religione

Pino Puglisi, l'operaio di anime 

Antonio Tarallo palermomania.it
Pubblicato il 21-10-2021

Il ruolo della Chiesa contro le organizzazioni mafiose 

Ma la mafia può uccidere anche noi? Arturo, tranquillo, ora siamo d'inverno... la mafia uccide solo d'estate”. La mafia uccide sempre, non solo il corpo ma anche lo sguardo di chi guarda le cronache di ogni giorno. La scena è tratta dal film cult del decennio scorso La mafia uccide solo d’ estate. La mafia vista dagli occhi di un bambino a Palermo. Ed è proprio a Palermo e precisamente nel quartiere Brancaccio che il 15 settembre del 1993, giorno del suo cinquantesimo  compleanno, viene ucciso con un colpo assordante di pistola don Pino Puglisi. Non è un delitto d’ onore, un regolamento di conti o un reato di mafia. Niente di tutto questo.

L’omicidio del parroco della chiesa di San Gaetano, a Brancaccio, quartiere di Palermo, non è come gli altri. “Un educatore dei nostri figli”, così era definito dai mafiosi don Puglisi, il sacerdote pericoloso per la malavita palermitana. Pericoloso perché pulito, impegnato profondamente nel sociale. Un “parrino”, un parroco qualunque, che si permetteva di “rubare” i figli alla mafia. Era diventato per molti giovani un sacerdote padre, visto che loro - i giovani figli di mafiosi - un padre vero e proprio non lo avevano. Ciò che dava fastidio di quell’ uomo con il colletto da prete, era il suo amore per i giovani, lavorava instancabilmente nel territorio, soprattutto fuori dalla sagrestia. Per fare questo don Puglisi non si risparmia e non esclude alcun mezzo, dalla predica in chiesa con toni accesi e inequivocabili alle manifestazioni in piazza e alle marce antimafia. Sono segni inconfutabili del suo animo contro la malavita, contro le organizzazioni che cercano di ostacolare la vita buona del Vangelo.  

In soli tre anni di intensa attività la mafia si vede progressivamente privata di manovalanza e, soprattutto, di consenso popolare da quel prete che ben presto diventa una sgradita “interferenza” e che raccoglie i giovani in un centro, intitolato al Padre Nostro: in questo luogo di “bonifica” fa ripetizioni ai bambini poveri, crea socialità e fraternità. “Da soli, non saremo noi a trasformare il quartiere. Noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualcosa, e se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto…”. E’ l'uomo dei piccoli passi, uno dopo l’altro per costruire un futuro diverso per Palermo. L’animo di don Puglisi era sempre rivolto al cielo, sempre verso  a quel Padre nostro che - ironia della sorte - si contrapponeva con forza  a “Cosa nostra”.  

"Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore”, altra frase simbolo della sua teologia della liberazione: non quella degli anni ‘60 del Sud America, bensì del Sud del BelPaese, l’Italia. Il cammino di don Puglisi non si ferma con la sua morte perché mai come oggi la Chiesa è impegnata contro la mafia, composta molte volte anche da uomini e donne che magari possono anche recitare la preghiera del Padre Nostro sulle labbra, ma non nel cuore certamente. 

 

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