societa

Democrazia e digitale

Redazione
Pubblicato il 30-10-2021

L'ora del dibattito

La rivoluzione dell'intelligenza artificiale sta incidendo in maniera sempre più massiccia sulla trasformazione della nostra quotidianità, dalla distribuzione delle merci agli assistenti personali virtuali, dalle macchine a guida autonoma fino all'industria bellica. Lo racconterà Anthony Elliott, sociologo e docente universitario australiano, autore del saggio La cultura dell'Intelligenza Artificiale (Codice Edizioni), in un intervento a Biennale Democrazia a Torino (venerdì 8 ottobre) che verterà su come il digitale stia ristrutturando gli assetti politici moderni, incidendo sulle diseguaglianze e ponendo nuove sfide alla democrazia. Democrazia: dove ci sta portando il digitale? L'intelligenza artificiale ha le sue origini nella geopolitica e si intreccia con la globalizzazione economica e la politica. A livello globale, i più importanti hub di intelligenza artificiale sono nella Silicon Valley, New York, Boston, Londra, Pechino e Shenzhen.

Questo dice qualcosa di importante sulle concentrazioni di potere nell'era digitale. In termini di investimento nella IA il Regno Unito ha impegnato oltre 1,3 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni e la Francia 1,8 miliardi di dollari nei prossimi cinque. Ma queste cifre impallidiscono davanti agli oltre 20 miliardi stimati dall'Ue entro il 2030 o di fronte alla Cina, che calcola di spendere più di 200 miliardi di dollari da qui al 2030. Le questioni etiche sono un tema che accompagna lo sviluppo della IA. Quali sono le principali sfide? Grazie ai progressi nella diffusione di macchine intelligenti automatizzate, donne e uomini affidano sempre più decisioni ad agenti artificiali. Questo è estremamente problematico per l'etica. Uno dei motivi è che gli algoritmi non sono affidabili nel modo in cui lo sono le persone. Non è sufficiente "applicare" l'etica alla IA, come con le line e guida dell'Ue su una "intelligenza artificiale affidabile". L'etica non è una casella da spuntare, ma un regno di riflessione morale. Lei parla anche di disconnessione sociale e ansia da privacy. A partire da questi spunti si può pensare un modello praticabile di detox digitale? La risposta breve è no. Il detox digitale è l'analogo odierno dei programmi di perdita di peso veloce. La promessa è di ridurre le dipendenze digitali, ma un importante effetto collaterale è un'intensificazione di queste stesse dipendenze. In un mondo cablato, non è possibile "disintossicarsi" dalla vita digitale. 

Nel bene e nel male, le tecnologie digitali sono onnipresenti nelle società contemporane e e, come ci ha mostrato graficamente la pandemia di Covid- 19, il futuro garantisce più digitalizzazione, non meno. Cosa si può fare per disinnescare le opinioni negative che gravitano attorno alla IA? Si parla, per esempio, di alfabetizzazione digitale, sicurezza, lotta alle fake news... È probabile che la prossima generazione di tecnologie di IA apporti grandi benefici alla società: ad esempio, aprendo nuove opportunità commerciali o consentendo nuovi tipi di partecipazione civica. Ma potrebbero anche causare gravi danni se non adeguatamente sviluppati. L'intelligenza artificiale potrebbe portare alla riduzione delle nostre libertà e privacy, danneggiare la fiducia nelle istituzioni pubbliche e aggravare le divisioni e le disuguaglianze nella società. Ecco perché il dibattito pubblico e l'alfabetizzazione digitale sono così importanti. Lei spiega anche che l'innovazione tecnologica crea un problema per l'identità dell'individuo e che l'elemento umano delle tecnologie digitali è debitore della teoria psicoanalitica. Come?

Prevedendo come potrebbero essere le nostre vite, gli algoritmi di apprendimento automatico sono - invisibilmente e dietro le quinte - implicati nell'organizzazione di come sono le nostre vite. L'analisi predittiva è prescrittiva: gli algoritmi aiutano a determinare le cause e le conseguenze delle nostre vite e delle nostre identità. Ma Freud e la psicoanalisi rimangono indispensabili per sottolineare la complessità delle nostre vite emotive; Freud ci ricorda, e oggi ne abbiamo bisogno, che l'intelligenza emotiva non può essere ridotta all'intelligenza della macchina. La previsione algoritmica può funzionare come un'automazione che rende le persone apparentemente meccaniche. Ma noi non siamo automi. Un altro punto di connessione con la psicologia è il capitolo in cui si parla di narcisismo e nuova solitudine, e si cita la sociologa Sherry Turkle. Turkle ha scritto di una "nuova psicologia dell'impegno" inaugurata dalla IA. Ha sostenuto che la robotica ha svuotato i legami emotivi, impoverendo così il sé. Ma questa è, nella migliore delle ipotesi, solo una visione parziale del nostro rapporto con le macchine intelligenti. È una visione che non riesce a riconoscere le dimensioni positive del cambiamento dello stile di vita. Tuttavia, i rischi della solitudine digitale sono abbastanza reali. La convinzione che sia possibile cambiare completamente sé stessi automatizzando sé stessi è una specie di magia. È il tipo di credenza che alimenta l'illusione del narcisismo patologico. (Avvenire

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA