religione

Santi e animali, tra storie e leggende

Antonio Tarallo Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 19-02-2019

La presenza di alcuni animali ha segnato anche la vita dei santi

Dialogo antico quello tra l’uomo e gli animali. E di questo “particolare” confronto, ne è pieno sia l’Antico, che il Nuovo Testamento. Si pensi solo agli animali che hanno accompagnato la vita di Gesù: passeri, asini e muli. Solo per citarne alcuni. E, non può non venirci in mente, per importanza e per “numero” – primo fra  tutti – il famoso episodio-miracolo della moltiplicazione dei pesci.

Così, la presenza di alcuni animali ha segnato – molte volte – anche la vita dei santi. Animali che, a volte, si sono presentati mostri da combattere, altre volte che portavano loro da mangiare, o accompagnavano le loro giornate di preghiera. Altre volte sono stati proprio gli animali protagonisti di miracoli che hanno poi segnato, indelebilmente, le loro biografie: basti pensare al “miracolo dei pesci” di Antonio di Padova, oppure alle famose “prediche agli uccelli” di San Francesco d’Assisi. Oltre, ovviamente, all’arcinoto episodio del “lupo di Gubbio” dei Fioretti del Poverello.

E, allora, proviamo a fare una piccola “carrellata” fra i diversi santi che hanno visto le loro vite intrecciarsi ai “quadrupedi” e “altre specie di animali”, è proprio il caso di dirlo. Iniziamo questa sorta di viaggio, con il santo – per antonomasia – protettore degli animali, Sant’Antonio Abate. 


San Antonio Abate (Coma, Egitto, 250 ca. – Tebaide (Alto Egitto), 17 gennaio 356)

Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell'Egitto, intorno al 250, a vent'anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356. L’’iconografia del santo, prevede, ai piedi del monaco, la presenza di un suino, spesso della razza Cinta Senese. Tale elemento iconografico, ricorda il privilegio del 1095 in base al quale i discepoli del santo potevano ricavare lardo dai maiali, lardo da usarsi, unito ad erbe officinali, come rimedio contro il cosiddetto “fuoco di sant’Antonio”.  Per proteggere gli animali domestici e di allevamento spesso si esponeva un'immagine del Santo in prossimità delle cucce o delle stalle.


San Macario (Visse in Egitto nel 350 d.C. Si festeggia il 19 gennaio)

Macario era un eremita e viveva nel deserto, lavorando e pregando Dio. Un giorno si presentò alla sua grotta una iena, uno degli animali più pericolosi che vivono in Africa. Teneva tra i denti un cucciolo e forse cercava un riparo. Il santo vide che il cucciolo era cieco e ne ebbe compassione. Pregò Dio, lo benedisse e il cucciolo ci vide di nuovo. Subito andò a prendere il latte da sua madre, che felice e in qualche modo riconoscente, salutò il santo e se ne andò per la sua strada.


San Karilef (Calais) (Visse nel nord della Francia nel 500 d.C. La sua festa è il 1 luglio)

Al monaco Calais (o Karilef) accadde di dare alloggio a dei cardellini nel suo stesso cappuccio. Si narra che il santo fosse intento nel suo lavoro, quando – una volta appeso il suo cappuccio ad un ramo – si accorse che intorno a lui si erano radunati proprio su quei rami diverse tipologie di uccelli, come i cardellini, cinciallegre, fringuelli, lucherini, merli. Cantavano e volavano festosi vicino a lui, e al suo cappello che era divenuto un comodo nido per i volatili. Contento di quella allegra compagnia mandata dalla Provvidenza, Calais lavorò fino a sera. Quando fu ora di tornare a casa si accorse che nel cappuccio c'era un piccolo uovo bianco.


San Marculfo (Visse nel nord della Francia, vicino allo stretto della Manica, nel 550 d.C. Si festa il 1 maggio)

La protagonista della sua storia, è una lepre. Questa, inseguita da alcuni cacciatori, si trovò tra le braccia di San Marculfo. Il cacciatore che aveva già conquistata la sua preda, intimò il santo: Come osi impadronirti della preda del re? Rendimi quella lepre o ti taglio la testa! Questo, disse il cacciatore. Ma, non fece in tempo a finire la frase, che il cavallo lo scaraventò a terra lasciandolo ferito e tramortito. I compagni di caccia, che erano cristiani e sapevano che era meglio non offendere le persone consacrate a Dio, si avvicinarono al monaco sacerdote e lo pregarono di guarire il loro amico. Marculfo così fece. Quando il re seppe dell'accaduto ordinò di non dare più nessun fastidio a quel santo prete e…alle lepri. 


San Benedetto (Visse tra Subiaco e Montecassino, nel 500 d.C. Festa, 11 luglio)

Il monaco Benedetto aveva addomesticato un corvo che ogni giorno veniva a mangiare del pane dalle sue mani. Un giorno, illuminato dallo Spirito Santo, che il pane fosse avvelenato, Benedetto disse al corvo: “Fratello corvo, prendi questo pane e portalo dove nessuno potrà mai né trovarlo né mangiarlo”. Il corvo se ne andò col pane nel becco. Dopo pochi minuti il corvo tornò indietro, senza nulla in bocca, e si posò vicino a Benedetto, aspettando il pane quotidiano. Il santo gli diede del pane buono e lo benedisse, ringraziando Dio di averlo esaudito e di aver mostrato a tutti il suo amore per l'uomo.


San Giorgio (Cappadocia, 275-285 circa; Nicomedia, 23 aprile 303)

Questa volta, parliamo di un animale un po’ speciale. Nato nell’immaginario medioevale. Simbolo del male, il drago. L’iconografia tradizionale di Giorgio è legata al suo miracolo più celebre, quello appunto dell’uccisione del drago. L’episodio, come viene riportato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, è noto: per tenere lontano un mostro che infesta la città libica di Selem, gli abitanti estraggono a sorte giovani vittime da dargli in pasto; quando il sacrificio tocca alla figlia del re, compare san Giorgio a cavallo, che neutralizza il drago (la scena immortalata dagli artisti); quindi invita la principessa a legare la cintola al mostro, ora mansueto, per condurlo in città; di fronte al miracolo, il re e l’intera popolazione si convertono; e il drago viene finalmente ucciso.


San Basolo (Visse vicino a Reims in Francia nel 600 d.C. La sua festa ricorre il 26 novembre)

Basolo aveva costruito un bel leggio di legno per metterci sopra la sua Bibbia, tanto amata. sopra. Un giorno, mentre stava leggendo il libro dei Salmi, arrivò un grosso cinghiale che si infilò nella sua casetta di legno.  Si mise ai piedi del leggio e rimase lì, sdraiato, ad ascoltare la Parola. Quando arrivarono i cacciatori – dai quali, il cinghiale era fuggito – non rimase loro che fermarsi a tale strana scena. Aspettavano che Basolo finisse le sue preghiere. Ai cacciatori, alla fine, non rimase che salutare il monaco. Gli promisero, tra l’altro, che nessuno avrebbe più ucciso un animale che si trovasse a vivere nei pressi della sua casa nel bosco.


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