Episodio 19: Le Stimmate
Le impronte della Passione del Signore
San Francesco è stato il primo cristiano ad essere segnato, nel proprio corpo, dalle impronte della Passione del Signore. E gli rimarranno impresse fino alla morte, avvenuta il 3 Ottobre del 1226 a Santa Maria degli Angeli. Lui che, con la sua vita esemplare ha voluto farsi in tutto simile a Cristo, e a Lui si è conformato in un modo tale che “nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo”, come scrive Dante (Paradiso, 11, v.107). È divenuto “alter Christus” visibilmente e tangibilmente, ricorda padre Enzo.
L'episodio ha luogo alla Verna, un monte selvaggio nella valle del Casentino, e qui Francesco è giunto per ritirarsi in preghiera, prima della festa dell'Arcangelo Michele di cui è molto devoto. Intende trascorrere un lungo periodo di digiuno e si rifugia in questo paesaggio, da cui è molto affascinato, e dove può alloggiare in alcune fenditure e caverne nella roccia.
I Fioretti riportano la preghiera che San Francesco innalza all'Altissimo da queste alture e chiede, cioè, di sperimentare “nell’anima e nel corpo” lo stesso dolore che Cristo ha sofferto nella sua “acerbissima passione”. La supplica viene ascoltata e gli appare in visione un Serafino e sulle sue ali può contemplare “l'effige di un uomo crocifisso” con “mani e piedi stesi e confitti sulla croce”. San Bonaventura descrive lo stato d'animo del santo, “gioia e tristezza gli inondavano il cuore”. Si sente “guardato da Cristo” in modo particolare e si sente destinatario di un dono meraviglioso: la visione è anticipazione di quello che avverrà di li a poco e cioè il santo, “amico di Cristo” sarà “trasformato” in un ritratto visibile del Signore e non tanto mediante il “martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito” (FF, 1225). Da questo momento in poi San Francesco porterà nel cuore un “ardore mirabile” e nella sua carne segni “altrettanto meravigliosi”. Sulle sue mani e sui suoi piedi saranno visibili escrescenze carnose e sanguinanti come se fossero causate da chiodi ribattuti e sul suo costato porterà una ferita, spesso sanguinante.
La storia di Francesco ci ricorda che l'esperienza della sofferenza è presente nella vita dell'uomo ed è ineluttabile ed è occasione di crescita ed è una strada percorribile da tutti, ed un itinerario privilegiato per giungere alla conoscenza profonda di Dio. Anche noi siamo chiamati a lasciarci toccare totalmente dall'Amore di Dio ricercando quella intimità con Lui e meditando sulla sua Passione, come ha fatto il “Serafico” che non va considerato inimitabile. Pur essendo colui nel quale è avvenuto un prodigio eccezionale e che Bonaventura cosi descrive: “l'amore di Cristo aveva trasformato l’amante nell’immagine stessa dell’amato”. (FF, 1228)
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