Quando gli scrittori decidono di parlare di Dio, viaggio nella letteratura d’ispirazione cattolica
La Scrittura, nel corso della storia della letteratura, molte volte è passata attraverso la scrittura, quella con la “s” minuscola. Le pagine di molti libri ci danno testimonianza di questo percorso. E possiamo definirlo percorso, visto che in esso confluiscono diverse biografie, esperienze del sacro, che costituiscono dapprima un “percorso” personale, quello dello scrittore, per poi divenire “universale”, quello del pubblico.
E’ interessante notare come i due termini, Scrittura e scrittura (sempre con la “s” minuscola), siano stati – diverse volte – molto “adiacenti”. La letteratura, nella sua complessità di forme – prosa o poesia – ha avuto “firme” prestigiose, ha avuto – nel corso degli anni – molteplici cambiamenti di linguaggio, a seconda dell’epoca vissuta, del contesto in cui si sono trovate ad operare, o meglio a “scrivere”, cerchiamo di essere precisi nelle parole.
Tanti sono stati i poeti e gli scrittori che, in diverse epoche storiche, hanno “attinto” al tema del sacro. Dante, Claudel, Eliot, Moretti, Parini, Rebora, Bloy, Chesterton, Testori e tanti, tantissimi altri. Non sfugge certo all’attenzione, e sembra anche doveroso iniziare con lui, il Sommo Poeta, visto che molto, noi italiani, dobbiamo allo stesso “idioma fiorentino”. E’ sua una delle “descrizioni” poetico-letterarie di Maria, della Vergine Maria, più esaustive. E’ davvero una delle più belle di tutta la storia della letteratura, contenuta nel XXXIII canto del Paradiso: “Vergine madre, figlia del tuo figlio,/ umile e alta più che creatura,/ termine fisso d'etterno consiglio,/ tu se' colei che l'umana natura/ nobilitasti sì, che 'l suo fattore/ non disdegnò di farsi sua fattura./ Nel ventre tuo si raccese l'amore,/ per lo cui caldo ne l'etterna pace/ così è germinato questo fiore”.
Veniamo ora, a Thomas Eliot, uno dei più grandi scrittori del Novecento e grande estimatore proprio di Dante (lo approfondirà durante la frequentazione dei corsi ad Harvard, nel 1906). Tutti abbiamo presente l’opera teatrale-poetica “Assassinio nella cattedrale”, scritta nel 1935, di forte dimensione spirituale e liturgica, che prendendo spunto e narrando l’uccisione dell’arcivescovo Thomas Becket, cercava di porre l’attenzione sul sovvertimento dei valori cristiani da parte dei regimi dell’epoca. Erano tempi particolari, quelli del 1935.
“Ci sovrasta qualche malanno/ noi attendiamo, aspettiamo;/ i Santi e i martiri attendono,/ per coloro che saranno domani martiri e santi”. Così risuona il coro, fin dalle prime pagine. E l’autore usa un linguaggio in versi ritmati che molto ricordano il periodare del verso biblico. Ma, in altra opera, sicuramente meno conosciuta, “Cori dalla Rocca”, lo scrittore inglese diviene quasi profeta di una Chiesa che, ricercando la verità, compie un atto di “autocritica”, o comunque di attenzione ad alcuni problemi che la rendono lontana dai fedeli.
Inoltre è ben presente una critica alla società che, sempre di più, cominciava a dimenticarsi del divino, dei valori di solidarietà e fratellanza fra gli Uomini, “Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell’abisso. E’ la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa? Quando la Chiesa non è più considerata, e neanche contrastata, e gli uomini hanno dimenticato tutti gli dei salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere”.
Quanto pesa, certo, oggi quel suo “gli uomini hanno dimenticato tutti gli dei”. E’ questa, una chiara ed evidente prova, di quanto certa letteratura abbia precorso i tempi, e possa parlare ancora, nell’Oggi, di Oggi. Di solito, bisogna dirlo, tutto ciò avviene quando siamo di fronte a capolavori – in generale – della letteratura mondiale, ma anche – più nel particolare – quando questi capolavori hanno “attinto” al sacro, o che hanno cercato di rileggerlo, di approfondirlo, e di “incarnarlo” attraverso le parole che sono poi divenuti, messaggi, spunti di riflessione non solo per esegeti e professori, ma soprattutto per “semplici lettori”, di qualsiasi fede. Italia, Inghilterra e il passaggio alla vicina Francia, diviene assai semplice. Non poteva mancare, quando si parla di letteratura.
E’ un proliferare di poeti e scrittori che hanno impegnato la propria penna a narrarci storie che, chi per un verso chi per un altro, hanno avuto come fonte d’ispirazione la Chiesa, o personaggi ad essa legati. L’elenco, in questo caso, nella secolarizzata Francia, sarebbe vastissimo. Ne prendiamo, ad esempio, solamente uno, François Charles Mauriac. Già la storia personale, forse, ci potrebbe far comprendere quanto abbia ricevuto l’ “influenza” del Cattolicesimo, o comunque di temi spirituali. Padre agnostico e repubblicano, e madre, Claire, cattolica che, rimasta vedova all'età di ventinove anni, educò i figli alla religione. Mauriac studiò al Grand-Lebrun, istituto retto dai religiosi Marianisti. Di vasta cultura, François approfondirà autori della portata di Pascal, Baudelaire, Balzac e Racine.
Importante citarli per comprendere – visto che solo Pascal è riconducibile a una certa tipologia di letteratura – quanto la panoramica intellettuale fosse ampia per il giovane scrittore. Uno dei suoi testi più famosi, “La farisea”, del 1941, attraverso la storia del personaggio di Brigitte, si sofferma sul senso di “carità” e “amore”, termini riconducibili (e, in questo caso, tra l’altro strettamente connessi all’ambientazione religiosa del romanzo) alla visione cattolica.
Questa, la motivazione del premio Nobel per la letteratura del 1952: “Per il profondo spirito e l'intensità artistica con la quale è penetrato, nei suoi romanzi, nel dramma della vita umana”. Assai interessante notare come non si faccia riferimento al tema del “divino”, bensì, a quello del “dramma della vita umana”. E’ chiaro, in queste parole, come sia stata proprio la scrittura uno dei maggiori “veicoli laici” per trasmettere alla gente, tematiche, storie, idee, valori che nel Cristianesimo-Cattolicesimo sono nate e che hanno rappresentato/rappresentano, allo stesso modo, di questo, un tessuto connettivo per comprenderlo meglio. In fondo, se si tratta di vera letteratura, non può esserci che riferimento al racconto dell’Uomo, della sua esistenza. E dove c’è l’Uomo, c’è Dio.
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