Sri Lanka, card. Ranjith: "Seguiamo l'esempio di Cristo sulla croce"
Una nuova esplosione davanti alla chiesa di Sant'Antonio, a Colombo. Un ordigno dentro un furgone è deflagrato mentre gli artificieri tentavano di disinnescarlo. Di fronte alla chiesa colpita si è scatenato il panico. Un giornalista di Repubblica è rimasto ferito in modo molto lieve da una scheggia. Inoltre vicino alla principale stazione di autobus della capitale la polizia ha trovato 87 detonatori. Intanto, si aggiornano le notizie sugli attentati di ieri. I 310 morti ed i 500 feriti delle stragi di Pasqua in Sri Lanka sono state compiute da sette kamikaze. Un portavoce del governo ha affermato che dietro gli attentati ci sarebbe un movimento islamista locale, il National Thowheeth Jama'ath (NTJ). Il sottosegretario al governo, Rajitha Senaratne, ha inoltre dichiarato al Guardian che c'è una rete internazionale senza il cui appoggio questi attacchi non sarebbero riusciti. Le autorità hanno fermato 24 persone sospette e c’è un nuovo ordine di coprifuoco, dalle 20 locali fino alle 4 di domani mattina. Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Le esplosioni di ieri, le più violente dalla fine della guerra civile nel 2009, hanno colpito chiese e hotel in più punti dell’isola. Dieci giorni fa un alto funzionario della polizia nazionale aveva emesso un’allerta – lo riporta l’Agence France Presse - basata su informazioni provenienti da un’intelligence straniera, secondo cui un movimento islamista progettava “attentati sucidi contro chiese importanti”.
Abbiamo raggiunto telefonicamente il card. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo e presidente della Conferenza episcopale dei vescovi dello Sri Lanka:
Subito dopo aver appreso la notizia dell'attentato, sono andato a visitare la chiesa a Colombo dove sono morte circa 50 persone. È successo durante la Messa della Domenica di Pasqua: c’era una folla abbastanza consistente in chiesa e un attentatore suicida è entrato nella chiesa e si è fatto esplodere causando morti, feriti e gravi danni. Poi, subito dopo abbiamo avuto la notizia di una bomba esplosa in un’altra chiesa in una cittadina a nord di Colombo, causando più di 120 morti e distruggendo la chiesa stessa. Non sappiamo chi sia stato né come ciò sia avvenuto. Adesso il governo e la polizia stanno indagando e speriamo che si trovino presto i veri responsabili.
Lei ha fatto un appello anche per il sangue, perché ci sono molti feriti…
Sì, ci sono circa 500 feriti. Ieri era la Domenica di Pasqua e le chiese erano tutte piene.
In questo momento di cosa c’è più bisogno? Ha anche richiamato i medici, invitandoli a tornare al lavoro…
Sì, perché, trattandosi di domenica, nei reparti degli ospedali mancavano i medici e quindi ho lanciato un appello ai medici a presentarsi per aiutare i pazienti così che nessuna vita fosse persa. Allora i medici sono tornati e anche tanti volontari si sono presentati.
Qual è il sentimento della comunità cristiana in questo momento? C’è paura?
Sì, c’è molta paura e anche un po’ di insicurezza perché non si hanno notizie certe: dicono che esistono cellule di questi piccoli gruppi che vogliono uccidere. Abbiamo fatto un appello al governo e alle agenzie di sicurezza affinché indaghino bene per trovare i responsabili e per fare in modo che questa situazione non si ripeta.
Lei ha chiesto un’indagine “solida e imparziale”…
Sì, perché qui dobbiamo indagare nella maniera corretta. In apparenza può sembrare un gruppo particolare ma può darsi che ci siano altre sfumature dietro questi attentati.
Quale risposta darà la Chiesa locale?
Noi abbiamo fatto un appello alla calma a tutte le comunità e a non farsi giustizia da sole, garantendo che i funerali si svolgano con tranquillità. Io ho fatto appello ai cattolici affinché seguano l’esempio di Gesù Cristo, che sulla Croce ha perdonato quelli che lo hanno crocifisso.
È una lunga scia di sangue però che in questo Paese si perpetra da anni. Voi vi aspettavate un attacco simile …
No, noi siamo rimasti sorpresi, perché da dieci anni non si verificava un incidente qui. La situazione era nel complesso abbastanza pacifica e i turisti stavano facendo ritorno nel Paese. L’economia stava ripartendo e avevamo molte speranze. Questo attentato è un po’ strano: c'era qualche tensione tra la comunità islamica e quella di maggioranza, ma non credevo che la situazione fosse così drammatica, tanto da avere questo tipo di attentato. Si vede che dietro tutto questo c’è qualche sfumatura internazionale. Noi non possiamo dire quale gruppo sia dietro questo attentato, perché non si può puntare il dito contro una comunità particolare: dobbiamo essere intelligenti.
Come vede il futuro in questo momento?
Se il governo esercita la sua autorità e indaga bene sul caso, può trovare queste cellule - si tratta di piccoli gruppi - e se li trova e li neutralizza, allora la situazione tornerà alla normalità. Tra la comunità islamica e le altre comunità c’è abbastanza pace e concordia: possiamo sviluppare maggiormente questa situazione.
Lei ha potuto parlare con alcuni fedeli che hanno subito lutti e feriti?
Sì, ho parlato con alcune persone. Stasera andrò a visitare gli ospedali. Purtroppo alcune famiglie hanno perso tutti: papà, mamma, figli…tutti morti nello stesso attentato. Queste cose sono veramente molto molto tristi. Non si sa cosa possiamo dire a questa gente perché erano andati a pregare, erano andati dal Signore.
Cosa può fare la comunità internazionale?
Io credo che il migliore aiuto che la comunità internazionale possa dare è di comprendere la situazione, assistere il governo locale e i capi religiosi locali a trovare la soluzione senza mettere il dito troppo dentro le politiche interne del Paese. VATICAN NEWS
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