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Mostra sulla Menorah ai Musei Vaticani e al Museo ebraico di Roma

Redazione online
Pubblicato il 16-05-2017

Si terrà fino al 23 luglio la mostra “Menorà. Culto, storia e mito”. L’esposizione, allestita parallelamente nel Braccio di Carlo Magno dei Musei Vaticani e nel Museo Ebraico di Roma, rappresenta il primo progetto comune tra le due Istituzioni. La mostra racconta la storia della Menorah - la lampada a sette bracci, simbolo identitario del popolo ebraico - attraverso un ricco percorso costellato da circa 150 opere d’arte, tra sculture, pitture, manoscritti e illustrazioni librarie. Luca Collodi di Radio Vaticana ne ha parlato con i curatori dell’esposizione, lo storico dell’arte Francesco Leone, e Arnold Nesselrath, delegato per i Dipartimenti Scientifici e i Laboratori di Restauro dei Musei Vaticani.

R. – La Menorah è il mitico, leggendario, candelabro d’oro a sette bracci che il Signore, sul Sinai, ordinò a Mosè di realizzare in un’unica colata di oro purissimo: quella originaria doveva pesare 35 kg. La Menorah ha una storia plurimillenaria, leggendaria, una sorta di Sacro Graal. Fu collocata nel tempio di Salomone nel X secolo avanti l’era cristiana; fu razziata dai babilonesi e ricostruita dal popolo di Israele al ritorno dall’esilio babilonese. Altre vicende più o meno leggendarie, mitiche, hanno interessato questo manufatto. La Menorah fu poi condotta a Roma dal generale Tito nell’anno 71 A.C. dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme avvenuta l’anno precedente. Ma a Roma il candelabro scompare per sempre, razziato forse dai visigoti di Alarico, forse dai vandali di Genserico, per finire forse a Costantinopoli. Da qui, dal momento in cui la Menorah compare e scompare, a Roma nascono una serie di leggende, miti, di vicende rocambolesche che si prolungano fino a tutto il XX secolo. E dunque Roma era ed è il teatro ideale per realizzare questa mostra.

D. – Professor Nesselrath, cosa vedremo in Vaticano e al Museo Ebraico di Roma?
R. – Ripercorriamo la storia della Menorah. Iniziamo con degli elementi autentici: abbiamo un calco dell’arco di Tito, con il rilievo che dimostra l’arrivo della Menorah a Roma. Abbiamo la pietra di Magdala - una grande sensazione – che è stata trovata solo nel 2009.

D. – Professor Nesselrath, la pietra di Magdala è forse il pezzo più significativo della mostra…
R. – E’ la prima volta che esce da Israele grazie alla concessione dello Stato israeliano. È un rilievo della Menorah realizzato ai tempi in cui stava ancora nel Tempio di Gerusalemme. Con il ritratto, naturalmente, dell’imperatore Tito. C’è un rifacimento cristiano della Menorah che viene dal Santuario della Mentorella, nel Lazio. Abbiamo appena disimballato il grande candelabro di Pandabor che è un esempio di come la cristianità ricordava, attraverso i candelabri a sette bracci, le radici ebree. Il simbolo ebreo diventa infatti anche un riferimento cristiano: e questo è un elemento importante rintracciabile in tutta la mostra. Perché in un momento in cui le guerre si giustificano con le religioni, vogliamo far vedere come le religioni non si combattono tra loro ma al contrario si parlino. Un dialogo che può far nascere qualcosa di bello e costruttivo. Per me è stata una grande emozione vedere il manifesto con la Menorah accanto alla facciata di San Pietro. Credo che questo sia un simbolo molto forte che la mostra romana sulla Menorah trasmette. Per noi è importantissimo questo dialogo, questa convivenza. Nonostante la differente prospettiva, vogliamo infatti arrivare a dire che si può costruire insieme, anche con idee diverse.(Radio Vaticana)

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