religione

Un religioso francescano del XVII esperto di enigmistica

Giuseppe Pio Capogrosso Pubblico Dominio
Pubblicato il 10-03-2021

Si chiamava padre Ludovico Omodei

La fiorente comunità francescana di Manduria (Ta) ha annoverato, fra i suoi più importanti esponenti, il concittadino padre Ludovico Omodei (al secolo Giovanni Lorenzo Omodei) frate chierico, vissuto nel XVII secolo, che vestì l’abito dei Minori Osservanti, all’epoca insediati nel locale convento di S. Francesco d’Assisi. A lui è intitolata una via del centro storico, in passato denominata Via Spirito Santo.

Il dotto frate diede un importante contributo al completamento della fabbrica del citato convento e dell’annessa chiesa, ricoprì all’interno dell’ordine minoritico e, più precisamente, della provincia monastica di S. Nicolò (di cui Manduria, all’epoca denominata Casalnuovo, faceva parte) importanti cariche tra cui quelle di Predicatore generale (Concionatore), di Lettore in Teologia e di Definitore e fu autore di varie opere letterarie tra le quali quella dal titolo “Hecatombe anagrammatica Immaculatae conceptioni beatissimae Virginis, & Matris Dei Mariae ex distico illo in missa eiusdem”, scritta interamente in latino e stampata in Lecce nella celebre tipografia di Pietro Micheli nell’anno 1682. Proprio su quest’ultima singolarissima opera intendiamo soffermarci, sottolineandone il contenuto insolito ed interessante che, come preannunciato dal titolo (l’ecatombe, infatti era nell’antica Grecia il sacrificio di cento buoi agli dei), ha ad oggetto l’offerta sacrificale simbolica di cento anagrammi alla Vergine Immacolata (“Hecatombe anagrammata Immaculatae Conceptioni Beatissimae Virginis et Matris Dei Mariae immolata ex centum anagrammata”).

Nell’introduzione a pagina 1, il padre Omodei fornisce la spiegazione della tecnica “enigmistica” impiegata: trattasi di anagrammi, letterali e numerici (i secondi molto in voga a quell’epoca), dei quali viene fatta applicazione per collegare tra loro parole e versi contenenti devote invocazioni alla Vergine Immacolata. Come premessa, va detto che, in generale, è definito anagramma il gioco enigmistico, di origini molto antiche, mediante il quale le lettere componenti una parola o una frase vengono tra loro permutate in modo da ottenere altre parole o frasi di significato diverso. E’ questo l’anagramma letterale che può essere: semplice (quando da due o più parole si ricavano altre composte dalle medesime lettere diversamente combinate, ad esempio: nave - vena), a frase (quando da una parola, anagrammando, si ricavano una frase o più, ad esempio: bibliotecario – beato coi libri). Vi è poi la frase anagrammata che si ha quando dalle lettere di una frase si ricavano una o più frasi diverse. Tutti questi sono definiti anagrammi letterali puri, vi sono poi le altre forme più complesse sulle quali, per brevità, non ci si soffermerà. Accanto agli anagrammi letterali erano in auge, al tempo dell’autore, anche gli anagrammi numerici, veri e propri rompicapo che oggi costituiscono un genere ormai desueto.

La tecnica dell’anagramma numerico (ampiamente spiegata dal padre Omodei nella sua introduzione all’opera) era la seguente: si assegnava convenzionalmente un valore numerico prestabilito ad ogni lettera dell'alfabeto e si formava l’anagramma di una parola o di una frase trovando un'altra parola o un’altra frase i cui valori numerici assegnati alle singole lettere alfabetiche, sommati tra loro, dessero lo stesso risultato. Per la precisione, nel caso più semplice, a ciascuna delle lettere dell’alfabeto latino veniva assegnato un valore numerico a partire dalla lettera A che valeva 1, B che valeva 2, C che valeva 3 ed aumentando di una unità per volta fino a giungere alla Z che valeva 22. Questo tipo più semplice di anagramma che, in ogni caso è numerico, viene definito dall’autore “anagramma aritmeticum purum” con lettere numerate nel primo modo. Nel caso più complesso (“anagramma aritmeticum purum” con lettere numerate nel secondo modo) si assegnava alle prime nove lettere dell’alfabeto (da A a I) la numerazione da 1 a 9, alle nove successive (da K a S) la numerazione in decine da 10 a 90, seguiva l’assegnazione del numero 100 alla T, del numero 200 alla U e V (che una volta erano un'unica lettera), del numero 300 alla X e del numero 400 alla Z.

La successione era quindi la seguente: A 1, B 2, C 3, D 4, E 5, F 6, G 7, H 8, I 9, K 10, L 20, M 30, N 40, O 50, P 60, Q 70, R 80, S 90, T 100, U e V (una sola lettera) 200, X 300, Z 400). Come già anticipato, quindi, si anagrammava numericamente una parola (o una frase) trovando un’altra parola o frase i cui valori numerici assegnati alle lettere, addizionati tra loro, dessero la stessa somma. Ovviamente le parole o le frasi risultanti dall’anagramma avevano significato diverso rispetto alla parola o alla frase da cui si era partiti, e, molto spesso, anche un numero diverso di lettere. L’esempio classico, ma anche, più semplice è la parola paese che è l'anagramma numerico di Roma (somma comune 161). Con questa tecnica enigmistica, il padre Omodei procede, nella sua opera, alla trascrizione di ben cento frasi diverse contenti invocazioni o lodi alla Vergine, oppure passi delle Sacre Scritture a lei dedicate, le quali sono accomunate tra loro, oltre che dalla dedicazione, anche dal fatto di essere ciascuna l’anagramma letterale o numerico dell’altra. Nello specifico, l’autore parte da una frase contenente un elogio all’Immacolata tratto dal messale: “Virgo Dei Genitrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit viscera, factus homo”.

Da questa frase compone una prima terna di anagrammi (invocazioni riportate, rispettivamente, alle pagine 3, 4 e 5 – cfr. immagini a fianco) il primo come anagramma letterale puro, il secondo ed il terzo come anagrammi numerici o aritmetici puri ottenuti, rispettivamente, con il primo metodo e con il secondo. Ecco un esempio del primo (anagramma letterale puro), nel quale il numero delle lettere utilizzate è 69: NOVA LUX ORIRI VISA EST; GAVDIUM, HONOR, FESTVM; GENS NOSCITAT; TIBI QVIESCIT PECCATOR. omnes literae: 69

Come esempio del secondo (anagramma numerico puro ottenuto con il primo metodo) si indica il seguente, nel quale il totale dei valori numerici assegnati a ciascuna lettera è 829: SIC EST NOVA LUX INTENSIOR, 30 42 48 43 517 AC GRATIA COPIOSIOR , 4 54 113 TIBI COLLATA, 39 80 IN TVA CONCEPTIONE, 23 40 113 VIRGO BEATA. 67 28 omnes numeri: 829 Come esempio del terzo (anagramma numerico puro ottenuto con il secondo metodo) riporto, infine, il seguente, per il quale il totale dei valori numeric assegnati a ogni lettera è 4087: EIA ERGO, 15 142 TVA CONCEPTIO, 301 320 MIRè, 124 TOTA PURA, MVNDA ET LUCITA FVIT, 251 341 275 105 237 315 SINE MACVLA ILLA PRIMI PARENTIS, 144 255 50 188 385 MATER CASTISSIMA. 216 423 omnes numeri: 4087

Ricapitolando, quindi, per queste frasi anagrammate il valore numerico o somma assegnata è, rispettivamente, 69 per la prima (ricavata appunto con la tecnica dell’anagramma letterale), 829 per la seconda e 4087 per la terza (ricavate con la tecnica dell’anagramma numerico, rispettivamente, del primo e del secondo tipo). L’autore prosegue poi di tre alla volta e così trascrive e riporta lodi o invocazioni il cui valore numerico è sempre con la sequenza 69, 819 e 4087. Per esempio, hanno anagramma numerico 69 la prima invocazione, la quarta, la settima, la decima e così via a proseguire. Hanno anagramma numerico 829 la seconda, la quinta, la ottava, la undicesima ecc. Hanno anagramma numerico 4087 la terza, la sesta, la nona, la dodicesima ecc. In tal modo, dei cento anagrammi composti, il padre Omodei ci informa che trentaquattro sono letterali (“triginta quatuor sunt litteralia”), trentatré sono numerici del primo tipo (“triginta tria sunt arithmeticalia, numerando litteras alphabeticas a prima littera A, usque ad Z , simplicibus numeris, scilicet A 1, B 2, C 3, D 4, et sic usque ad ultimam, addendo semper unum numerum cuilibet litteram”), e trentatré infine sono numerici del secondo tipo (“triginta tria sunt etiam arithmeticalia, sed numerando litteras a prima littera, A, usque a littera I, numeris simplicibus; a lettera vero, K, usque ad litteram, S, decenarijs numeris, ut K, 10, L, 20, M, 30, &c. et a littera, T, usque ad Z, centenarijs numeris, ut T, 100, V, 200, &c.”).

Il procedimento viene seguito fino ad arrivare al numero di cento anagrammi (che costituiscono il contenuto dell’opera), il tutto secondo un sistema matematicamente armonico che porta ad ottenere nuovamente, in chiusura, l’elogio di partenza. Così, l’autore spiega il procedimento tecnico seguito: “Anagrammata vero sunt hoc modo disposta: primum est litterale, constans ex litteris 69 (…) Secundum est arithmeticum constans ex numeris 829, correspondens litteris primo modo numeratis; Et tertium est etiam aritmeticum, constans ex numeris 4087, correspondens litteris secundo modo numeratis; et sic deiceps usque ad ultimum, quod utique est litterale. Ac proinde dictis litteris et numeris anagrammata connexa faciunt ELOGIUM : Virgo Dei Genitrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit viscera, factus homo”. Si torna quindi all’elogio da cui si è partiti. Il tutto come se si volesse recitare una sorta di “mantra” dedicato all’Immacolata (ovvero una formula o preghiera la cui ripetizione possa condurre a uno stato di elevazione dello spirito) e secondo un percorso simile a quello delle ripetizioni litaniche del S.Rosario.

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