societa

Le scritte sui muri, specchio di una comunità

Sara Zingarini, Christian Raimo Unsplash
Pubblicato il 03-03-2021

La disputa sui writers e le prossime comunali

Come accade da anni anche le prossime elezioni comunali si profilano già come una battaglia tutta giocata su decoro e degrado, antimovida e sicurezza urbana. I comitati di quartiere scrivono diffide contro chi dorme per strada, i vigili urbani rastrellano le coperte, i sindaci se la prendono contro i graffitari. Già, uno degli obiettivi polemici di queste campagne elettorali permanenti sono le scritte sui muri e le tag, simbolo per molti della città invivibile. I giornali sono pieni di dagli all' untore contro i writers, e chi difende le scritte sui muri viene considerato un criminale.

Questo conflitto non è nuovo. All' inizio degli anni ottanta ci fu un interessante polemica tra Italo Calvino, in veste di opinioni sta su Repubblica, e Armando Petrucci, uno dei più grandi paleografi del novecento che spesso collaborava con il manifesto e il Corriere. Calvino recensì un saggio di Petrucci, La scrittura. Ideologia e rappresentazione in cui si rifletteva sulle scritte murali dall' antica Roma a oggi e sulla loro dimensione sociale e cultura le. Calvino elogiava il libro, ma poi chiosava il suo pezzo con un risentimento personale: «L' obiezione che mi tenevo nel gozzo fin dal principio è tempo che la tiri fuori. Petrucci insegue un ideale di 'città scritta', di luogo saturo di messaggi articolati in segni alfabetici, che vive e comunica attraverso il depositarsi di parole esposte agli sguardi. Ora è proprio quest' ideale che io non condivido. La parola sui muri è una parola imposta dalla volontà di qualcuno, si situi egli in alto o in basso, imposta allo sguardo di tutti gli altri che non possono fare a meno di vederla o recepirla. La città è sempre trasmissione di messaggi, è sempre discorso, ma altro è se questo discorso devi interpretarlo tu, tradurlo tu in pensieri e in parole, altro se queste parole ti sono imposte senza vie di scampo. Sia essa epigrafe di celebrazione dell' autorità o insulto dissacrato rio, si tratta sempre di parole che ti piombano addosso in un momento che tu non hai scelto: e questa è aggressione, è arbitrio, è violenza. Lo stesso vale per la scritta pubblicitaria, certamente; ma lì il messaggio è meno intimidatorio e condizionan te, - ai 'persuasori occulti' ho sempre creduto poco - ci trova più difesi, ed è comunque neutralizzato dai mille messaggi concorrenti ed equipollenti».

Tutti gli studi sulla scrittura di Petrucci sulle scritte urbane sono una confutazione di quest' opinione di Calvino. Nel 1999 chiamato di nuovo a reagire all' ordinanza contro i writers dell' allora sindaco Albertini, scrive: «È che sia nell' antichità classica, sia nell' Europa medievale e soprattutto moderna e contemporanea, la città in quanto tale è sempre stata e continua ad essere un ideale luogo di scrittura esposta nelle sue piazze e nelle sue strade, ove campeggiavano e campeggiano manifesti e iscrizioni 'legittime' ed espressioni grafiche spontanee, graffite, dipinte, disegnate da singoli o gruppi; cosi` era nella Roma o nella Pompei del I secolo d.C.; era nella Roma, nella Parigi, nella Londra del Cinquecento e del Seicento, ove a epigrafi e avvisi di stampa si contrapponevano scritte dipinte non autorizzate e criminali, cartelli infamanti, pasquinate e disegni osceni». Anche sui cartelloni pubblicitari, Petrucci non ha la tolleranza estetica di Calvino: sono quelli a invadere con «assoluta e drammatica evidenza» il paesaggio urbano, senza che la pubblica opinione, i mezzi d' informazione e le autorità se ne scandalizzino.

Leggere Calvino difensore del decoro, turbato dalla violenza arbitraria delle scritte, e Petrucci studioso della città scritta oggi è quasi uno shock. Negli ultimi vent' anni si sono moltiplicate le ordinanze contro i graffitari, l' ideologia del decoro e della sicurezza urbana è parte integrante di un' ideologia urbanistica trasversale che va dalla destra estrema al Pd, ed è cresciuto in Italia un fenomeno come quello dei re takers, che ha scelto come suo campo di intervento proprio la pulizia dei muri da scritte e tag. La posizione di Petrucci era non certo maggioritaria allora; oggi sarebbe impopolarissima: «Ciò che nei graffiti sorprende e offende buona parte dell' opinione pubblica, dunque, nonè la presenza e l' esposizione dello scritto, quanto piuttosto chi li esegue, le motivazioni per cui lo fa, il modo in cui le realizza e soprattutto il luogo: in spazi di scrittura che sono sempre o di pubblica o di privata proprietà»: da demo. (Il Manifesto)

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