Via Crucis, Papa: "Vergogna per sangue innocente quotidianamente versato"
Quasi un grido, pur con voce trattenuta e accorata, quello di papa Francesco
"Vergogna per tutte le immagini di devastazioni, di distruzioni e di naufragio che sono diventate ordinarie nella nostra vita. Vergogna per il sangue innocente che quotidianamente viene versato di donne, di bambini, di immigrati e di persone perseguitate per il colore della loro pelle oppure per la loro appartenenza etnica e sociale e per la loro fede in Te". E' quasi un grido, pur con voce trattenuta e accorata, quello che papa Francesco lancia dalla sua postazione a ridosso del Colosseo, a conclusione del tradizionale rito della Via Crucis, davanti a circa ventimila fedeli.
"Vergogna - dice ancora - per il nostro silenzio dinanzi alle ingiustizie; per le nostre mani pigre nel dare e avide nello strappare e nel conquistare; per la nostra voce squillante nel difendere i nostri interessi e timida nel parlare di quelle dell'altrui; per i nostri piedi veloci sulla via del male e paralizzati su quella del bene". E nella sua invocazione ce n'è, con voce anche qui accorata, per i troppi scandali nella Chiesa. "Vergogna per tutte le volte che noi Vescovi, Sacerdoti, consacrati e consacrate abbiamo scandalizzato e ferito il tuo corpo, la Chiesa; e abbiamo dimenticato il nostro primo amore, il nostro primo entusiasmo e la nostra totale disponibilità, lasciando arrugginire il nostro cuore e la nostra consacrazione", afferma.
Ma oltre che di vergogna, la preghiera del papa a Cristo parla anche di cuori pieni e "nostalgiosi" di speranza: la "speranza fiduciosa che tu non ci tratti secondo i nostri meriti ma unicamente secondo l'abbondanza della tua Misericordia; che i nostri tradimenti non fanno venir meno l'immensità del tuo amore; che il tuo cuore, materno e paterno, non ci dimentica per la durezza delle nostre viscere". "Ti chiediamo di ricordarti dei nostri fratelli stroncati dalla violenza, dall'indifferenza e dalla guerra; Ti chiediamo di spezzare le catene che ci tengono prigionieri nel nostro egoismo, nella nostra cecità volontaria e nella vanità dei nostri calcoli mondani", aggiunge.
L'invocazione finale del Pontefice dà ulteriore intensità al rito, basatosi quest'anno sulle meditazioni scritte, per decisione dello stesso Bergoglio, dalla biblista francese Anne-Marie Pelletier. Dove, "sotto la croce", si ritrova "il nostro mondo, con tutte le sue cadute e i suoi dolori, i suoi appelli e le sue rivolte, tutto ciò che grida verso Dio, oggi, dalle terre di miseria o di guerra, nelle famiglie lacerate, nelle prigioni, sulle imbarcazioni sovraccariche di migranti...". E dove risuona la "banalità del male": "sono innumerevoli gli uomini, le donne, persino i bambini violentati, umiliati, torturati, assassinati, sotto tutti i cieli e in ogni tempo della storia", scrive l'autrice.
A portare la croce durante il rito, svoltosi tra imponenti misure di sicurezza, e all'inizio del quale il papa ha salutato e brevemente dialogato col sindaco Virginia Raggi, sono stati nelle 14 stazioni il cardinale vicario Agostino Vallini, una famiglia romana, un disabile in carrozzina con i suoi assistenti Unitalsi, due studentesse (una polacca e una italiana), due altri laici da Rimini. Poi esponenti di Paesi che il papa visiterà nelle prossime settimane o mesi: tre suore dall'India; due suore e due laici dall'Africa (Burkina Faso e Repubblica Democratica del Congo); una famiglia dall'Egitto, due laici dal Portogallo; una famiglia dalla Colombia. Quindi due coniugi francesi, due laici dalla Cina e due frati francescani, uno argentino e uno israeliano, della Custodia di Terra Santa. (La Repubblica)
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