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Biennale Architettura : come si vivrà tutti insieme?

Roberto Panza Ansa - Andrea Merola
Pubblicato il 26-04-2021

Dal 22 maggio al 21 novembre, con visitatori in presenza

Dopo un' attesa di un anno, la XVII Biennale di Architettura aprirà al pubblico sabato 22 maggio e sarà la prima grande rassegna pensata in età Covid. Oltre ai contenuti, questa volta conterà anche il «metodo» di fruizione: visitatori in presenza su prenotazione (atteso il 50% delle precedenti presenze) e argomenti che si espandono nello spazio «a distanza» e nel tempo oltre la scadenza della rassegna (21 novembre). Il futuro dei grandi eventi sarà sempre più così. Ad attendere coloro che si recheranno a Venezia, ci sarà un percorso a senso unico (dentro e fuori dai padiglioni), accesso solo con prenotazione online (prossimamente disponibile sul sito della Biennale), controllo temperatura, eventuale mascherina tracciamento di quanti entrano con vaccino o con recente tampone. «Fino ad oggi quello che non si vedeva in presenza era stato pensato come supporto - afferma il presidente della Biennale, Roberto Cicutto -, ma ora stiamo costruendo una cornice di continuità di contenuti attraverso le nuove tecnologie». Un po' come lo streaming nei teatri: oggi è solo sostitutivo, ma domani sarà uno strumento alternativo al biglietto in presenza (come avviene già in Germania).

La Biennale 2021, curata dal libanese Hashim Sarkis, si intitola How will we live together? (Come vivremo insieme?) e comprende 112 partecipanti da 46 Paesi con una maggiore rappresentanza di Africa, America Latina e Asia e con uguale numero di uomini e di donne: è assicurato così il politically correct . Anzi, la mostra è talmente inclusiva che a giudicare dalle prime immagini sembra una riflessione sui problemi del pianeta - pandemia, migrazioni, ambiente - partendo da campi profughi o, almeno, dal punto di vista degli emarginati. C' è da attendersi più documentazione e riflessione sul superamento delle povertà (si spera al di fuori del finto pietismo e della retorica) che sperimentazione edilizia. La mostra di Sarkis è organizzata in cinque aree tematiche, tre allestite all' Arsenale e due al Padiglione Centrale ai Giardini: Among Diverse Beings (presenti gli italiani Giovanni Bellotti e Alessandra Covini), As New Households (presente Marco Poletto), As Emerging Communities (Francesco Apuzzo, Matilde Cassani, Emiliano Gandolfi), Across Borders (Pier Vittorio Aureli, Giulia Foscari, Alessandro Petti, Lorenzo Pezzani, Martino Tattara, Paola Viganò) e As One Planet .

La domanda verso la quale la mostra ha svoltato in quest' anno di sospensione è: quale architettura è ancora possibile dopo la pandemia? «L' attuale pandemia globale - racconta Sarkis - ha senza dubbio reso la domanda How will we live together? ancora più appropriata, quasi ironica visto l' isolamento imposto. Può essere una coincidenza che il tema sia stato proposto pochi mesi prima della pandemia; tuttavia sono proprio le ragioni che ci hanno portato a porre questa domanda - l' intensificarsi della crisi climatica, i massicci spostamenti di popolazione, le instabilità politiche in tutto il mondo, il problema dei confini e le crescenti disuguaglianze razziali, sociali ed economiche - a condurci verso questa pandemia e a diventare ancora più rilevanti». Mentre la politica continua a dividere e isolare, attraverso l' architettura si spera, utopisticamente, di poter offrire visioni (per lo più teoriche e narrative) di modi alternativi di vivere insieme che colmino il dilatarsi delle differenze tra ricchi e poveri causato dal Covid. Più Calvino che Manuale dell' architetto .

Il programma si svolge in sette direzioni sviluppate non solo da architetti, ma da pensatori, filmaker, antropologi... tutte interconnesse: il lavoro di installazioni sarà condiviso con filmati in streaming del backstage ; ci sarà una pluralità di cataloghi; si assisterà a esibizioni di danza (il corpo come spazio); i Meetings on Architecture con vari workshop saranno trasmessi online (temi: spazio, rifugiati, educazione architettonica); ci saranno eventi collettivi; ci saranno spin off che gireranno il mondo anche dopo la fine della Biennale e, infine, un evento speciale sullo spazio dell' ascoltare. Si useranno media differenti come installazioni, progetti, sculture, robot interattivi, modelli, video, immagini, interattività non touch . Continua il progetto con il Victoria and Albert Museum che si butta sul tema, che pareva passato di moda, dell' islamofobia occidentale: in Sala d' armi presenterà Three British Mosques (a cura di Shahed Saleem), tre moschee realizzate a Londra su edifici preesistenti con studi sulle relative comunità: «Si parlerà di inclusione in controtendenza alla islamofobia diffusa», dichiara il giovane direttore del V&A, Tristram Hunt. Nel continuo cogliere i tempi e alternare le prospettive, questa Biennale sarà l' opposto di Fundamentals di Rem Koolhaas, più simile a Reporting from the front di Alejandro Aravena andando Beyond Building , ma non nella direzione proposta da Aaron Betsky nel 2008. Leone d' oro alla memoria a Lina Bo Bardi «per la carriera di progettista, editor e attivista», che si aggiunge a quello già assegnato a Vittorio Gregotti. Protagonista del Padiglione Venezia Michele De Lucchi. Nel catalogo anche un intervento dello storico presidente della Biennale Paolo Baratta. (Corriere della Sera)

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