Serie TV

Episodio 16: Il sultano

Eugenio Bonanata e Daniele D’Elia
Pubblicato il 16-10-2021

Animati dalla mitezza nell'annuncio del Vangelo



Nel febbraio del 2019, Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar hanno firmato uno storico documento sulla “Fratellanza umana” e “per la pace mondiale e la convivenza comune”. La medaglia celebrativa dell'evento, ricorda padre Enzo, riporta l'immagine dell'incontro tra San Francesco e il sultano Malik al-Kāmil.

Sono passati più di ottocento anni da quel 1219, quando in piena crociata, il poverello d'Assisi decide di incontrare il capo della fazione avversa, armato solo della sua fede. Dopo la sua conversione, Francesco aveva mutato le “armi mondane in quelle spirituali, ed in luogo della gloria militare” aveva ricevuto una “investitura divina”, scrive Tommaso da Celano. (FF, 587). Si sentiva un autentico soldato di Cristo, e la sua missione era quella di amare il proprio nemico e predicare la pace. Nella Regola non Bollata ammonisce i frati: “in qualunque casa entreranno dicano prima: Pace a questa casa.” (FF, 40) E, come disposto dal Vangelo: “non resistano al malvagio; ma se uno li percuote su una guancia, gli offrano l'altra”. (FF, 40). Con questa stessa sapienza riesce a relazionarsi con il sultano nemico e San Bonaventura descrive Francesco, in questo contesto, come destinatario di quella promessa del Vangelo che assicura “vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire”. (FF, 1173) Infatti, il sultano rimane “ammirato” dal santo e matura una grande “devozione” verso di lui.

Forte di quest'esperienza, Francesco maturerà alcune forti convinzioni e darà chiare disposizioni nella Regola non bollata ai frati inviati tra i saraceni e gli altri infedeli: “non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani” avverte. E cioè siano animati dalla mitezza nell'annuncio del Vangelo. (FF, 43). E solo quando si accorgeranno che “piace al Signore, annunzino la parola di Dio”. È una sorta di prudenza acquisita, commenta padre Enzo, che suggerisce quando è opportuno parlare e quando è opportuno tacere.

 

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