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Abbiamo perso umanità e buon senso?

Redazione ANSA
Pubblicato il 20-02-2019

Il caso Diciotti e la propaganda che hanno portato a “disumanizzare” chi è in difficoltà

"Cara Karima,
il caso Diciotti, arrivato infine a essere giudicato dagli iscritti del Movimento 5 Stelle sulla piattaforma Rousseau, non è solo una questione “Matteo Salvini contro tutti”, ma è un passo molto preoccupante per tutti noi cittadini italiani e stranieri insieme, che condividiamo pregi e difetti di questo nostro Paese. Quanto accaduto, un vero sequestro di 177 persone inermi per diversi giorni - checché se ne dica, è un precedente incostituzionale ma è anche un pericolo per la tenuta del nostro Stato di diritto. Mi chiedo quale interesse dello Stato vi sia stato, nel privare della loro libertà individui innocenti e liberi davanti alla legge, alla Costituzione e ai trattati internazionali? Quale pericolo e invasione rappresentavano quei volti scavati dalla fame, scampati da guerre e naufragi con figli al seguito? "
Silvia

Cara Silvia, c’è da domandarsi da quand’è che al girare le spalle siamo arrivati a condannare a morte il povero, il rifugiato, l’ultimo. Quel migrante che ha ormai la sola colpa di voler sopravvivere all’inferno. Che sia una guerra o una miseria tremenda. Da quando abbiamo iniziato a cancellare dalla nostra memoria comune l’istinto umano alla sopravvivenza? Quella stessa che oggi ci permette di vivere in un mondo agiato quale è il nostro Occidente. Da quando abbiamo cancellato dal nostro Dna la nostra identità di migranti? Da quando abbiamo fatto quel passo indietro e primitivo tornando a disumanizzare chi è in difficoltà, solo perché diverso da noi, aggiungendo la sola parola “clandestino” come fosse un criminale, quando questa stessa parola non è nemmeno corretta per designare chi dall’inferno prova ad attraversare il Mediterraneo e sognare una vita migliore?

Le domande sono tante e complesse e rimane davvero complicato analizzare, come un ministro dell’Interno, possa intenerirsi per un gatto salvato alla morte - con tanto di foto e post su twitter del felino in braccio al veterinario - e non per tutte quelle ombre nere che continuano a salpare barconi fatiscenti, perché anche loro hanno il desiderio di vivere, magari in un contesto migliore.

Ci siamo commossi per la storia del bimbo spagnolo, Julen, caduto nel pozzo, e abbiamo seguito il tragico evento che ha coinvolto ben 300 volontari, eppure le tante grandi e piccole anime che continuano ad essere torturate per viaggiare e sprofondare nel grande pozzo senza fine, che è diventato il Mar Mediterraneo, sappiamo della loro esistenza ma siamo anche consapevoli quanto non accendano nè riflettori né compassione se non forse da morti, spiaggiati con i loro corpi davanti al nostro naso. La lista di questa nostra perdita non solo di umanità ma anche di buon senso e pragmatismo su un tema epocale quale è quello dell’immigrazione è davvero molto lunga.

Parallelamente al cattivismo razzista e disumano crescente che in questi ultimi anni e mesi è esploso volgarmente ed orgogliosamente come un vanto, non sono certo mancate le voci di chi invece si rifiuta di inginocchiarsi al nuovo corso.

Eppure basterebbe iniziare a disinnescare quel meccanismo che fa circolare storie false oltre che numeri falsi sul tema immigrazione. Pratica utilizzata non solo da politici senza alcun timore - tanto non subiscono nulla e questo è scandaloso - ma dagli stessi mezzi di informazione che con tali menzogne costruiscono una narrativa devastatrice della nostra percezione della realtà. Prendiamo per esempio la parola “clandestini” che piace molto a coloro che hanno messo al centro il nemico numero uno nella figura del migrante.

Il Ministro Salvini dal suo profilo twitter prima del verdetto sulla piattaforma Rousseau scriveva: “Rischio da 3 a 15 anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi dei clandestini”. “Continuerò a difendere i confini della patria e la sicurezza degli italiani”. Chi vuole provare a dire al Ministro che i 47 migranti nella Sea Watch davanti alle nostre coste, così come i naufraghi della Diciotti e le centinaia di altri non erano e non sono “clandestini”, perché non indagati e sottoposti dalla magistratura ad alcuna forma di custodia cautelare, ma semplicemente naufraghi che hanno il diritto di avanzare all’Italia richiesta di asilo e protezione? Come è possibile lasciar passare la propaganda dell’”invasione” condita con il tema sicurezza, quando queste persone arrivano semmai inermi alle nostre porte e non di certo dichiarandoci guerra come invece si continua a raccontare agli italiani con toni allarmistici?

Eppure basterebbe studiare la storia della nostra immigrazione in Italia con dati alla mano, che oltre tutto non è nemmeno di vecchia data. E’ la storia dei 5 milioni di immigrati regolari. Ma anche di migliaia di naturalizzati italiani come me. Quelli che vengono ricordati solo quando fanno comodo per dire che “ no, noi non siamo razzisti, con chi è regolare non abbiamo nulla da dire”.

Ebbene, la storia dei regolari di oggi, il nostro fiore all’occhiello dell’integrazione ben riuscita non è altro che il frutto di una migrazione irregolare. Più di ⅓ di loro ha avuto un passato da irregolare. Solo grazie alle varie sanatorie ( Quasi tutte di Centro Destra), migliaia di persone sono riuscite a regolarizzarsi, integrarsi e formare famiglie oltre che la nostra stessa ricchezza.

“Clandestini” ieri, oggi italiani. Il nostro paradosso in tema immigrazione dura da più di 40 anni ed è quello di non voler guardare con realismo e pragmatismo questo fenomeno, impossibile da fermare ma solo da integrare come risorsa. Oggi c’è la Libia, i barconi pieni di disperati che provano ad emigrare, ma solo 40 anni fa c’era ancora la montagna di Ventimiglia che serviva per arrivare più in Italia che scapparne. Una montagna non meno mortale. Una montagna che attraversò il mio stesso padre così come la prima generazione di migranti nord africani che alla fine degli anni 70, con gli anni di piombo e la povertà non avevano altro che quella montagna da scalare per ritagliarsi un futuro migliore.

Io sono il frutto di quel sogno, come tanti tra i naturalizzati e regolari di oggi, che non si vuole guardare in faccia, eppure sono loro la risposta alle nostre paure, la certezza che le sfide sono da affrontare e possono diventare una grande risorsa. A chi grida in maniera propagandistica e vuota: “Si entra nel nostro paese chiedendo il permesso e in maniera regolare”, bisogna ricordare che ad oggi le vie della legalità per permettere alle persone in difficoltà di emigrare in sicurezza e trasparenza sono chiuse, e da noi con le nostre burocrazie e leggi. L’unica via che gli abbiamo lasciato per salvarsi è quella dell’illegalità e dei trafficanti.


KARIMA MOUAL - La Stampa

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