Le visite dei pontefici

Nel 1969 la prima trasmissione di dati dai computer dell'Università della California
Il concertone di Woodstock e l’esibizione dei Beatles sul tetto della Apple a Londra, la bomba a Piazza Fontana a Milano e l’inizio della stagione del terrorismo in Italia, la presa di potere in Libia del colonnello Gheddafi, sono solo alcuni degli eventi accaduti nel corso del 1969.
Il 29 ottobre del 1969 accadde però qualcosa che, nel bene o nel male, ha cambiato il corso delle nostre vite e dato la scintilla alla cosiddetta Terza Rivoluzione Industriale: la nascita di Internet.
La prima trasmissione di dati tramite internet (sarebbe meglio dire Arpanet) fu una sequenza di lettere: prima un L, poi una O e poi la rete crollò, non riuscendo a trasmettere per intero la parola Login. Questo primo pacchetto di informazioni, che oggi ci fa sorridere ma che fu rivoluzionario, fu fatto viaggiare il 29 ottobre del 1969 per 650 km circa, dai computer dell’Università della California, a Los Angeles, a quelli dello Stanford Research Insitute, vicino a San Francisco.
Come detto, possiamo parlare veramente di una scintilla, di un primissimo contatto, e probabilmente lo stesso Leonard Kleinrock, titolare del laboratorio dell'Università della California di Los Angeles, non aveva piena consapevolezza della portata rivoluzionaria del suo esperimento. Se tutto il mondo seguì con spasmodica attenzione lo sbarco sulla luna del 20 Luglio 1969, nessuno probabilmente prestò attenzione ad uno dei tanti esperimenti di laboratorio, destinato però a rivoluzionare le nostre vite.
Dalla California del 1969 ci spostiamo alla Svizzera degli anni 80-90 del secolo scorso, perché se è vero che il primo esperimento di trasmissione web ha origini californiane, per avere il vero sviluppo della Rete per come la conosciamo oggi bisogna aspettare il lavoro dell’informatico britannico Tim Berners-Lee, il quale, coadiuvato dagli esperti del CERN di Ginevra, mise a punto le basi del World Wide Web, che potremmo definire come l’alfabeto della Rete.
Molti studiosi “datano” l’inizio del vero utilizzo di Internet con tutte le sue potenzialità al 1995, ma direi che questo breve schemino ben sintetizza lo sviluppo e la crescita di tale strumento:
1995: costituzione del World Wide Web Consortium (W3C) e relativa adesione del centro CSELT.
1996: Sono connessi ad Internet 10 milioni di computer.
1999: Viene pubblicato Napster, il primo sistema di file sharing di massa. Gli utenti di Internet sono 200 milioni in tutto il mondo.
2008: Gli utenti di Internet sono circa 600 milioni in tutto il mondo.
2009: Gli utenti di Internet sono circa 1 miliardo in tutto il mondo.
2011: Gli utenti di Internet sono circa 2 miliardi in tutto il mondo.
2015: Gli utenti di Internet sono oltre 3,3 miliardi in tutto il mondo.
Questi dati si interfacciano con la definizione di alcune categorie sociologiche. Basta guardarsi attorno nella vita di tutti i giorni per rendersi conto del cosiddetto “Gap Digitale” tra le generazioni. Generazione Y, Generazione Z, Millennials, Net Generation, sono alcune delle definizioni date ai nati successivamente agli anni 90 dello scorso secolo o addirittura nel nuovo millennio. Chi scrive ha 39 anni e non è nato con Internet, ora non vorrei sbagliarmi ma non ricordo al liceo di avere mai avuto accesso ai prodigi del web. Guardate invece oggi un bambino di 5 o 6 anni, già capace di utilizzare i sistemi touch-screen e di scegliere le canzoni preferite su YouTube.
Ritengo interessante, a conclusione di questo mio articolo, sottolineare alcuni passaggi del Messaggio di Papa Francesco per la 53esima Giornata delle Comunicazioni Sociali, che ben sintetizzano la posizione della Chiesa Cattolica in merito alle potenzialità ma anche ai pericoli della Rete:
“Cari fratelli e sorelle, da quando internet è stato disponibile, la Chiesa ha sempre cercato di promuoverne l’uso a servizio dell’incontro tra le persone e della solidarietà tra tutti... Occorre riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali... Tra i più giovani le statistiche rivelano che un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo. È a tutti evidente come, nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità. Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). La rete è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri, ma può anche potenziare il nostro autoisolamento, come una ragnatela capace di intrappolare.
L’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione. Così possiamo passare dalla diagnosi alla terapia: aprendo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui 'like', ma sulla verità, sull’'amen', con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri”.
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