Terra Santa, 5 anni fa in Vaticano l’iniziativa per la pace
Il Signore apra “i nostri occhi e i nostri cuori” donandoci il “coraggio” di dire: “mai più la guerra!”. Questa la preghiera di Papa Francesco nell’invocazione per la pace “per la Terra Santa e per tutti i suoi abitanti” levatasi cinque anni fa, l’8 giugno del 2014, dai Giardini Vaticani. Col Pontefice, affiancato dal Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli, c’erano l'allora presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Mahmoud Abbas, con le rispettive delegazioni.
Appello del Papa per la pace in Medio Oriente
Un minuto per la pace
Mercoledì scorso all’udienza generale il Pontefice ha dato appuntamento a domani quando nel quinto anniversario dell’incontro alle ore 13, su iniziativa dell’Azione Cattolica internazionale, si dedicherà “un minuto per la pace”. Un momento, ha spiegato Francesco, “di preghiera per i credenti” e “di riflessione per chi non crede”: tutti insieme “per un mondo più fraterno”.
La testimonianza
Una invocazione per la pace quella di cinque anni fa da far “fruttificare” in ogni momento e occasione, spiega a Vatican News padre David Maria Jaeger, francescano di Terra Santa, prelato uditore della Rota Romana.
L'intervista a padre Jaeger
R. - E’ stato un momento di incoraggiamento estremamente necessario ed utile per tutti coloro che nutrono speranze di pace, ma che rischiano di scoraggiarsi. Il Santo Padre ha dimostrato con un gesto concreto che un altro mondo è possibile, che è nelle mani degli uomini il cambiare la realtà attuale. Quindi noi preghiamo Dio perché cambi i cuori degli uomini.
Il Papa fece notare come i figli di quella Terra Santa che non conosce ancora la pace fossero “stanchi e sfiniti dai conflitti”. La gente, gli abitanti di quelle zone, quelli lontani dal mondo della politica, cosa dicevano allora e cosa dicono oggi?
R. - Le cose non sono molto cambiate da allora: la quotidianità è nota ed è sotto gli occhi di tutti. Ma proprio perché continua lo stesso stallo, si deve insistere con la preghiera e la testimonianza, perché appunto cambino i cuori degli uomini preposti ai destini degli altri.
Negli ultimi mesi, abbiamo avuto il Documento sulla Fratellanza umana siglato ad Abu Dhabi dal Papa e dal Grande Imam di Al Azhar e l’appello per Gerusalemme, condiviso a Rabat da Francesco e dal re del Marocco. Che segno lasciano?
R. - La dichiarazione di Abu Dhabi è stata un passo enorme in avanti, perché condivisa da una massima autorità del mondo islamico e in favore della libertà religiosa. La pluralità delle religioni - vi si dice - è riferibile alla volontà di Dio. Dio cioè permette che ci sia una pluralità di religioni e, se Dio lo permette, dobbiamo assolutamente permetterlo anche noi. Quanto a Gerusalemme, è stata una riaffermazione, assieme al re del Marocco, di quanto Gerusalemme abbia bisogno di garanzie particolari, radicate nel diritto internazionale.
Come leggere il “minuto per la pace” che si osserverà questo sabato, come ha ricordato il Papa all’ultima udienza generale?
R. - Non lasciamo mai che le differenze di credo religioso possano dividere gli uomini tra di loro. Anzi, dobbiamo impegnarci perché le religioni interessate e le correnti di pensiero umane meritevoli, che non siano anche religioni, collaborino e mettano insieme il patrimonio congiunto dei loro valori. Il fatto che il Santo Padre voglia ricordare domani quel momento è una garanzia molto confortante che quella celebrazione di cinque anni fa non venga mai dimenticata, ma venga fatta sempre fruttificare. VATICAN NEWS
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