritornando alle parole dello scrittore Camilleri, a quella tradizione popolare nostrana, lontana nel tempo, è interessante notare quanto quello che la globalizzazione festeggerà stasera, non ha alcuna grande così grande "novità". Unica differenza il giorno del calendario: invece di essere la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, accadeva il tutto in altra notte, quella tra il 1 e il 2 novembre.

La "Festa dei Morti" in Sicilia, risale al X secolo. Si narra che anticamente nella notte tra l'1 ed il 2 novembre i defunti visitassero i cari ancora in vita portando ai bambini dei doni. Oggi questi doni vengono acquistati dai genitori e dai parenti nelle tradizionali "fiere", che si svolgono in molte parti della Sicilia. Qui vi si trovano bancarelle di giocattoli e oggetti vari da donare ai bambini, che vengono poi nascosti in casa e trovati da quest'ultimi, al mattino presto:una sorta di caccia al tesoro. Oltre a giocattoli di ogni sorta, esiste l'usanza di regalare scarpe nuove, talvolta piene di dolcetti, come i particolari biscotti tipici di questa festa: i crozzi 'i mottu (ossa di morto) o i pupatelli ripieni di mandorle tostate, i taralli ciambelle rivestite di glassa zuccherata, i nucatoli e i Tetù bianchi e marroni, i primi velati di zucchero, i secondi di polvere di cacao. Frutta secca e cioccolatini, accompagnano 'U Cannistru', un cesto ricolmo di primizie di stagione, frutta secca altri dolciumi come la frutta di martorana ei Pupi ri zuccaru statuette di zucchero dipinte, ritraenti figure tradizionali come i famosi Pupi siciliani, quelli ritratti nei famigerati "carretti". Tradizione esclusivamente palermitana, vengono chiamati “pupi a cena” o “pupaccena”, per via di una leggenda che narra di un nobile arabo caduto in miseria, che li offrì ai suoi ospiti per sopperire alla mancanza di cibo prelibato. In alcune parti della sicilia viene preparata la muffoletta, pagnottella calda appena sfornata "cunzata", la mattina nel giorno della commemorazione dei defunti, con olio, sale, pepe e origano, filetti di acciuga sott'olio e qualche fettina di formaggio primosale.
Insomma, come dice il libro del Qohelet, "niente di nuovo sotto il sole".

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