Next Generation Eu, le idee per la cultura
Destinati al settore 8 miliardi: necessario fare squadra
Nell' ultima versione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza - lo schema trasmesso dal governo Conte al parlamento il 15 gennaio su come l' Italia investirà i soldi europei del Next Generation Eu - alla voce «turismo e cultura 4.0» sono previsti 8 miliardi di euro nel contesto della missione da 46 miliardi «Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura». Dopo i passaggi parlamentari e le modifiche, il governo guidato ora da Mario Draghi dovrà presentare formalmente il piano alla Commissione Europea entro il 30 aprile. Nella replica in senato durante il voto di fiducia, Draghi stesso ha affermato come vada «colta l' opportunità del Next Generation per potenziare gli investimenti sul patrimonio culturale, sul capitale umano, sulle nuove tecnologie», definendo la cultura «imprescindibile per la crescita e il benessere del Paese». E raccogliendo il plauso del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che ha parlato di «dovere di promuovere la cultura insieme alla formazione e all' educazione», viste «come chiave di una crescita economica sostenibile». Ma come investire i soldi europei nel settore culturale? Quali gli interventi prioritari per il futuro di un ambito messo a dura prova dalle restrizioni contro il Covid?
Fondi per la cultura potrebbero arrivare non solo in modo «diretto», ma anche da altre voci del Piano, come il rafforzamento delle competenze del personale, o dall' adeguamento ecologico degli edifici che potrebbe interessare anche musei o biblioteche. «Le possibilità sono tantissime. Ma ci dev' essere la capacità di pensare progetti strategici», sottolinea Paola Dubini che insegna Management delle imprese e delle istituzioni culturali alla Bocconi. «Chi svilupperà i progetti deve far leva anche sulle organizzazioni culturali. Queste, dal canto loro, devono dialogare anche con chi si occupa di sviluppo economico e di istruzione». Sfida che raccolgono istituti e fondazioni culturali. «È finito il tempo dell' autoreferenzialità: è venuto il momento di mettere le nostre competenze e il nostro patrimonio, materiale e immateriale, a disposizione di scuola e università», sottolinea Valdo Spini, presidente di Aici, l' associazione che riunisce circa 125 istituti e fondazioni culturali e che la prossima settimana metterà a punto le proprie proposte sul Next Generation. «Un programma di formazione per giovani ricercatori presso istituti e fondazioni culturali, ad esempio, con il riconoscimento anche dell' università, sarebbe un' operazione azzeccata e produttiva. E potrebbe essere esteso a fondazioni e istituti un provvedimento come l' art bonus, il credito d' imposta per chi fa donazioni al patrimonio culturale. Ci sono privati motivati, interessati non solo al restauro di grande visibilità, ma anche alla maturazione di una classe intellettuale nuova nei propri territori».
Quella del Recovery plan «è un' occasione che non possiamo perdere», sottolinea Massimo Osanna, direttore generale dei musei al ministero dei Beni culturali. «Ci vuole una visione di sistema per il patrimonio. Il primo asse è l' estensione della manutenzione programmata a tutti i 450 musei e parchi archeologici statali. Stiamo realizzando un censimento di progetti e interventi, in modo da intercettare i finanziamenti, con un risvolto occupazionale importante: occorreranno tanti specialisti. Sarà la base per qualunque altra azione sui nostri beni culturali, assicurandocene la conservazione, la trasmissione e la fruizione».
A lungo ci si è appiattiti sull' equazione fra valorizzazione del patrimonio culturale e turismo. «Se la funzione della cultura è il dialogo fra i popoli, la scommessa - sostiene ancora Dubini - è capire che si devono attrarre anche ricercatori, studenti, talenti e capitali». Per l' economista della cultura il primo punto su cui investire i fondi europei è un trattamento più equo di chi nella cultura opera: «I mesi della pandemia hanno sollevato il tema della sostenibilità del lavoro culturale». Di sicuro occorreranno professionalità nuove. «Il programma Next Generation Eu mette istruzione e competenze ai primi posti. Senza le persone, non basta mettere tanti soldi né tante buone idee», sottolinea Alessandra Vittorini che dirige la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, istituzione del ministero per la formazione di professionisti del settore. «Già prima del Covid c' era una necessità europea di definire una strategia comune nel campo delle professioni del patrimonio culturale», spiega. Ovvero figure che combinino «i saperi specialistici della preparazione universitaria con competenze trasversali».
Il digitale è uno dei pilastri del Piano. Il rischio da evitare è che sia solo un' etichetta da attaccare su qualche progetto. «Occorre un piano industriale digitale. Non possiamo immaginare semplicemente di digitalizzare collezioni che poi nessuno usa», sottolinea ancora Paola Dubini. «Ci vuole un piano che crei mercati digitali della cultura, uno spazio digitale pubblico, relazioni con lo spettacolo dal vivo, reti fra attività imprenditoriali che connettano il patrimonio, le arti, le industrie culturali». «Alla digitalizzazione del patrimonio stiamo lavorando al ministero con la Digital library diretta da Laura Moro», riprende Massimo Osanna. «Digitalizziamo non solo le collezioni ma tutto il processo, comprese manutenzione e fruizione. Poi abbiamo il progetto del Sistema museale nazionale, piattaforma comune per gli oltre 5 mila musei italiani, pubblici e privati, che consente un approccio rapido e omogeneo».
«Ogni impresa privata profittevole dovrebbe dedicarsi alla promozione di arte e cultura. Per il Paese si tratta non solo di una crescita civile ed etica, ma anche di un' occasione economica e occupazionale». Non ha dubbi Michele Coppola, direttore di Arte, cultura e beni storici di Intesa Sanpaolo: i privati devono giocare un ruolo importante nella ripartenza culturale. «I fondi del Next Generation e, in generale, gli interventi pubblici da soli non bastano. Da parte del privato deve crescere l' assunzione di una forte responsabilità sociale nell' aiutare i soggetti pubblici a promuovere tutte le opportunità di crescita che la cultura rappresenta».
Intesa Sanpaolo, con il suo sistema museale delle Gallerie d' Italia - a Milano, Napoli, Vicenza e presto anche a Torino, con il polo per la fotografia - ha creduto in un meccanismo che dà lavoro a un centinaio di giovani. Altrettanti i restauratori coinvolti dalla banca nel progetto «Restituzioni». «Un modello in cui il privato si affianca al pubblico con le medesime modalità e con lo stesso rispetto del patrimonio artistico e culturale, per portare contenuti e opportunità a tutti». L' editoria è tra i settori che hanno resistito meglio alla pandemia, facendo registrare lo scorso anno, dopo un iniziale crollo, un +2,4% a fine anno (dati Aie). «Ciononostante, rimaniamo uno dei Paesi dove si legge di meno», sottolinea Nicola Lagioia, scrittore e direttore editoriale del Salone del libro di Torino che ha appena annunciato per ottobre, auspicabilmente in presenza, la XXXIII edizione. Con i fondi del Next Generation Eu, spiega Lagioia, si dovrebbe tornare a parlare di legge della lettura. «Un provvedimento quadro che tenga conto di tutti i soggetti: editori, librai, biblioteche, scuole. I temi stessi messi in agenda per il Next Generation, come la transizione ecologica, vanno supportati dal punto di vista culturale se vogliamo che entrino nella sensibilità collettiva». Allo stesso tempo, il libro è un settore in cui anche piccoli investimenti possono portare ampie ricadute. L' altra proposta di Lagioia: un fondo per le traduzioni con meccanismi più snelli degli attuali, anche in previsione del 2024 quando l' Italia sarà ospite d' onore alla Buchmesse di Francoforte: «Supportando la traduzione, il numero di libri italiani pubblicati all' estero esploderebbe: un risultato enorme e a basso costo per moltiplicare la presenza di intelligenza italiana nel mondo».
Fuori dall' Italia (e in questo caso anche fuori dall' Unione Europea), come si muove il settore culturale per ripartire? Gabriele Finaldi, direttore italiano della National Gallery di Londra, ad esempio, ha appena annunciato un massiccio rinnovamento della struttura. Un investimento da 30 milioni di sterline definito «parte della guarigione del Paese», da completare per il 2024, duecentesimo anniversario del museo. «L' arte ha dimostrato di essere vitale per il benessere mentale in questo periodo. Qui nel Regno Unito, come in Italia, arte e cultura hanno un ruolo cruciale nel processo di recupero post pandemia». Motivo per cui, aggiunge, «è il momento giusto per fare un investimento sul museo. Stiamo esplorando tutte le fonti, dalle donazioni private alle raccolte pubbliche, fino ai fondi della Lotteria e del governo». (Corriere della Sera)
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