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Commemorazione dei defunti, le tradizioni in Italia

Redazione Unsplash
Pubblicato il 02-11-2021

Usanze, tradizioni e ricette regionali

Nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. … Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.

Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. ... Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre. 

A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: “Che ti portarono quest’anno i morti”? Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato.

Tratto da “Il giorno che i morti persero la strada di casa” da I racconti quotidiani di Andrea Camilleri (Qua e là per l’Italia- Alma edizione, Firenze 2008).

Il racconto del maestro Andrea Camilleri, talmente vibrante che sembra quasi di vedere davanti ai nostri occhi le immagini del suo racconto, ci aiuta a parlare della giornata del 2 Novembre, Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum, comunemente detta “Giorno dei Morti”. Nella chiesa latina il rito viene fatto risalire all'abate benedettino Sant’Odilone di Cluny nel 998: con la riforma cluniacense si stabilì infatti che le campane dell'abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1° novembre per celebrare i defunti, e il giorno dopo l'eucaristia sarebbe stata offerta pro requie omnium defunctorum; successivamente il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica. 

Nel corso dei secoli, si sono stratificate molte tradizioni regionali legate a questa giornata, segnata dal ricordo e dal pianto certamente, ma in qualche modo resa gioiosa se non addirittura festosa dal ricordo vivo dei nostri cari defunti. Si pensi che in Messico il giorno dei morti è una festa vivace e variopinta dove si mangia, si balla e ci si diverte, perché la morte viene vissuta come qualcosa di inevitabile e i defunti non fanno paura anzi vanno ricordati con allegria. Pian piano però molte di queste tradizioni locali stanno scomparendo, mi permetto di dire “cancellate” da Halloween, ricorrenza di origine celtica ma di spiccata matrice americana, indubbiamente legata e “spinta” da un indotto commerciale, festa ormai di uso comune per i nostri figli e nipoti ma totalmente estranea alla nostra storia ed alle nostre tradizioni. Personalmente, sono “tollerante”: non condivido alcuni appelli apocalittici che invitano i credenti a boicottare Halloween, ritengo giusto far festeggiare i più piccoli, visto che ormai la festa ha preso piede e tutti i bambini la festeggiano, in una sorta di Carnevale autunnale, allo stesso tempo però sarebbe bello rendere partecipi i pargoli delle tante tradizioni legate alla Festa del 2 Novembre, magari raccontando proprio le esperienze vissute nelle nostre famiglie. Quanto sarebbe bello se piccoli e grandi, nonni e nipoti si prendessero del tempo per raccontare e così tramandare le usanze e le tradizioni della Festa dei Morti.

In conclusione, propongo una breve selezione di usanze, tradizioni e ricette regionali legate appunto alla celebrazione del 2 Novembre. 

• In Calabria, particolarmente a Serra San Bruno, nel vibonese, c'è l'usanza del "Coccalu di muortu": i ragazzini intagliano e modellano la zucca riproducendo un teschio (che in dialetto serrese si dice proprio "coccalu di muortu"); poi girano per le vie del paese con in mano la loro "macabra" creazione, bussano alle porte o fermano le persone dicendo la frase "Mi lu pagati lu coccalu?" (tradotto letteralmente "Me lo pagate il teschio?"), che ricorda molto quel "trick or treat?" ("dolcetto o scherzetto?") della tradizione anglosassone di Halloween d'oltreoceano.

• In molte zone lombarde esiste ancora la tradizione di lasciare, la notte tra l'1 e il 2 novembre, un vaso pieno d'acqua nella cucina di casa, per dissetare i defunti venuti in visita. Nelle campagne intorno a Cremona, ci si alza molto presto, si rassettano subito i letti in modo che le anime dei cari defunti possano trovarvi riposo; poi si va in giro, di casa in casa, a raccogliere pane e farina per poi preparare dei dolci chiamati "ossa dei morti".

• Un'antica usanza, molto diffusa in Emilia-Romagna, era la "Carità di murt", l'abitudine dei poveri di recarsi di casa in casa per chiedere cibo, così da calmare le anime dei defunti. Questa abitudine, sotto nomi diversi, è diffusa in molte regioni, ma a girare di casa in casa sono i bambini, vestiti da fantasmi: rappresentano le anime dei defunti che chiedono doni (le preghiere) e in cambio promettono di non spaventare o fare scherzi.

• A Matera, dove, secondo la credenza, il giorno 1 novembre i morti scendono in città dalle colline del cimitero stringendo un cero acceso nella mano destra e il 2 novembre le donne ripetono il pianto funebre accovacciate sulle tombe. La notte prima del 2 novembre anche in Basilicata si usa lasciare la tavola imbandita per i defunti in visita.

In fondo, si tratta di usanze e tradizioni che ci permettono di avere un felice ricordo dei nostri cari, persone che non sono più con noi ma che, anche grazie a queste originali iniziative, restano sempre presenti nei nostri cuori. 

 

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