La speranza che illumina i fallimenti
Francesco nel suo messaggio per la Quaresima: ispirazione e luce interiore
Ernest Hemingway in uno dei suoi romanzi, Per chi suona la campana, riporta il pensiero del poeta John Donne: «Ogni morte d' uomo mi diminuisce, perché io partecipo all' umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te». L' invito a considerare la sofferenza altrui come qualcosa che appartiene a tutti è evidente, ma accoglierlo non è scontato, come dimostra la reazione di tanti all' esperienza di dolore in cui il mondo oggi si trova. Ognuno reagisce alla pandemia in base al carattere che ha e ai valori in cui crede, nessuno però si può sentire sicuro di fronte alle centinaia di morti quotidiani, alle urgenze sanitarie, economiche e sociali. E mentre l' incertezza crea un senso di disorientamento, la coscienza, che dovrebbe favorire il discernimento, rischia di naufragare, se non viene continuamente sostenuta da solidi principi morali.
A ricordarli pensa papa Francesco. Nel Messaggio per la Quaresima esorta tutti a lasciarsi provocare dalla speranza. Colpisce molto che per costruire questa virtù in tempo di pandemia, egli indica tre ambiti in cui impegnarsi: la preghiera, la carità e il digiuno. «Nella preghiera - scrive - la speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione». Nella carità: «Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità». Quanto al digiuno: spogliarsi del superfluo significa scoprire le radici della speranza da offrire ai più fragili. «Vivere una Quaresima con speranza - conclude Francesco - vuol dire sentire di essere, in Gesù Cristo, testimoni del tempo nuovo, in cui Dio fa nuove tutte le cose». Ma può diventare "nuovo" questo tempo così fragile e incerto, così carico di dolore e di paura, in cui tutto sembra congiurare contro il desiderio che i sogni si avverino? I sogni dei più giovani soprattutto! Finiti sotto i riflettori per sconcertanti fatti di cronaca nera, ci si interroga sull' uso indiscriminato che gli adolescenti fanno dei social e sugli effetti che produce nelle loro giovani vite il lockdown. Impressiona leggere cifre e situazioni come questa: nel reparto di neuropsichiatria infantile e adolescenziale dell' ospedale Bambino Gesù di Roma i ricoveri dei ragazzi che hanno tentato il suicidio sono aumentati del 30% nell' ultimo decennio: 12 adolescenti nel 2011, 300 nel 2020.
Un po' di luce, invece, filtra da un' inchiesta condotta dall' Osservatorio dell' Istituto Toniolo di Milano. Molti giovani intervistati hanno dichiarato di avere trovato nella fede, in tempo di pandemia, una forza ed una consolazione cercata inutilmente altrove. Nessun giovane ha mostrato di aderire alla posizione di chi crede che la pandemia sia un castigo di Dio; piuttosto hanno ritenuto che essa è effetto dell' uso poco responsabile che si fa delle risorse della terra. Dal dolore Dio esce assolto. Volendo dimostrare come Dio non abbandona mai le sue creature, sant' Agostino, in una pagina delle "Confessioni", riferisce la sua esperienza personale: «Cristo intercede per noi, altrimenti dispererei!». Scoprire valori dentro ogni esperienza, perfino in quelle che sembrerebbero fallimentari è il compito della speranza. «La speranza vede la spiga quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce» scrive don Primo Mazzolari mentre invita gli educatori a stare vicino a chi è meno preparato ad affrontare le tempeste della vita, perché non ne venga travolto, ma possa uscirne più forte e più maturo. «Un tempo nuovo», come auspica papa Francesco, è allora possibile se la sofferenza diventa scuola di vita. «La fede, la speranza e la carità - scriveva il poeta francese Peguy - sono tre ragazzine che corrono tenendosi per mano, ma la più agile, quella che trascina le altre, è la speranza». E se è vero che i proverbi sono espressione della sapienza popolare, almeno su una sicurezza si può contare: «Si possono tagliare tutti i fiori, ma non si può impedire il ritorno della primavera!». (Avvenire)
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