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PERSEGUITATI. CHI UCCIDE I CRISTIANI? CRISTIANESIMO IL CULTO PIU' ODIATO

Redazione online
Pubblicato il 28-03-2017

Le persecuzioni sono quotidiane: discriminazioni nei luoghi di lavoro e studio, riduzione in schiavitù, sfruttamento sessuale,

Il saggio "Perseguitati"  di Nello Scavo, reporter internazionale e cronista giudiziario di Avvenire, propone in copertina domande e dati che vengono poi sviscerati all'interno del libro: Chi uccide i cristiani? Perchè il cristianesimo è oggi il culto più odiato del pianeta? Perchè non sarà più la religione maggioritaria nel mondo?
Il 75% delle violenze perpetrate contro una religione riguarda oggi i cristiani. Tra novembre 2015 e ottobre 2016 sono stati assassinati 7.100 cristiani. Nel mondo vengono uccisi ogni mese 322 cristiani, più di dieci al giorno. Le comunità cattoliche, protestanti e ortodosse attaccate sono state oltre 2400, più del doppio rispetto all'anno precedente.



Vi proponiamo un estratto dell'introduzione al volume:
Le persecuzioni sono quotidiane: discriminazioni nei luoghi di lavoro e studio, riduzione in schiavitù,  sfruttamento sessuale, prelievo coatto di organi, prigionia e torture, sparizioni, furti di bambini a scopo di adozione o pedofilia, condanne a morte, pulizia etnica, massacri e molto altro.

Quasi mai la religione è il movente reale dei pogrom. La fede è un pretesto per bieche operazioni di potere. A tal punto che i perseguitati in Asia diventano persecutori in Africa, come i cristiani – per fare un solo esempio – che uccidono i musulmani nella Repubblica Centrafricana, dove papa Francesco ha aperto il Giubileo della Misericordia l’8 dicembre 2015. Oppure, all’inverso, gli islamici che brandiscono i machete in Nigeria, ma vengono deportati in Cina.


Questa inchiesta sul campo vuole raccontare quale sia la condizione di chi in ogni angolo del mondo viene discriminato, ostracizzato, vessato o ucciso per la sola ragione di pregare un “altro Dio” o, semplicemente, per il reato di possedere e praticare una fede, una qualsiasi. L’indagine si dipana in una serie di reportage legati fra loro da un denominatore comune: in oltre un terzo del pianeta appartenere a una comunità religiosa è il maggior rischio che un essere umano si possa prendere.

A farmi viaggiare in varie parti del mondo non sono stati i dati o le analisi (che pur non mancheranno in questa inchiesta e che, anzi, sono indispensabili per fornire la misura del fenomeno), ma il desiderio di raccontare storie vere di persecuzione e discriminazione: quelle di chi è stato giustiziato e di chi, nel silenzio o nonostante le proteste inascoltate, resiste. Di chi è schiavo o prigioniero. E di chi è stato fatto sparire.


Ci sono molte domande a cui dare risposta: i gruppi religiosi ricevono clandestinamente aiuti dall’esterno? In che modo? Chi sono i missionari che clandestinamente attraversano i confini per portare conforto e istruzioni ai perseguitati? Come si svolge la vita di chi non ha più notizie di un proprio caro trascinato via dalla polizia o dalle squadracce? Dove sono finiti i bambini cristiani rapiti in Africa, India o in Pakistan? Ci sono responsabilità politiche?

Volevo vedere e raccontare come vive un perseguitato, come si svolge la sua giornata, quali precauzioni prende, in che modo pratica clandestinamente la sua fede, quali e quante intimidazioni subisce la comunità a cui appartiene.


E poi l’esistenza delle catacombe del terzo millennio: come sono fatte, come sono organizzate. Quale ruolo hanno i ragazzi che usano internet e vecchi telefoni cellulari per comunicare senza farsi intercettare: sono gli “007 della fede”, che attraversano illegalmente confini o si camuffano da turisti, studenti fuori sede, uomini d’affari, per mantenere i contatti e finanziare le comunità cristiane più isolate e oppresse (in Cina, Corea del Nord, Vietnam, Laos, Transnistria, Bielorussia, Indonesia...).

Negli ultimi anni sono stato di persona in alcune delle regioni a maggiore tasso di oppressione e ho incontrato centinaia di perseguitati nel Sudest asiatico, in America centrale e del Sud, nel Corno d’Africa (Somalia, Kenya, Etiopia), in Siria, in Turchia e nei Balcani, nei Paesi dell’ex urss. Ho raccolto materiale sui prigionieri cinesi (soprattutto cristiani e islamici) condannati a morte dopo che i medici hanno decretato la compatibilità dei loro organi con quelli di ricchi imprenditori o funzionari in attesa di trapianto.

Per non dire della penisola del Sinai, dove gli immigrati eritrei cristiani vengono ridotti in schiavitù oppure deportati in ambulatori di fortuna dove vengono uccisi; i loro organi prelevati e i corpi abbandonati nelle fosse comuni. Sono contadini, operai, docenti universitari, ex leader politici, scrittori, poeti, studenti, artisti. Non c’è fascia sociale che sia immune alle persecuzioni, tanto tra le vittime quanto tra i carnefici. Con molti di essi sono in contatto e quasi ogni anno ci incontriamo a Praga o Budapest presso la fondazione Forum 2000 fondata da Václav Havel.

Nel corso di questa lunga avventura ho raccolto testimonianze, documenti e atti top secret che confermano l’esistenza di piani per la sistematica eliminazione dei credenti  – soprattutto cristiani – allo scopo di eliminare comunità che possono destabilizzare gli assetti di potere in molte dittature e alcune finte democrazie. I dati dicono che in questi paesi sono in crescita esponenziale i “desaparecidos di Dio”:

in Angola, Nigeria e Congo, ma anche in Turchia, Iraq, Siria, Kurdistan, in America Latina e nella penisola araba. Il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire. Professare una fede è un rischio; e non solo per i cristiani, che restano comunque il gruppo maggiormente perseguitato.



Al termine di ogni capitolo di questo libro – dedicato a uno specifico paese o continente – il lettore troverà una sezione dedicata all’approfondimento. È un tentativo umile di interpretazione dei fenomeni non solo alla luce delle storie raccontate e di ciò che ho visto con i miei occhi, ma anche di indagini statistiche e notizie attinte da fonti attendibili non colluse con i poteri locali.

Organizzazioni non governative e osservatori indipendenti (come quello dell’università di Oxford) denunciano un crescente disprezzo per la libertà religiosa in centosedici paesi (ovvero il 60% dei centonovantasei stati aderenti  all’onu). Sorprende che solo Cuba, Emirati Arabi Uniti, Iran, Qatar, Taiwan e Zimbabwe abbiano fatto registrare un miglioramento. E si tratta di stati che, in ogni caso, restano un cattivo esempio.

In quattordici dei venti paesi in cui è stato registrato un «elevato grado di violazione della libertà religiosa», le persecuzioni sono rivendicate soprattutto dall’estremismo islamico: Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Negli altri sei paesi, le violazioni sono frutto delle scelte politiche di regimi autoritari: Azerbaigian, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan.




Se l’ambizione dei regimi comunisti era quella di eliminare Dio dalla scena pubblica e privata, arrivando a stabilire – come avvenne in Cambogia con Pol Pot – l’inizio di una nuova era ribattezzata “Anno Zero”, oggi che il comunismo è quasi ovunque solo un retaggio del passato la prospettiva di “terre senza Dio”, oppure con “un solo Dio”, resta uno degli scopi di molti stati, o gruppi, che aspirano a governare intere regioni del mondo.

In vaste aree del Medio e dell’Estremo Oriente inizia a manifestarsi il fenomeno delle nazioni “monoconfessionali”, in cui il gruppo religioso dominante cerca di prevaricare sugli altri, imponendo la shari’a o emanando leggi “antiblasfemia”. L’affermazione dello Stato islamico in Iraq e Siria è l’esempio più evidente, ma non l’unico. Tentativi analoghi si ripetono in diversi stati dell’India, nelle regioni del Pakistan, in Birmania, Vietnam, Cambogia, Timor, in molte repubbliche caucasiche e in tante province africane.

Il continente americano detiene da sette anni consecutivi il primato degli esponenti cattolici uccisi. Dal 2000 al 2015, secondo i dati in possesso dell’agenzia vaticana Fides, sono stati brutalmente assassinati trecentonovantasei operatori, di cui cinque vescovi.


L’Asia si conferma il continente con il maggior numero di violazioni. Nei paesi in cui vi è una religione maggioritaria si riscontra un incremento del fondamentalismo non soltanto islamico, ma anche indù e, talvolta, buddista. Nell’Asia Centrale, il timore di rivolte sulla scia delle primavere arabe ha provocato un inasprimento delle restrizioni imposte ai gruppi religiosi, islamici compresi.

In Medio Oriente, la “libertà religiosa” diminuisce laddove crescono l’estremismo e il terrorismo. In Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi anni è la crescita del fondamentalismo islamico sotto l’impulso di gruppi jihadisti come al-Qaeda (Maghreb islamico), Boko Haram (Nigeria e Niger) e al-Shabaab (Somalia e Corno d’Africa). Si riscontra, inoltre, un aumento di casi di intolleranza religiosa in Egitto, Libia e Sudan. Non mancano tuttavia esempi di dialogo e cooperazione in territori come il Camerun, la Nigeria, la Repubblica Centrafricana (dove i cristiani non possono dirsi totalmente immuni da responsabilità).

In America del Sud gli ostacoli alla libertà religiosa sono quasi sempre causati dalle politiche di regimi apertamente laicisti o atei, come quelli di Venezuela ed Ecuador, che limitano le attività di tutti i gruppi religiosi, senza alcuna distinzione di credo. A questi si aggiungono gruppi para militari o cartelli della droga che vorrebbero assoggettare i parroci e i pastori protestanti a una “religiosità campesina” che dovrebbe avere l’unico scopo di non disturbare i boss della droga e semmai alimentarne il consenso.



Più vicino a noi, nella Vecchia Europa, sebbene la libertà di culto sia garantita, vi sono stati episodi condannati anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, riguardanti la negazione dell’obiezione di coscienza. Nei Balcani persiste fra l’altro una strisciante contesa religiosa, generalmente da ascrivere ai postumi della guerra nella ex Jugoslavia. Alcune zone (in Kosovo, Macedonia, Serbia, Bulgaria e Romania) non sono immuni da aggressioni violente e omicidi cruenti. L’episodio più grave è avvenuto al confine tra Macedonia e Serbia nel maggio 2005, quando un gruppo di poliziotti represse una manifestazione di albanesi e kosovari musulmani: restarono uccisi quattordici manifestanti e otto agenti. Proprio nelle stesse zone, però, i profughi cristiani siriani hanno potuto ottenere accoglienza e assistenza dai centri islamici, mentre venivano allontanati dalle comunità cristiane ortodosse.

N. Scavo, Perseguitati, Piemme, Milano, 2017, pp. 296.

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