Montepaolo, la decisione di ritirare i Frati Minori non è irrevocabile
Continua l’emorragia degli ordini religiosi da Forlì. Non sono ancora metabolizzate la partenze dei Frati Cappuccini da Santa Maria del Fiore, nel settembre 2012, dopo ben 473 anni di presenza operosa, e quella dei Carmelitani nel settembre dello scorso anno, con padre Nazareno Maria Mauri trasferito d’imperio a Roma dal proprio ordine, che già si profila un’altra grave perdita: l’addio dei Frati Minori. Gli emuli del Poverello d’Assisi, a Montepaolo da 103 anni e a Forlì nientemeno che dal XIII secolo, lasceranno il capoluogo romagnolo il 30 settembre prossimo.
La decisione è stata presa dal Capitolo della Provincia Sant’Antonio dei Frati Minori del Nord Italia, riunitosi a Padova il 16 maggio scorso. Difficile comprenderne la “ratio”: sebbene anche i Minori siano in piena crisi di vocazioni, negli ultimi 20 anni ci sono state ben 4 professioni di giovani residenti nella Diocesi di Forlì-Bertinoro. Nel primo degli incontri pubblici indetti dal sindaco di Dovadola Gabriele Zelli, tenutosi martedì sera presso la sede comunale, si è formalmente costituito il Comitato “Montepaolo per Sant’Antonio, coordinato da Daniela Ronconi. Sempre in quella sede sono scaturite numerose idee ed iniziative, tese a salvaguardare la permanenza dei Frati Minori a Montepaolo. Si va dalla raccolta firme “a tappeto” in tutte le parrocchie e nei luoghi pubblici più frequentati, ad interpellanze e interrogazioni tese a sollevare la questione a tutti i livelli politico-istituzionali. Alla fine, la certezza che quanto deciso dall’ultimo Capitolo della Provincia Sant’Antonio dei Frati Minori del Nord Italia, riunitosi a Padova il 16 maggio scorso, “non è irrevocabile”. La convinzione diffusa è che non ci si debba accontentare d’iniziative locali: la chiusura dei conventi minoritici di Montepaolo e Forlì potrebbe anche essere revocata, se sul territorio romagnolo (solo forlivese sarebbe riduttivo) scaturisse un movimento d’opinione (fedeli e residenti) e istituzionale (ecclesiale e amministrativo) di grande forza, in grado di convincere “a contrario” i superiori dell’ordine.
E’ una partita che deve esordire dai vescovi (non solo monsignor Lino Pizzi, pastore di Forlì-Bertinoro), per poi coinvolgere la gente e i vertici politico-amministrativi (sindaci, consiglieri regionali e parlamentari, tutti concordi). Montepaolo non è punto riferimento solo religioso, ma risorsa economico-culturale per l’intera regione. In più, il santuario fondato dall’ex agostiniano Antonio non può essere assolutamente disancorato dai francescani. Sono sempre più lontani i tempi di padre Ernesto Caroli, rettore della comunità dei frati Minori di Montepaolo-Forlì fino al 2003: il popolare frate, fondatore del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna, giunse da Bologna a Montepaolo a metà degli anni 90 per tentarne il recupero. Padre Ernesto fece un lavoro incredibile, restaurando il santuario, chiamando le suore Sorelle Minori di Maria Immacolata, ripartite nel 2011, e riportando i pellegrini sulle orme di Sant’Antonio da Lisbona, all'anagrafe Fernando di Buglione, il frate miracoloso che dimorò per 15 mesi su quelle colline fra il 1221 e il 1222 e che proprio a Forlì rivelò il grande eloquio che lo issò fra i più grandi santi della cristianità. “Finchè i frati sono qui tra noi non è detta l’ultima parola”. La famiglia francescana oggi di stanza a Montepaolo-Forlì, è composta dal priore padre Giuseppe Amante, da fra Maurizio “Spino” Piazza e da fra Bonaventura Pini. Se anche subentrasse un altro ordine, una volta traferiti i Minori, “non sarebbe assolutamente la stessa cosa”. Oltretutto, l’altra storica famiglia francescana dei Minori Conventuali, residenti a Padova, ha già declinato la propria disponibilità a sostituire i partenti.
L’obiettivo del neo costituito comitato sarà “di alto profilo ma anche realista”: più che puntare direttamente al mantenimento in loco dei frati, bisogna pretendere che i superiori dell’Ordine francescano rivelino pubblicamente le ragioni di una decisione che pare incomprensibile. I nodi devono venire al pettine: per quale motivo si chiude Montepaolo, meta di pellegrinaggi da tutta Europa e in chiara crescita, e si decide di mantenere la presenza francescana a Milano Marittima, oltreché a Rimini e Villa Verucchio, quest’ultima sede del probandato regionale? Nella neonata Provincia Sant’Antonio dei Frati Minori, i frati sono circa 450, troppo pochi per l’immenso territorio da amministrare spiritualmente, corrispondente a tutto il nord dell’Italia, da Torino a Trieste: qualcosa va chiuso e in Emilia Romagna sono caduti sotto la scure Montepaolo-Forlì, ma anche Reggio Emilia, che pure fa parrocchia, tra l’altro molto partecipata. “Forse – ipotizza qualcuno – la decisione si spiega col fatto che l’Ordine sta puntando ad un maggior dispiegamento nelle città, a contatto con più gente possibile”. (Piero Ghetti - Forlì today)
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