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La lezione di Prometeo sulla responsabilità

Franco Miano Unsplash
Pubblicato il 17-03-2021

Come leggere oggi la vicenda dell'umano

L' esperienza della pandemia ha fatto toccare con mano che essere responsabili vuol dire sapersi coinvolgere a partire dalla propria interiorità, dalle proprie più profonde convinzioni (che fanno incrociare il pensare e il sentire): la misura dell' interiorità è misura della responsabilità. Oggi è tempo di una responsabilità assunta in profondità, forza e spessore di vita anche quando facciamo l' esperienza dell' impotenza e del silenzio, una responsabilità che è capacità di ripensare se stessi in un esercizio sempre nuovo, in un dialogo con se stessi che è una conversione intellettuale e morale insieme, personale e politica. [...] Una rilettura del mito di Prometeo può aiutare a comprendere che cosa è in gioco nell' uso del potere da parte dell' uomo. Il mito di Prometeo infatti rappresenta un interessante paradigma dell' umano. Lo è perché esprime lo sforzo costante dell' uomo verso l' oltrepassamento di se stesso. Lo è perché dice della difficoltà che l' essere umano ha nell' accettare il limite e nel saperne cogliere il senso.

Il mito di Prometeo è relativo ad un tempo in cui l' uomo iniziava appena a trasformare il suo ambiente, mentre la natura continuava in piena autonomia il suo stabile corso. Il potere umano rispetto alla natura aveva caratteri limitati e inerenti ad ambiti circoscritti, gli interventi sulla natura erano superficiali, incapaci di turbare l' ordine stabilito. In questo contesto la figura di Prometeo stava ad indicare agli uomini dell' antichità la possibilità di divenire padroni della propria vita, attraverso il fuoco rubato agli dei e dato agli uomini. Ma Prometeo ha anche un altro volto, che affiora in controluce dentro l' ansia di emancipazione offerta agli uomini. È la hybris, la tracotanza che conduce a sfidare gli dei e a sovvertire l' ordine costituito. Ed è proprio questo volto quello che sembra riproporsi con particolare evidenza nel tempo attuale, costituendone una chiave di lettura decisiva. Ma in che senso il mito di Prometeo può aiutare oggi a leggere la vicenda dell' umano? Che cosa può dire ad un tempo in cui la dimensione artificiale dell' esistenza ha assunto caratteristiche in molti casi totalizzanti? Le biotecnologie e l' ingegneria genetica oggi riescono in certo modo a controllare l' evoluzione stessa della vita; la minaccia alla sopravvivenza stessa dell' umanità nel futuro diventa questione di assoluta concretezza dati i rischi di uso delle armi atomiche, ma ancor più dati i pericoli di una crisi di compatibilità fra la specie umana e gli ecosistemi che le consentono di sopravvivere. [...] È l' illimitatezza della volontà, la sua sconfinata ansia di potere, l' aspetto dell' umano che il mito prometeico più di altri può oggi contribuire ad illuminare. Si tratta del potere inteso prima di tutto come possibilità di dominio in ogni campo, tensione al raggiungimento di sempre nuovi traguardi.

C' è però oggi un significativo elemento di diversità rispetto al racconto mitico. Rispetto all' ansia di potere dell' uomo contemporaneo, novello Prometeo, non c' è più Zeus a stabilire il limite, ad infliggere punizioni e castighi. Gli esseri umani devono saper individuare da se stessi limiti e pos- sibilità. Ciò rende lo spazio della responsabilità umana più ampio e, nello stesso tempo, più problematico. L' accresciuto potere dell' uomo ha determinato mutamenti così radicali e significativi che le tradizionali categorie del pensiero non sono più in grado di indirizzare offrendo principi adeguati rispetto alle novità della situazione. L' etica tradizionale era fondata su una precisa definizione della natura dell' uomo e delle cose. Da questa visione oggettiva derivava un' idea del bene che costituiva il fondamento dell' agire, circoscrivendo l' ambito della responsabilità. Il sapere della limitatezza del potere umano in ordine alla natura apparteneva un tempo alla consapevolezza propria dell' uomo. L' etica tradizionale muoveva da un orizzonte di prossimità e di contemporaneità che non può più essere riferimento esclusivo. Responsabilità significa invece oggi pensare il proprio comportamento individuale e i comportamenti collettivi tenendo conto delle conseguenze del proprio agire, del carico di futuro che sempre accompagna ogni azione, facendo crescere il tasso di sapere sul semplice saper fare. L' etica è chiamata a riflettere sulla vulnerabilità della natura e sulla responsabilità umana anche relativamente alla natura e a se stessi. Come rapportarsi allora ad uno sviluppo tecnologico che sempre più appare come la nuova destinazione o addirittura la vocazione dell' umanità, divenendo questione che non può più essere lasciata fuori dal campo dell' etica?

L' essere stesso dell' uomo nel mondo, la sua presenza, un tempo dato originario, dal quale scaturiva ogni idea di dovere nel comportamento umano, è diventata ora «un oggetto dell' obbligazione » , poiché si tratta ormai, come scrive Hans Jonas, «di assicurare per l' avvenire il presupposto fondamentale di ogni obbligazione, ossia la presenza di semplici candisponsabilità dati a un universo morale nel mondo fisico». Si tratta di garantire il futuro dell' umanità. Questo significa conservare il mondo così che restino intatte le condizioni di questa presenza, consapevoli della sua vulnerabilità nei confronti della minaccia crescente della tecnica. Le nuove questioni relative all' agire rendono sempre più necessaria un' etica della re- in grado di essere all' altezza della novità della situazione. La preoccupazione per il futuro determina in radice l' orientamento dell' etica e ne definisce gli imperativi irrinunciabili: «Noi non abbiamo - scrive Jonas - il diritto di scegliere o anche solo di rischiare il non-essere delle generazioni future in vista di quelle attuali». Non abbiamo questo diritto, «abbiamo invece un dovere rispetto a ciò che non esiste ancora».

La questione è di una ineludibile serietà. L' umanità, divenuta essa stessa oggetto della tecnica, non sa gestire il potere smisurato di cui dispone e rischia di compromettere se stessa compromettendo le relazioni con la natura e con il mondo. Fondamentale diventa allora il tema di una responsabilità che sappia avere "potere" sul potere, dando ordine al potere senza lasciarsi corrompere dal potere stesso. [...] La meccanicizzazione della vita distrugge le antiche tendenze spirituali e con esse le radici e dunque lo spazio puramente umano all' interno del quale si esprime la vita morale. Ne consegue che le norme morali che agiscono in questo spazio perdono la loro efficacia, la capacità di moderare il potere nelle strutture sociali. Al loro posto subentrano l' organizzazione funzionale e gli ordinamenti formali. L' uomo in pugno al potere sperimenta l' abuso e la degradazione a cosa. Chi è dominato, pur avvertendo il peso del dominio, sperimenta una volontà di lasciarsi dominare, perché ciò lo solleva dalla responsabilità personale; se si accetta il dominio, vuol dire che dentro di sé cadono le barriere della difesa e del rispetto per sé stessi. È qui il vero nodo etico della questione: il rapporto tra potere e responsabilità, la possibilità che l' esercizio di una piena responsabilità, pur nei limiti delle situazioni date, sappia porre argine al debordare del potere, sappia indirizzarlo governandone le derive. (Avvenire)

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