societa

Espressività di un "corpo diverso"

Danilo Ferrari
Pubblicato il 21-07-2017

Ho visto uno spettacolo insolito, conclusione di un laboratorio dove unici protagonisti sono danza, poesia e diversità. Monica Felloni, mente vulcanica, adottata da Catania a pieno titolo, anche se di origine emiliana, ha messo energia e creatività nella elaborazione “dell’isola che non c’era”, uno spazio in cui individui difficilmente collocabili in schemi precostituiti, hanno diritto di parola. Manuela Partanni, coreografa a 360°, per nove mesi, instancabilmente dà forma artistica ad ogni, seppur difficoltoso, movimento. Il titolo, Boxeurs,  la dice lunga sulla lotta estenuante che ogni persona, in quanto diversa, deve sostenere dalla nascita. La follia è il filo conduttore che lega insieme azioni diverse. L’illogicità apparente della follia irrompe fra il pubblico non appena calano le luci e inizia lo spettacolo. Rosso e nero, rosso calore pulsante, nero calore dormiente, rosso dei caschetti da boxer, nero che copre i corpi. È bello stare con le spalle appoggiate allo schienale mentre tutto si svolge davanti ai nostri occhi: i polmoni si allargano, il respiro diventa profondo,  guardi e non capisci, l’energia trasuda dai corpi, la forza di gravità si annulla, ognuno parla la propria lingua, ma noi li comprendiamo,  perché parlano il linguaggio universale del corpo, ogni corpo è diverso ma universale nella sua essenza . Ho visto uno spettacolo insolito, di quelli che non se ne vedono tanti, di quelli che di “diversi” non ha gli attori, ma l’espressività che ogni corpo “diverso” permette: Angela rotola ai nostri piedi. Va beh, direte, che ci vuole a rotolare: vi dico fatelo da tetraplegici e poi ne parliamo! Lucia urla la rabbia di chi, spesso, zittito, ha imparato faticosamente a far parte del gioco. Lei urla,  tutti urlano. I testi di Calderòn de la Barca, Fëdor Dostoevskij, Jonathan Safran Foer, Rosi Li Greggi, Piero Ristagno e Franco Arminio, creano l’atmosfera onirica di un sogno da cui non ci si vorrebbe più svegliare.

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