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Arte: libertà e rilettura

ORAZIO LA ROCCA Massari
Pubblicato il 02-07-2022

Luciano Massari omaggia Michelangelo

La Pietà di Michelangelo vaticana “riprodotta” in un bassorilievo di bianco marmo di Carrara che emoziona, incanta, fa pensare credenti, non credenti, studiosi dell'arte. Quasi una sorta di contraddizione in termini. Un apparente strano paradosso, perché si tratta di una rilettura di quell'opera immortale che il giovane Buonarroti, all'età di 23-24 anni, scolpisce nel 1498-99 creando figure – la Madonna col Cristo deposto sul Golgota – rigorosamente a tutto tondo. Immagini della Passione a misura d'uomo con le quali generazioni di visitatori e studiosi per secoli hanno familiarizzato, ammirandole sia dal vivo nella basilica di San Pietro, che sui libri d'arte.

Difficile, quindi, immaginare che un capolavoro di tale portata si possa ammirare anche in una nuova versione come un quadro con soggetti in rilievo. Eppure è successo, e con risultati sorprendenti, per mano di uno dei più grandi scultori contemporanei, Luciano Massari, autore di una Pietà michelangiolesca in bassorilievo punto forte della originale rassegna “Sguardi” promossa a Roma dalla galleria NOA (Nuova Officina dell'Arte), dedicata alle forme artistiche della tradizione rinascimentale “rivedute e corrette” da artisti contemporanei.

SENZA TRADIRE MICHELANGELO
Nella ideale galleria di campioni dei diritti umani esposti al NOA, Michelangelo è sicuramente il più alto esempio del libero pensiero perseguito con l'arte. Ed è probabile che anche per questo che il maestro Massari, senza tradire Buonarroti, prende simbolicamente in mano la Pietà vaticana per rileggerla con i suoi occhi. Una sfida non da poco, essendo la Pietà la struggente rappresentazione artistica, per eccellenza, del composto silenzioso dolore della Madonna china sul Cristo deposto dalla Croce, come se dormisse, non sconfitto dalla morte, che da cinque secoli ogni giorno viandanti, turisti e pellegrini ammirano, studiano, amano persino, in silenzio e nella preghiera, restando sempre abbagliati da questa bellezza scultorea partorita dal genio michelangiolesco sul tema della Passione.

Non a caso è universalmente riconosciuta tra le più importanti sculture della storia dell'arte, nata per di più da una mente plasmata da una profonda formazione teologica, e per questo, veneratissima da Paolo VI, il Papa della cultura e degli artisti. Ma di fronte a tanto splendore artistico-teologico, c'è chi, come lo scultore Luciano Massari, vi ha trovato anche una originalissima fonte di ispirazione per realizzare con rara maestria e profonda sensibilità un bassorilievo dedicato proprio alla Pietà di San Pietro, la prima delle tre scolpite da Michelangelo sullo stesso tema, seguita dalla Pietà Bandini di Firenze e dalla Pietà Rondanini di Milano, l'ultimo capolavoro del maestro fiorentino realizzato poco prima di morire a Roma il 18 Febbraio 1564 all'età di 89 anni.

Massari l’ha fatto quasi come un “fotoreporter” armato non di una macchina fotografica, ma solo di scalpello, lima e mazzuolo lavorando sullo stesso materiale tanto caro al grande Buonarroti, il marmo di Carrara, la città dove è nato 65 anni fa, dove è cresciuto e si è formato tra i laboratori degli artigiani marmisti, e che all’Accademia di Belle Arti carrarese (di cui è direttore) insegna tecniche di scultura.

Il risultato è stato sorprendente, in quanto la nuova Pietà michelangiolesca del maestro di Carrara – pur incastonata in una cornice marmorea di 41,5 x 50,00 x 2,0 centimetri e, quindi, visibile solo frontalmente – suscita parte delle originarie emozioni legate alla scultura-madre del Vaticano. Massari, infatti, ha avuto la felice intuizione di “copiare” l'opera del Buonarroti dal lato sinistro – interdetto ai visitatori – scolpendo in prospettiva l'insieme della Pietà. Il bassorilievo, quindi, presenta la triste dolcezza del volto della giovane Madonna visto di profilo, incorruttibile dall'evolversi del tempo, con l'armonia del corpo di Gesù senza le ferite, adagiato sul grembo della Madre, realizzato anch'esso con una potente forza prospettica col punto di fuga verso il capo inclinato sul braccio della Madre e dall'eleganza dei drappeggi che adornano la testa e l'intero corpo della Vergine, come se stessero per fuoriuscire dalla stessa cornice. Nel suo genere, una mirabile opera moderna immersa nelle forme e nelle radici dell'estetica rinascimentale.

Con questa Pietà in bassorilievo, «l’artista spiazza l’osservatore più e più volte: ci fa guardare un capolavoro conosciutissimo, come se lo osservassimo per la prima volta, da un punto di vista assolutamente inconsueto, mettendo l’accento sul bellissimo profilo di Maria mentre, nel suo composto dolore, tiene fra le braccia il Figlio morto che, raffigurato dalla particolare angolazione del lato sinistro, fa pensare immediatamente al Torso del Belvedere (scultura mutila in marmo del primo secolo a.C. di Apollonio di Atene esposta ai Musei Vaticani) – commenta Francesca Rinaldi, curatrice con Giuseppe Zambardi del NOA.

«Quanto all'iniziativa Sguardi, la Pietà ne è uno degli esempi più mirabili», spiegano i responsabili della galleria, secondo i quali la mostra vuole essere «uno spazio espositivo che sia un luogo di incontri, confronti e scambi continui», una ideale vetrina di quella bellezza che «salverà il mondo».

L'OMAGGIO AI RESTAURATORI DELLA PIETA'
E proprio in tema di bellezza salvata, la Pietà in bassorilievo di Massari – rendono noto al NOA – è anche un gesto di «omaggio e profonda riconoscenza» per quei maestri restauratori del Vaticano che nel 1972 riportarono al suo originario splendore la Pietà, gravemente danneggiata da quindici colpi di martello scagliati da un individuo con problemi mentali. Successe la domenica del 21 maggio 1972, quando un ungherese di 34, anni residente in Australia, Laszlo Toth (morto nel 2012), verso le 11,30 sfregia l'opera, dopo aver scavalcato le transenne della cappella della Pietà alla destra dell'entrata della basilica. Enormi i danni sulla Vergine: naso rotto, braccio sinistro troncato, palpebra dell'occhio sinistro divelta, drappeggio del mantello sfregiato.

Tra i primi ad accorrere di corsa è Paolo VI. È scosso. Si informa dell'accaduto, prega in silenzio, dando, di fatto, il via al miracolo che ridonerà alla Pietà la sua michelangiolesca bellezza, affidando la tutela del restauro al direttore generale dei Musei, Deoclecio Redig De Campos, che incarica subito dei lavori Vittorio Federici, direttore del Gabinetto Ricerche Scientifiche, affiancato da «un gruppo di grandi professionisti di competenze diverse: Ulderico Grispigni, capo Laboratorio Restauro Pietre; Giuseppe Morresi capo Laboratorio Materie plastiche; Franco Dati, restauratore eclettico e tecnico del Gabinetto Ricerche», ricorda Nazzareno Gabrielli, allora ispettore del Gabinetto Ricerche, uno dei tecnici impegnati nel restauro del secolo ancora viventi, successore di Federici alla direzione del Laboratorio.

Dalla fine del restauro, il 21 dicembre 1972, sono milioni i visitatori della Pietà che ne hanno ammirato “la bellezza di sempre” senza essere “disturbati e distratti” dai danni di 50 anni fa. E anche in ricordo di quella triste vicenda – conclusa fortunatamente bene grazie ai restauratori pontifici –, che ha preso forma e vita la nuova Pietà in bassorilievo esposta al NOA di Roma, capace di sintetizzare nel bianco marmo di Carrara anche a 5 secoli di distanza l'immortale spirito di Michelangelo Buonarroti.

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