Pasolini e il suo Cristo di tutti i giorni
Cento anni fa nasceva il regista
Le immagini del suo “Vangelo secondo Matteo” sono impresse nella memoria cinematografica; i versi delle sue poesie nella storia della Letteratura; le parole dei suoi saggi critici fissate - per sempre - nelle pagine della storia d’Italia. Pasolini rappresenta un mondo che ancora non è stato del tutto scoperto; un uomo poliedrico dalle mille sfaccettature, che ha fatto dell’arte - nelle sue molteplici espressioni - uno strumento per “incanalare” non tanto la sua vena creativa (seppur prorompente e sempre originale) ma piuttosto la sua “voce” sulle “cose” della storia, della vita. Una voce che studiava i fatti li sviscerava nel profondo, per poi darne una propria visione e soprattutto per far ragionare l’interlocutore che gli si presentava dinnanzi: poco importa se si trattasse di lettore, spettatore di teatro o cinema. Il mezzo artistico era - in fondo - un aspetto secondario. L’importante era dire, ragionare e far ragionare.
Una voce come la sua manca. E tanto. Ed è inevitabile che - in un mondo come il nostro così pieno di contraddizioni - molto spesso ci poniamo la domanda: “Cosa direbbe ora Pasolini?”. Domanda che rimane irrisolta perché Pasolini non è mai stato prevedibile, sempre pronto a dire qualcosa di originale e di profondo che mai avremmo immaginato. E così rimaniamo un po’ delusi perché ogni tipo di previsione risulterebbe alquanto erronea. Sintesi: la sua voce “d’usignolo” manca a tutti, forse anche a chi non lo ha mai celebrato più di tanto.
Pasolini e il sacro, Paolini e la fede: un capitolo, forse, sintetizzato nel suo capolavoro “Vangelo secondo Matteo”, immagini scarne e volti in bianco e nero raccontano la Passione di Cristo in forma poetica e - al contempo - reale, o meglio realistica, tanto da sembrare un doc film dei giorni d’oggi. La sceneggiatura? Le parole semplici del Vangelo, nulla più. Il coraggio di essere fedele alle Scritture risulta così originale ed esteticamente affascinante che i fotogrammi rappresentano tutt’oggi uno dei più affascinanti film sulla vita di Gesù Cristo.
La prima idea di un film sul “Figlio dell’Uomo” venne a Pasolini il 4 ottobre 1962, in un’Assisi in festa per la visita di Giovanni XXIII: il pontefice bergamasco era già stato a Loreto, in un pellegrinaggio di preghiera alla vigilia dell’apertura del Concilio Vaticano II e ora si recava nella città del Poverello. Il regista era stato invitato da un suo grande amico, don Giovanni Rossi, già segretario del cardinale arcivescovo di Milano, beato Carlo Andrea Ferrari, e fondatore dell’associazione «Pro Civitate Christiana».
Quel giorno, il 4 ottobre 1962, l’artista è ad Assisi, ospite della «Cittadella». Nel pomeriggio di quel giorno dedicato alla festa di San Francesco, le strade si riempiono di gente festante attorno al Papa bergamasco. Don Rossi chiede a Pasolini se vuole partecipare, ma egli declina l’invito: la stampa dell’epoca avrebbe “ricamato” non poco sull’incontro. Così il regista trascorre il pomeriggio in camera. Sul comodino trova un libro: è il Vangelo secondo Matteo. Lo legge, avidamente. Nasce l’idea di un film. Annuncia a don Rossi: “Farò un film sul Vangelo di Matteo. L’ho deciso dopo aver letto, sdraiato sulla branda, il libretto che ho trovato sul comodino. Però dovete aiutarmi, io non sono un credente e sono marxista.
Ma non voglio fare nulla che possa offendere la fede”. Da qui nasce il desiderio profondo di documentarsi. Pasolini non vuole sbagliare e così va in Terra Santa; si confronta con i biblisti, approfondendo ogni aspetto della Scrittura, accettando le loro osservazioni e i consigli di molti studiosi di teologia.
Il risultato? Il Vangelo, come quello di Matteo, disegna una figura di Cristo dai tratti profondamente umani: un uomo con moltissimi tratti di dolcezza e mitezza, che però reagisce con rabbia all’ipocrisia e alla falsità; un Cristo che vuole rivoluzionare il “così si è sempre fatto” di una religione operata dai farisei che ne hanno fatto uno strumento di dominio politico e sociale. Un Cristo in carne ed ossa, si potrebbe dire, e un compagno di viaggio nella vita di tutti i giorni.
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