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Arte, Isaia nel Museo del Tesoro

Elvio Lunghi Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 23-04-2022

Altare di San Francesco e della Madonna

Prima che Giotto e Pietro Lorenzetti dipingessero per il cardinale Napoleone Orsini gli splendidi affreschi sulle volte sopra la tomba di san Francesco, questa parte del coro accessibile ai soli religiosi era già stata decorata da Cimabue, e prima ancora dagli autori dei dipinti frammentari che si vedono alle pareti della navata.

Cimabue si limitò a dipingervi una Madonna in Maestà con accanto il celebre ritratto di san Francesco, ma assai più estesa dové essere la parte svolta dai precedenti pittori, a giudicare da quanto resta sullo scalone che conduce al chiostro retrostante la chiesa, nell’imposta della crociera centrale e da quanto è stato trovato nel corso dei restauri del catino absidale.

Purtroppo – o per fortuna perché altrimenti non avremmo Giotto – di questa decorazione non resta nulla, salvo un intonaco frammentario dipinto di giallo e di rosso e le fasce geometriche alla base dei costoloni, ma si è ipotizzato che il catino absidale potesse raffigurare un Cristo in trono tra i santi Pietro e Paolo, Francesco e Antonio – come nel catino absidale del San Francesco di Gubbio – e che una o due Crocifissioni – simili a un foglio miniato dal ‘Maestro di San Francesco’ nella collezione Burke negli U.S.A – potessero figurare alle pareti del transetto dove troveranno poi spazio le due Crocifissioni di Giotto e di Pietro Lorenzetti.

Resta irrisolto il quesito su una eventuale presenza di dipinti mobili in corrispondenza dei tre altari: l’altare di San Francesco isolato sotto la crociera centrale e i due altari della Madonna – dove Cimabue dipingerà la sua Maestà – e di San Giovanni Evangelista – precedente la “Madonna dei tramonti” dipinta da Pietro Lorenzetti – sulle pareti del transetto in vista dei frati, più altri eventuali altari – dove si vede la teoria di santi dipinta da Simone Martini per l’altare di Santa Elisabetta d'Ungheria – prima che Napoleone Orsini facesse aprire in rottura le due cappelle di San Nicola e di San Giovanni Battista sulle opposte testate.

La chiesa gemella di Santa Chiara conserva ben quattro dipinti su tavola del XIII secolo, oltre al Crocifisso romanico che fu portato da San Damiano alla morte di santa Chiara: il grande Crocifisso con il ritratto della badessa Benedetta († 1260), il cosiddetto “Trittico dei Crociati”, una monumentale Madonna col Bambino e l’icona datata 1283 con Santa Chiara e storie della sua vita. La minuscola chiesa della Porziuncola conserva due dipinti su tavola del XIII secolo: un Crocifisso firmato da Giunta Pisano e una icona con san Francesco che ha dato il nome di ‘Maestro di San Francesco’ al pittore principale della navata nella chiesa inferiore.

Il Museo del Tesoro conserva un paliotto d’altare con san Francesco tra quattro miracoli avvenuti nei pressi della sua tomba, per il quale è stato speso il nome di Giunta Pisano o anche di un anonimo pittore “greco” ma più probabilmente crociato, più un Crocifisso opistografo del ‘Maestro delle croci blù’ che condivise con il ‘Maestro di San Francesco’ la decorazione delle pareti della navata; una seconda croce dello stesso pittore è nel museo di Colonia.

Nel Museo del Tesoro è presente anche una tavoletta dipinta dal ‘Maestro di San Francesco’ con l’immagine del profeta Isaia, identificato dal nome “Ysaias” che vi è scritto sotto e dalla frase ripresa dal libro del profeta che si legge nel cartiglio che tiene in mano. Proprio questa tavoletta è stata a lungo ritenuta la prova di una collocazione originaria nel San Francesco di Assisi di un polittico opistografo del quale si conoscono altri otto pannelli: cinque nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, tre in musei americani e l’ultimo in collezione privata.

Un'immagine di questo quadro fu pubblicata nel 1919 da Raimond Van Marle in un articolo dedicato all’intero percorso del ‘Maestro di San Francesco’, nell’incertezza se si tratti di un pittore umbro o di un seguace toscano di Giunta Pisano.

In precedenza di questa tavoletta non se ne aveva notizia né in antichi inventari della sacrestia né in precedenti descrizioni della chiesa. A lungo vi si è voluto riconoscere una prova della presenza ad Assisi, sopra l’altare maggiore della chiesa inferiore, di un polittico dovuto allo stesso pittore delle immagini dipinte alle pareti, prima che Pietro Scarpellini nel 1980 e Dillian Gordon nel 1982 portassero solidi argomenti in sostegno di una collocazione originaria del polittico smembrato dalla chiesa di San Francesco al Prato di Perugia, al cui interno era verosimilmente collocato sopra un altare ricavato da un’arca marmorea paleocristiana che conservava i resti del beato Egidio di Assisi († 1262).

Cosa dire? Che per il suo ruolo di “caput et mater” dell’ordine dei frati Minori, san Francesco in Assisi fu il modello guardato dai frati in tutte le città del mondo dove furono costruite e decorate chiese al loro servizio.

Naturalmente fuori Assisi non troveremo nessuna chiesa identica ad Assisi, nessuna avrà la vita di san Francesco dipinta alle pareti della navata, anche se in molte troveremo storie della vita di san Francesco dipinte alle pareti della cappella maggiore o in una cappella minore; o troveremo Crocifissi ispirati al Christus patiens dipinto da Giunta Pisano su commissione di frate Elia, magari con un san Francesco al posto del ministro generale. Poi è possibile che il profeta Isaia sia stato portato da Perugia ad Assisi nella sacca di un frate che tentò di sottrarlo alla rapina di immagini sacre per decreto del marchese Gioacchino Pepoli con l’ingresso delle truppe sabaude a Perugia.

Ma è anche possibile che il polittico, un tempo sopra la tomba del beato Egidio, vi seguisse un precedente dell’altare maggiore di Assisi sopra la tomba di san Francesco. In mancanza di notizie sicure andiamo avanti per illazioni.

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