Le visite dei pontefici

La musica come lotta nonviolenta per la costruzione di un mondo migliore
Il legame fra star system e buone-cause è stato inventato dal musicista britannico Bob Geldof. Iniziò tutto alla fine del 1984, quando, dopo aver visto un documentario, Geldof decise che bisognava fare qualcosa per i bambini che morivano di fame in Etiopia. Pensò a una canzone assai orecchiabile, Do they know it’s Christmas?, scritta e incisa dalle migliori voci del mondo di quella generazione: Simon Le Bon, Paul Weller, Sting, Boy George, Freddy Mercury, David Bowie, George Michael e Bono.
I clamorosi incassi del disco spinsero Bob Geldof a non fermarsi, perché tanto altro ancora si poteva fare. Pensò così a un concerto, in diretta televisiva, da Londra e Philadelphia, con artisti che grazie ai voli intercontinentali potessero salire su entrambi i palchi. L’evento fu trasmesso in mondovisione.
Qualche anno più tardi, nel 2007, Bob Geldof organizzò il Live Earth, una maratona musicale planetaria, durata ventiquattr’ore, tenutasi in otto città di cinque continenti, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sui temi del surriscaldamento globale. È di Bob Geldof il merito di aver introdotto il peso e il carisma di Bono, il frontman degli U2, nel mondo della filantropia e delle cause umanitarie.
Presenza fissa di tutti i progetti di nobile intento organizzati da Bob Geldof – fra cui le versioni 2004 e 2014 di Do they know it’s Christmas? – Bono è sicuramente uno di quegli artisti super-abili a coinvolgere e a mettere insieme musicisti, legislatori, capi di Stato e magnati dell’industria, esortandoli a sborsare miliardi di dollari per le cause che gli stanno a cuore.
Lo ricordiamo tutti, nel 2000, ospite del Festival di Sanremo, a supporto di “Jubilee 2000”, un movimento di coalizione internazionale che chiedeva la cancellazione del debito del terzo mondo entro il 2000, coinciso con il “Grande Giubileo” della chiesa cattolica. In quell’occasione, Bono si rivolse al presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, e a Silvio Berlusconi, leader dell’opposizione, affinché unissero le forze: «Questa non è politica» – disse dal palco dell’Ariston – «Ma è la vita della gente». Poche parole, pesanti come macigni, semplici ma importanti, così come tutte le iniziative alle quali è riuscito a dar forma, voce e peso.
In lizza tre volte per il Nobel per la Pace, gli viene conferito il titolo “Man of Peace”, un riconoscimento per l’ampiezza e l’influenza della sua instancabile attività umanitaria. Bussando alle porte delle maggiori aziende mondiali, Bono ha lanciato “Product Red”, un’organizzazione con marchio no-profit, fondata con l’attivista Bobby Shriver, devolvendo parte della vendita dei prodotti – tutti contraddistinti dal colore rosso – al Fondo globale per la lotta all'Aids, alla tubercolosi e alla malaria.
Avverso per natura ai conflitti e alle guerre, non risparmiandosi mai quando c’è da spendere energia e voce a sostegno dei rifugiati, Bono ha più volte elogiato pubblicamente l’impegno dell’Italia: «Grazie italiani per l’amore e la tolleranza che mostrate coi rifugiati. Gli altri dovrebbero vergognarsi». Schietto e radicale, senza se e senza ma, fra tutti i suoi capolavori primeggia l’intensa “Miss Sarajevo”, un immenso inno alla vita fra le macerie della guerra, a cui anche in maestro Luciano Pavarotti conferì ulteriore bellezza. Recentemente, il brano del 1995, per ovvie ragioni ben note a tutti, è stato riattualizzato in “Miss Siria”.
Come a dire: il tempo passa, i disordini mondiali si rinvigoriscono, ma niente e nessuno gli impedirà di continuare la lotta nonviolenta per la costruzione di un Mondo migliore.
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